Nato a: Cascina (PI)
Il: 02.10.1934
Scomparso il: 17.10.2003
Nazionalità: italiana
Altezza: 177 cm
Peso: 85 kg
Ruolo: Centrocampista interno destro
Palmares: 1 promozione in Serie A (Verona 1956-57)
Club Scuola: A.S.D. Cascina
«Stefanini a Verona si trova bene tanto che da più di quattro anni veste la maglia gialloblù del Verona che è diventata la sua società d'adozione.
Quando i veronesi lo video la prima volta, grosso e grasso com'era pensarono di avere in lui il tipo che ci voleva per l'incarnazione carnevalesca del “papà del gnocco”, ch'è una delle spiritose e tradizionali invenzioni del folclore locale. No, i suoi novanta chili non sarebbero piaciuti a Giulietta.
Piacquero invece alla manipolazioni scientifiche del professor Bovi che, avendo sottoposto l'ercole toscano ad un trattamento sagace, ne ridusse il peso forma a un'ottantina di chili: tanti ne bastarono a Gianluigi per avere ragione d'una decina di paracarri, e fu quando, vittima di un rovinoso incidente automobilistico, non salvò la macchina ridotta a una carcassa, ma salvò l'osso del collo e il resto del suo scheletro di ferro.
Nella sua vita calcistica di calciatore ci sono due Rosette entrambe con le spine. Il primo fu il “Viri” juventino che lo e lo segnalò alla società torinese quando ancora giocava in Toscana. Il secondo fu il Rosetta novarese che, passato dalla Fiorentina al Verona, si cucì alle maniche i gradi di capitano che erano appartenuti allo stesso Stefanini. Rosetta ne ha trentacinque (più il prestigio del nome e della classe), Stefanini ventitré e tutto si spiega.
Con Stefanini nei ranghi il Verona ha fatto il salto del canguro. Una delle soddisfazioni maggiori che un atleta del calcio abbia il diritto di vantare sta nell'avere aiutato la sua squadra a salire da una Divisione all'altra: si tratta di un contributo di partecipazione tecnica e atletica che non più essere disgiunto dal suo contributo della partecipazione ideale e morale. Salire non è soltanto un fatto di gol e di vittorie ma è anche e soprattutto un fatto di ardore, di disciplina, di costanza e di fiducia nei colori da parte di quanti hanno dato la spinta alla squadra. Tra costoro Stefanini ha il suo posto in avanguardia.
I connotati tecnici che corredano la sua carta di identità lo indicano come un giocatore tagliato da natura ed esercizio per il ruolo di interno destro. Ma il ruolo non è poer lui una scatola chiusa. Il suo impiego è multiplo e mutevole. La struttura fisica e il senso del gioco gli dano la versatilità e la polivalenza che è propria ai calciatori che il direttore tecnico di squadra può utilizzare tanto nel settore dell'attacco quanto nel settore della difesa. Stefanini raddoppia i risultati che gli provengono dal senso del gioco con le risultanze che gli derivano dal senso della squadra. Ne ha nel sangue il disegno, l'indole e il movimento, combatte in essa e per essa lungo tutto l'arco dei novanta minuti e se la squadra è costretta a cedere significa che il “suo” Stefanini ha speso tutto il suo fiato.
C'è dell'altro nell'atleta intrepido e capace che ha accompagnato la marcia ascensionale di trasferimento della sua squadra: c'è quella che chiamerei la virtù del coordinamento degli sforzi e degli intenti per cui il giocatore di B che è passato alla A senza cambiare colore di maglia, rappresenta e quasi incarna i presupposti di continuità e di durata della squadra stessa nel nuovo e difficile ambiente nel quale essa è venuta a trovarsi.
Alla sommità di un arco in Piazza dei Signori c'è una statua che con una mano sorregge una palla di pietra. I lepidi veronesi dicono che la palla cascherà sulla testa del primo cittadino eretico che, passandoci sotto, oserà dire che il Verona retrocederà nella Divisione dalla quale è testè uscito. Se maledettamente la squadra in bilico dovesse correre il rischio di retrocedere, basterà che il giorno prima della partita decisiva il nostro Stefanini passi sotto la palla di pietra di Fracastoro. Se la statua gliela mollerà sulla nuca con l'intenzione assassina di spacciare lui e la squadra, niente paura, la palla rimbalzerà sulla testa dura di Stefanini e sul rimbalzo tornerà ad appollaiarsi nella mano di Fracastoro.»
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