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La scheda di Virgilio Felice Levratto

Levratto
Virgilio Felice Levratto


Nato a: Carcare (Sv)
Il: 26.10.1904
Nazionalità: italiana
Morto a: Genova
Nel: 1968
Ruolo: Ala sinistra
Palmares: 1 coppa Italia (Vado 1922)
Club scuola: Vado
Nazionale: 28 pres. 11 gol (debutto: 25-05-1924 Italia-Spagna 1-0)

•«Il tuo nome nasce in estate: un gol che sfonda la rete, o se vuoi la storia. Sull'albo d'oro ora sappiamo cos'è il Vado•» (Tratto da una poesia di Fernando Acitelli)

Nella storia ci sono dei personaggi che con le loro gesta rendono memorabile un'epoca, la segnano e la imprimono nella mente di tutti coloro che l'hanno vissuta. Uno di questi è Felice Levratto. Probabilmente molti di voi non hanno mai sentito parlare di lui e non capiscono quando e come questo sconosciuto giocatore, abbia potuto rendere memorabile con le sue prodezze un'intera epoca. Ebbene il teatro delle sue imprese è l'Italia degli anni 20', un paese ancora sconvolto dalla prima guerra mondiale che piano a piano tentava di riprendersi con sacrificio e grande umiltà dalla crisi economica. Un'Italia che solo in quegli anni cominciava ad appassionarsi a quello che sarebbe divenuto lo sport più popolare al mondo, e se la gente cominciò a frequentare gli stadi sempre più spesso gran merito fu di quei giocatori in grado di esaltare in ogni momento la folla, come Levratto, diventato il simbolo di un calcio che non c'è più. I suoi portentosi tiri lo resero una •«leggenda vivente•» e ben presto su di lui cominciarono a circolare centinaia di aneddoti, racconti di episodi a cui oggi si fatica a credere.

Tutto ebbe inizio il 16 luglio 1922, un giorno storico per il calcio italiano: la prima finale di Coppa Italia della storia. A contendersi il titolo erano giunte, dopo una lunga serie di turni eliminatori, la nobile Udinese e, a sorpresa, il Vado, piccolo club dell'omonimo paese in provincia di Savona, abitato da 8000 anime. Nelle fila del club ligure aveva particolarmente impressionato un giovane diciottenne dal fisico robusto e dal tiro micidiale: Levratto. Il giovanotto con le sue bordate aveva trascinato i propri compagni alla finale e ora non aveva alcuna intenzione di lasciarsi sfuggire la coppa. Dimostrò tutti i suoi buoni propositi con i fatti, segnando un gol magnifico: da fuori area fece partire una bordata che si insaccò alle spalle del portiere e sfondò la rete. Il pubblico rimase a bocca aperta, incredulo, ma ben presto dovette constatare che la rete era stata realmente perforata ed esplose così in un grido di gioia. Le voci sul suo portentoso tiro cominciarono a circolare: stava nascendo la leggenda di Levratto.

Due anni dopo Pozzo, da pochi mesi commissario tecnico della nazionale, decise di convocarlo in maglia azzurra per le olimpiadi di Parigi. Levratto accolse di buon grado la convocazione, che peraltro gli permetteva di assentarsi temporaneamente dal servizio militare. Il ligure era ancora un ragazzo inesperto ed un po' provinciale e così quando, giunto a Parigi, andò a visitare la torre Eiffel, impaurì alla sua vista e rifiutò tremante di salirci sopra insieme ai compagni. In campo però ci sapeva già fare e chi doveva avere paura erano i suoi avversari, non certo lui. Se ne accorse ben presto il povero Bausch, portiere del Lussemburgo. Come descrisse Pozzo nelle sue memorie accadde che: •«A seguito di uno dei soliti nostri passaggi trasversali, la palla filò da Baloncieri a Levratto, e trovò quest'ultimo solo davanti al portiere lussemburghese. Il ligure fece partire una legnata come se volesse spaccare tutto. Effettivamente egli colpì al mento il povero guardiano della rete, che fece un balzo in alto e poi cadde a terra nel classico atteggiamento del pugile messo fuori combattimento. Tutti attorno a lui, che tardava a rinvenire, mentre un filo di sangue gli usciva dalla bocca. Levratto, chino sul ferito, guardava spaventato e ripeteva in genovese: U l'ho matò, lo ho ammazzato. Semplicemente il tiro aveva sorpreso il portiere con la lingua fra i denti, e gliel'aveva tagliata. Medicato e tamponato alla meglio, l'uomo, che si chiamava Bausch, apparentemente coraggioso riprese il suo posto fra i pali. Che è, che non è, cinque minuti dopo, incredibilmente, l'azione che era una specialità nostra ,si ripetè tale e quale. Levratto, smarcato, ricompariva davanti a Bausch, pronto per un'altra violentissima mazzata. Il portiere intuì la situazione e, prima ancora che il tiro venisse scoccato, con un balzo felino, volò a terra, fuori dalla porta, coprendosi il viso con le mani. Va bene tutto, ma lasciarci la pelle, questo poi noi pareva avesse pensato in quell'attimo il povero Bausch. Fu così comica quella scena che quel ragazzone di Levratto rotolò a terra per il gran ridere, ed a porta vuota non segnammo. Quello che poteva essere per noi un tre a zero rimase così un semplice due a zero•». In realtà Levratto volle anche evitare l'umiliazione dell'estremo difensore avversario e per questo il pubblicò applaudì convinto.

