LA CURVA SUD E LE BRIGATE GIALLOBLU | ||||||
LE BRIGATE GIALLOBLU E LA CURVA SUD DAL 1982 AL 1991 - Seconda parte Bergamo, 12 maggio 1985: il Verona conquista lo scudetto.
Fonte www.veronacampione.it La composizione della curva degli “anni d’oro”, rispetto al decennio precedente, registra l’inserimento di elementi molto giovani (14 – 15 anni e anche meno) che sempre più spesso provengono dai paesi della provincia. Non mancano i brigatisti residenti in province limitrofe: buona la rappresentanza trentina (soprattutto la zona di Ala, Avio e Rovereto), ma si contano anche mantovani, bresciani (nutrito il gruppo di Sirmione) e qualche rodigino, oltre naturalmente a qualche “cane sciolto” di provenienza varia, che segue l’Hellas più che altro per il fascino delle BG.
Nonostante le nuove leve siano piuttosto giovani, l’età media è sicuramente superiore ai 20 anni, dovuta alla presenza congiunta di tanti “veterani” degli anni ’70. Professionalmente parlando, in curva si trova di tutto, dagli avvocati ai muratori, dai medici ai disoccupati cronici presenti da anni nelle liste del collocamento comunale. Per quanto riguarda invece il “lato rosa” della curva, le ragazze sono ancora pochine, anche se il loro numero è costantemente in crescita..Spesso il giovane brigatista, soprattutto se studente, ha una vera e propria doppia vita: persona posata e corretta durante la settimana, potenziale teppista la domenica. L’eterogenia che caratterizza la curva nei primi anni ’80, culminata con l’esplosione di gruppi più o meno corposi, si avvia ad una omologazione più netta e distintiva nel corso del decennio, soprattutto a partire dalla stagione dello scudetto, con una secca impennata nella stagione successiva. Sono sempre di più, infatti, i giovani che interpretano la fede gialloblu come una divisa da battaglia.
È un fenomeno condiviso praticamente da tutte le curve italiane, ma a Verona assume i contorni di un vero e proprio caso nazionale, solo in parte nascosto dietro i riflettori dei successi sul campo. Striscioni espliciti come “noi odiamo tutti”, “soli contro tutti” o i vari “benvenuti in Italia”, “forza vesuvio” etc. riservati agli ospiti napoletani, trovano largo spazio sulla stampa nazionale. In realtà, anche se il “contingente d’assalto” della curva è sempre più corposo, la maggior parte dei brigatisti esprime la propria aggressività solo a parole. Per molti giovani, una sciarpa gialloblu al collo è un placebo contro le insicurezze e le crisi d’identità dell’adolescenza, un modo per trovare stimoli e recuperare il valore del gruppo, dell’aggregazione. Tuttavia, il confine tra la frase ingiuriosa e le sprangate al collega che ha una sciarpa diversa al collo è comunque sempre più labile e viene varcato soprattutto in trasferta. Il campionato del dopo-scudetto è di gran lunga inferiore alle attese. Le partenze di Fanna, Marangon e Garella creano una forte crisi d’identità ad una squadra che, inevitabilmente, deve ritrovare equilibrio, stimoli e buon gioco. Il Verona finisce al 10° posto e la stagione è da ricordare soprattutto per la partecipazione alla Coppa Campioni, dove il Verona, dopo un inizio scintillante (doppia vittoria al primo turno contro il PAOK di Salonicco) dovrà arrendersi allo strapotere juventino nella celebre partita a porte chiuse, resa ridicola dall’arbitraggio a senso unico del francese Wurtz. I risultati altalenanti della squadra di Bagnoli hanno un effetto particolare sulla tifoseria: non si ripetono più le trasferte oceaniche delle stagioni precedenti, quelle che vedevano tra gli “invasori” sia i tifosi comuni che gli ultrà, a seguire il Verona in trasferta sono per la maggior parte i tifosi della curva. In pratica si conta sullo zoccolo duro delle BG che, di fatto, riesce agevolmente a garantire alla squadra un contingente di tifosi che va dai 200-300 per le trasferte più distanti (Lecce, Napoli, Bari, Avellino) fino ad oltrepassare i 1000 a Firenze, Torino, Bergamo, Bologna e Udine. Sono trasferte dal risultato quasi sempre amaro, alcune umilianti, come lo 0-5 di Napoli e l’1-5 di Udine, ma sono tutte buone occasioni per creare disordini e scontrarsi con i tifosi rivali. 18 settembre 1985: esordio in Coppa dei Campioni contro il Paok di Salonicco.
