Nato a: Verona (VR)
Il: 16.04.1890
Scomparso a: Lavagno (VR)
Il: 13.06.1940
Nazionalità: italiana
In un mondo calcistico oramai sempre più liquido dove il fatto sportivo passa sempre più in secondo piano e la ribalta la prende inevitabilmente il dio Denaro con i relativi arcangeli del calciomercato e dei social, noi vi riportiamo di botto a più di cento anni fa, per presentarvi colui che rappresenta la prima assoluta “bandiera” del calcio veronese.
Stiamo parlando di Alessandro Bascheni, nato il 16 aprile del 1890 a Verona da un ramo secondario dei nobili Baschenis di Bergamo. La sua figura, quasi persasi nelle pieghe del tempo, l'abbiamo rispolverata in occasione dello speciale di Hellastory sui “Pionieri Gialloblu”.
Di pionieri come abbiamo visto ne abbiamo trovati tanti, qualcuno ha giocato di più, qualcuno meno, chi ha fatto parte delle formazioni schierate per le amichevoli prima dei campionati ufficiali e chi invece è arrivato solo in un secondo momento. Tra tutti questi però, l'unico e solo ad essere sempre presente nella linea temporale dell'Hellas dalle prime sue tracce fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale è Alessandro Bascheni.
Il suo nome compare fin dalle prime amichevoli note e sicuramente nel 1906 è già presente in rosa. Il suo volto, inconfondibile tra tanti, lo scoviamo in tutte le fotografie d'epoca che abbiamo visionato. Sguardo torvo, espressione seria nelle foto dove è più giovane, magari per darsi un tono in mezzo a ragazzi più grandi e poi via via sempre più sorridente, sicuramente più a suo agio coi rodati compagni di squadra. Non certo alto di statura visto che dalla visita di leva risulta essere 163 centimetri ma più che sufficiente per farsi valere nel calcio di quell'epoca quando a 175 eri considerato già una torre. Petto largo, tanto da dover tenere sempre aperta la maglia, sia che avesse il colletto a polo sia che fosse chiusa dai laccetti. Giocava inizialmente da back, cioè difensore, per poi spostarsi in ruolo di forward, attaccante, spesso sulla fascia.
In quegli anni le cronache sportive non si soffermavano molto sui giocatori, si limitavano a raccontare sommariamente solo le azioni principali ma incrociando quel poco che si trova si riesce a delineare il carattere di una persona. Bascheni, particolarmente massiccio come del resto era tutta la linea di attaccanti di quella squadra, aveva le caratteristiche di attaccante di sfondamento ed era molto amato dal pubblico. Risultava sempre corretto in campo, non reagiva mai alle provocazioni nonostante si facesse ben valere sul terreno di gioco con estrema autorità. Comportamento impeccabile da vero signore, quale di fatto, ci raccontano gli eredi, risultava essere anche fuori dal campo.
Negli anni '30, quando il Kessler racconta dei giocatori di vent'anni prima, lo inserisce nella categoria dei giocatori “tenaci e duri, capaci di porre una briglia amara agli attaccanti più temuti”, e ancora, con la sua penna sopraffina lo descrive così: “il quadro e consumato Bascheni, pur amante di civetterie plastiche” . Potente e tecnico, diremmo oggi.
Studente del Maffei prima, laureato in medicina a Bologna successivamente, scoppiata la guerra si arruola volontario come tantissimi altri coetanei e viene inquadrato come sottotenente-medico in un reparto di cavalleria. Sarà tra i primi ad entrare ad Ala e a liberare la Val Lagarina dagli austriaci rendendola italiana nel 1915. Proprio in quelle zone troverà anche moglie, sempre nel periodo di guerra. Sui documenti di matrimonio per procura troviamo le firme dei compagni di squadra Bianchi, Carli, Cavallaro. Il loro era un legame indissolubile e come è successo a quella generazione una volta finita la maledetta guerra e tornata la pace, per loro la vita non sarebbe più stata la stessa. Troppi compagni lasciati sul campo, chi è tornato è scosso nel corpo o nella mente. Per di più chi non è andato in guerra non poteva capire questo patimento e questo non fa che aumentare le incomprensioni e ad aumentare il gap generazionale che si è creato. Non c'è più spazio per il calcio giocato e anche Bascheni, seppur avesse ancora solo 28 anni, si dedica alla famiglia e al suo studio dentistico in Interrato dell'Acqua Morta, uno tra i più rinomati della città. Non dimentica completamente il foot-ball e nella stagione 1920-21 viene chiamato a fare l'allenatore della sua ex squadra. Si legge sui giornali de “i gialloblù del dottor Bascheni” , nominato con grande rispetto e deferenza. Poi ancora seguirà la squadra facendo parte della commissione tecnica ed infine ancora come mister nella stagione 1928-29, per quanto in quegli anni l'allenatore non aveva ancora la considerazione mediatica dei tempi recenti.
Una vita con molte soddisfazioni sportive e lavorative, una bella famiglia con due figlie, una tenuta di campagna a Lavagno, auto sportive e motociclette, la passione per la caccia. Poi, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, mentre era in procinto di rientrare nell'esercito come capitano-medico, ricevette una chiamata diversa. Un malore quasi improvviso lo portò via a soli 50 anni lasciandogli il tempo solo di scrivere due righe in cui si assicurava che le figliolette avessero di che vivere in autonomia senza dover dipendere da alcuno uomo. Alessandro Bascheni muore nel giugno del 1940 appena cinquantenne. Tra i tanti telegrammi ricevuti dalla famiglia troviamo quelli dei compagni del primo Hellas, quasi tutti reduci di guerra e ora stimati professionisti, avvocati, ragionieri, medici, dirigenti. Le parole di commiato si sprecano a conferma che Bascheni dev'essere stata una persona speciale.
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