Nato a: Castelmassa (Ro)
Il: 02.10.1943
Nazionalità: italiana
Altezza: 172 cm
Peso: 68 kg
Ruolo: Mezzala di punta
Club scuola: Hellas Verona
Palmares: 2 promozioni in A (Hellas Verona 1967-68, Varese 1970-71)
E' una storia sfortunata quella di Italo Bonatti, il mattatore del finale di stagione 1967/68 che regalò all'Hellas una sofferta promozione in A (la seconda della storia), quando questa sembrava ormai irrimediabilmente perduta.
Cresciuto in un piccolo paese nel pieno della pianura padana Bonatti dopo aver mosso i primi passi nel mondo del calcio nella squadretta del paese, viene notato da alcuni osservatori gialloblu che lo portano a Verona.
Terminata la trafila delle giovanili, debutta in prima squadra il 2 giugno del 1963 nella partita vinta per 1-0 contro il Como. Sembra l'ingresso ufficiale nel giro della prima squadra e invece ci vogliono altre tre stagioni affinché la giovane mezzala riesca a conquistare una maglia da titolare fisso.
Siamo nel 1966/67. E' il Verona di Savoia, Ranghino, Petrelli e del bomber Nuti. Una squadra che sembra destinata ad andare dritta in A. L'entusiasmo dei tifosi tuttavia viene presto assopito. Infatti nella prima giornata, contro l'Arezzo, su uno splendido lancio di Bonatti, il bomber Nuti si invola verso la porta e si scontra contro il portiere avversario Ghizzardi che gli rompe tibia e perone. Una autentica disgrazia per il giocatore e il club costretto a privarsi fin da subito di una pedina così importante. La squadra precipita nei bassifondi e così il presidente Garonzi decide di cacciare Tognon e di sostituirlo con Liedholm. E' la svolta, per la squadra e per Bonatti. Il Verona infatti evita miracolosamente una retrocessione che sembrava ormai certa mentre Bonatti, catechizzato e responsabilizzato a dovere dal nuovo allenatore, si mette alle spalle i timori e la discontinuità che fino ad allora ne avevano impedito l'ascesa, ed assurge a ruolo di leader della squadra. Tanto che il soprannome •«Italetto•» con cui era da tempo conosciuto per le sue ridotte dimensioni viene presto sostituito nell'immaginario comune dal più roboante •«la freccia di Castelmassa•».
La scalata al successo continua nella stagione successiva. In estate Liedholm azzecca tutti i colpi. Convince Garonzi ad acquistare un trio d'assi: Mascetti, Maddè e Bui. E' un crack. I tre infatti insieme al redivivo Nuti e a Bonatti, sempre più continuo e decisivo, formano un reparto avanzato di altissimo livello. Ed infatti la squadra, seppur con qualche patema, sale in serie A.
Il palcoscenico della massima serie sembra poter rappresentare per Bonatti il trampolino per una carriera di altissimo livello. D'altronde le doti tecniche non gli mancano, tiro, palleggio e velocità sono le sue armi migliori, e l'incontro con Liedholm, uno dei più grandi centrocampisti che la storia del calcio ricordi, sembra avergli conferito quella determinazione e continuità necessari per emergere e per sfruttare al meglio il proprio bagaglio tecnico.
E invece le cose non vanno come previsto. Liddas infatti, per un malinteso con Garonzi, è costretto ad andarsene e al suo posto arriva Cadè. Privato del suo mentore, Bonatti non riesce a confermarsi sugli stessi straordinari livelli dell'annata precedente e seppur giocando tutta la stagione da titolare, non convince la dirigenza che a fine stagione decide di cederlo.
Una brutta botta che viene però presto assorbita. Il destino infatti riserva a Bonatti e Liedholm, i due protagonisti della promozione cacciati dal club gialloblu, di ritentare la stessa impresa a Varese, dove l'ambizioso presidente Borghi ha deciso di affidarsi proprio a loro per compiere la scalata verso la massima serie. La scelta si rivela quantomai azzeccata. Il binomio infatti funziona ancora alla perfezione. Il Varese arriva primo al termine di un campionato trionfale, con Bonatti ancora una volta protagonista nei panni del centrocampista illuminato e del trascinatore della squadra.
La corsa però si interrompe qui, proprio sul più bello. Gli acciacchi che spesso la avevano costretto a lunghe pause in infermeria, si fanno sempre più frequenti e il suo fisico mingherlino e fragile nè risente. Nell'anno successivo in pratica non vede campo. Solo in sette occasioni infatti il tecnico svedese gli dà l'opportunità di giocare, il resto è tempo perso a causa di infortuni e riabilitazioni. La sua carriera intraprende così una malinconica parabola discendente. La gloriosa •«freccia di Castelmassa•» esce dai palcoscenici della serie A finendo precocemente nell'oblìo delle categorie inferiori.
Una precocità che purtroppo caratterizzerà anche la sua esistenza. E' proprio in campo, a Sorgà, nel corso di una partita di Seconda categoria del suo Cadidavid che Bonatti viene colto da un malore (emorragia celebrale) che se lo porta via. Un amaro destino per un campione sfortunato.
Ancora oggi Mascetti lo ricorda così: «Come dimenticare il povero Bonatti? Uno di quelli che avrebbe potuto far molto di più. Grandi qualità, ma purtroppo non altrettanta fortuna. Nel Verona ho avuto l'onore di giocare con grandi talenti: Bui, Clerici, Busatta, Zigoni, Maddè e lui con questi di certo non sfigurava».
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