Fonte www.semprehellas.it Le BG acquisiscono un ruolo di primo piano nel mondo parallelo degli ultrà. La coesione e il seguito della frangia più oltranzista della curva pongono le BG al vertice dei gruppi più temuti dell’intero panorama italiano. Sono decine gli striscioni sottratti ai tifosi avversari e poi esposti in curva sud in segno di scherno. Accanto alle risse però, il tifo veronese inizia a distinguersi per raid teppistici veri e propri. Frange di tifosi gialloblu lasciano il segno del loro passaggio a Como, nel gennaio 1986 e, nell’agosto dello stesso anno, devastano la piccola Cavalese, località trentina scelta dal Verona per il ritiro pre-campionato. Se, ufficialmente, i rappresentanti delle BG, prendono le distanze dai facinorosi, alcuni gruppi presenti in curva non fanno mistero del loro modo di interpretare il tifo. È il caso ad esempio degli A.S.U. (associazione stalle umane), composto da tifosi non proprio di “primo pelo”, ispirati dalle gesta dei colleghi inglesi, accomunati dall’amore per l’alcool e sempre in prima linea negli scontri e negli atti di teppismo. Ma è soprattutto il caso di tanti “cani sciolti” che si infiltrano nella parte “sana” dei brigatisti con lo scopo di creare disordini.
L’immagine degli ultrà gialloblu comincia ad essere insostenibile per la città e, soprattutto, per la società Hellas Verona. Gli attriti tra la curva e la dirigenza gialloblu, presieduta da Ferdinando Chiampan, si fanno inevitabili, nonostante la squadra risieda stabilmente nei primi posti in classifica, ed esplodono nel dicembre 1986 dopo che gli ultrà veronesi hanno messo “a ferro e fuoco” la città di Brescia in occasione della trasferta contro le rondinelle. Più di mille veronesi arrivano a Brescia nella mattinata, convinti di trovarsi di fronte gli ultrà bresciani. La mancata presenza dei rivali innesca la furia degli ultrà scaligeri. La zona della stazione bresciana e il viale che porta allo stadio sono teatro di una vera e propria devastazione: oltre 500 auto danneggiate (tra cui quella del sindaco di Verona, Gabriele Sboarina), cassonetti dati alle fiamme, vetrine infrante, bar devastati, passanti aggrediti e scontri furibondi con le forze dell’ordine. Il numero degli ultrà coinvolti e l’entità dei danni non può passare inosservato. Fino ai fatti di Brescia si pensava che la frangia più estrema dei brigatisti della sud contasse non più di 150-200 individui che, talvolta, riuscivano a coinvolgere altrettanti colleghi normalmente più “tranquilli”. La dirigenza scaligera reagisce duramente: Chiampan minaccia addirittura di ritirare la squadra dal campionato e propone la schedatura sistematica dei brigatisti, mentre il sindaco Sboarina medita di chiudere la curva o di far giocare il Verona a porte chiuse. Contemporaneamente, i fatti di Brescia finiscono sul tavolo della Procura della Repubblica di Verona che inizia ad indagare su eventuali connessioni tra la curva veronese e gruppi locali di estrema destra. La polizia effettua centinaia di perquisizioni e il 1° febbraio 1987 vengono arrestati 12 ultrà veronesi con l’accusa di “associazione a delinquere”. Si tratta di un’accusa gravissima: per la prima volta, in Italia, un tifoso di calcio viene trattato alla stregua di un criminale vero e proprio. Nelle abitazioni degli ultrà arrestati vengono rinvenute mazze, caschi, attrezzi da arti marziali e materiale propagandistico di estrema destra. La sud si schiera in massa con gli ultrà arrestati: in occasione della partita contro la Roma, nella zona centrale della curva rimane soltanto lo striscione “non 12 ma 5000 colpevoli”. Il significato della presa di posizione è abbastanza chiaro: gli ultrà arrestati saranno anche dei teppisti, ma processarli per associazione a delinquere è del tutto fuori luogo, almeno secondo i colleghi brigatisti. Risulta comunque lampante che parte degli ultrà che si riconoscono nella curva delle BG sfuggono al controllo dei “capi”.