Insomma, ancora una volta Levratto aveva dimostrato tutta la potenza del suo tiro. Ormai stava diventando una specie di attrazione circense, quando la gente veniva a sapere che lui giocava accorreva in massa allo stadio a vedere se quel che si diceva su di lui era vero. E spesso constatava di persona la realtà dei fatti. Tante infatti furono ancora le porte sfondate e gli avversari messi k.o. dalle sue micidiali bordate.

Alle Olimpiadi del 1928 divenne una sorta di idolo nazionale per il pubblico olandese che andò in delirio a seguito di una fucilata che dai 20 metri perforò la rete. Era il quarto gol messo a segno in 4 partite, reti che non bastarono a vincere all'Italia le Olimpiadi, ma che convinsero la giuria ad eleggerlo miglior giocatore del torneo.

Levratto comunque non era solo dotato di un gran tiro, ma aveva una grande tecnica, un fisico imponente ed un ottimo palleggio. Insomma era un calciatore completo, forse il miglior attaccante italiano degli anni 20', tanto che segnò ben 119 reti in A (46•° di sempre) e 11 in nazionale (20•° di sempre). Fu dunque un vero peccato che la sua esperienza veronese durò solo un anno (stagione 1924).

Nato nel 1904 in provincia di Savona, Levratto era cresciuto nella squadra del suo paese, il Vado, con la quale, come già detto, aveva conquistato la Coppa Italia. Nonostante questo exploit, le dimensioni e le possibilità del club rimanevano molto limitate tanto che il Vado non faceva nemmeno parte delle 58 squadre, che divise in gironi, si contendevano lo scudetto. Perciò al giovane cominciarono ad andare ben presto strette le limitate ambizioni del club ligure, tanto più che sulle sue tracce nel frattempo si erano messi squadroni come Juventus e Genoa. Nel frattempo, però, Levratto venne chiamato per il servizio militare, da svolgere a Verona. Ed è così che, per non perdere la forma, l'attaccante ligure si propose ai dirigenti gialloblu, che, senza pensarci nemmeno un momento, lo accolsero in squadra. E al debutto con il Verona Levratto mise subito a segno una doppietta(nel 6-2 subito a Reggio Emilia). Tuttavia anche il club scaligero non era un granché e le sue prodezze (15 reti in 20 gare) non bastarono a portare l'Hellas nei quartieri alti della classifica. Ovvio perciò che a fine anno il bomber accettò le insistenti offerte del Genoa, il club più all'epoca più titolato. Nella sua stagione a Verona, comunque, Levratto riuscì a stabilire un record: quello di essere stato il primo giocatore dell'Hellas Verona a vestire la maglia della nazionale.

A Genova Levratto divenne il beniamino dei tifosi e mise a segno tanti gol, non riuscendo però a coronare il proprio sogno: la conquista dello scudetto (arrivarono solo due secondi posti nel1928 e nel 1929-30). Ci riprovò quando, dopo 7 anni al Genoa, arrivò l'offerta dell'Ambrosiana-Inter, squadra che puntava decisamente al tricolore. Purtroppo ci pensò la grande Juve (quella dei 5 scudetti consecutivi) a mettere il bastone tra le ruote, •«regalando•» a Levratto altri due amarissimi secondi posti.

Ormai giunto a fine carriera si trasferì alla Lazio, con la quale visse altre due felici esperienze in serie A, con una decina di gol all'attivo. Appese le scarpe al chiodo, cominciò ad allenare senza ottenere però grandi successi, prima di morire in una triste giornata del 1968, a 64 anni. Le sue presenze in gialloblù sono state poche e non hanno portato grossi risultati. Tuttavia non ci sembrava giusto ignorare un giocatore che con la sua bravura e le sue prodezze ha illuminato un'epoca abbastanza grigia per la nostra squadra, fatta di tante piccole battaglie in campetti di provincia, ma di poca gloria.


Carriera in Campionato:
Stagione Squadra Serie Presenze Reti
1921-22 Vado - - -
1922-23 Vado - - -
1923-24 Vado - - -
1924-25 Hellas Verona B 20 15
1925-26 Genoa A 21 10
1926-27 Genoa A 27 16
1927-28 Genoa A 29 20
1928-29 Genoa A 27 11
1929-30 Genova A 33 15
1930-31 Genova A 19 7
1931-32 Genova A 32 5
1932-33 Ambrosiana Inter A 33 19
1933-34 Ambrosiana Inter A 30 6
1934-35 Lazio A 22 4
1935-36 Lazio A 20 4
1936-37 Savona C - -
1937-38 Savona C - -
1938-39 Savona C - -
1941-42 Cavese C - -

Carriera nel Verona:
Campionato Coppe Nazionali Spareggi/PlayOut TOTALE
Stagione Serie Pres. Reti Pres. Reti Pres. Reti Pres. Reti
1924 A 20 15 0 0 0 0 20 15
Totale - 20 15 0 0 0 0 20 15


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