Un giornale dell’epoca titola: “Verona: da Bangkok della droga a Beirut del calcio”. Dopo essere stata il crocevia della droga negli anni ’70, la nostra città è ancora al centro dell’attenzione nazionale per fatti negativi. Le indagini della procura continuano e arriveranno anche delle condanne definitive, mentre si inasprisce il braccio di ferro tra la curva e la dirigenza gialloblu. Se a fare notizia sono gli scontri e i processi, la sud veronese continua ad offire lo spettacolo di sempre, con coregrafie e cori da brivido. Sul fronte dei rapporti con le tifoserie avversarie, si registrano alcuni cambiamenti. Nell’85 infatti, viene stretto un patto di non belligeranza con gli interisti (inversione di tendenza rispetto alla regola che non prevedeva amicizie con le squadre considerate “grandi”) mentre, nell’88, i tifosi del Torino rompono il gemellaggio più che decennale. Nella stagione 1987-’88, il Verona arriva ai quarti di finale di Coppa Uefa e la tifoseria gialloblu si fa conoscere anche in Europa. Pogon Stettino (Polonia), Utrecht (Olanda), Sportul Bucarest (Romania) e Werder Brema (Germania ovest), sono gli avversari dell’Hellas. I veronesi che seguono la squadra si contano a migliaia e si registrano scontri ad Utrecht (contro i tifosi locali) e a Brema (contro le forze dell’ordine). La doppia sfida contro i tedeschi del Werder segna non solo la fine di quella stagione (dopo l’eliminazione dall’Uefa il Verona non vincerà più nessuna partita in campionato e finirà al 10° posto) ma la fine del grande Verona di Bagnoli. Chiampan venderà i gioielli di famiglia (Tricella, Di Gennaro, Elkjaer) e il nuovo Verona, nonostante gli acquisti degli argentini Troglio e Caniggia, non sarà all’altezza della situazione e nel campionato 1988-’89 si classificherà all’11° posto.
La debacle finale si avrà nella stagione seguente: Chiampan svende tutta la squadra per far fronte ai problemi economici societari e il Verona riesce a presentarsi in campionato solo grazie all’impegno del D.S. Landri e del commovente Bagnoli, che accetta di allenare una squadra raffazzonata all’ultimo momento, zeppa di perfetti sconosciuti e di calciatori sul viale del tramonto. Dopo un avvio disastroso, grazie al lavoro del grande Osvaldo e all’incoraggiamento della tifoseria veronese, il Verona sfiorerà la salvezza. All’ultima giornata, a Cesena, i gialloblu si giocano la permanenza in serie A contro la squadra di casa. Lo stadio romagnolo viene invaso da migliaia di tifosi gialloblu, l’ennesimo grande esodo a testimonianza dell’amore nei confronti dell’Hellas. Il Cesena vincerà 1-0 e sarà l’ultima partita di Bagnoli sulla panchina gialloblu. La fine di un’era. “Siamo i tifosi delle BG” dicono in coro gli ultrà veronesi. In questa frase c’è tutto lo spirito che contraddistingue la curva veronese: a sostenere la fede di migliaia di supporter gialloblu non sono la squadra e la dirigenza, che cambiano continuamente, ma i colori della città e, soprattutto, lo spirito di coesione di quanti trovano in curva una ragione di vita. Andare in curva a tifare Hellas, per molti giovani e meno giovani è quasi un dovere morale dettato dall’essere veronesi. Per questo, alcune imprese dei tifosi del Verona non si svolgono in concomitanza con le partite dell’Hellas. Campionato di C2 1986-’87, al Bottagisio di Chievo la squadra di casa affronta il Mantova, sarebbe un incontro tranquillo se decine di tifosi delle curva sud, assolutamente indifferenti agli esiti della partita, non cogliessero l’occasione per affrontare i mantovani, rivali storici. Un altro episodio di questo genere si verifica negli anni ’90, quando al Palazzetto dello sport, la Scaligera Basket affronta una squadra bolognese seguita da centinaia di supporter: i tifosi dell’Hellas accorrono in massa a sostenere i cestiti gialloblu tra lo stupore generale. In occasione dei mondiali italiani, il Bentegodi si ritrova con un anello in più e una curva sud che può superare le 7000 presenze. I frequentatori della curva finiti nelle liste dei diffidati sono più di un centinaio. In generale, tutta la tifoseria veronese è ormai “sorvegliata speciale”. L’impiego sempre più massiccio delle forze dell’ordine però, non frena gli ultrà gialloblu che imperversano negli stadi della cadetteria nel vittorioso campionato 1990-’91. Il ritorno in serie A coincide con nuovi disordini e nuove diffide. La curva veronese è costantemente al centro dell’attenzione dei mass-media. Il 14 novembre 1991, pochi giorni prima di compiere 20 anni, le BG annunciano il loro autoscioglimento in accordo con tutti i gruppi presenti nella sud. I vertici dello storico gruppo veronese si dicono stanchi di tanto accanimento nei loro confronti: non possono essere il capro espiatorio per problemi di ordine pubblico che travalicano il tifo sportivo e, in particolare, non possono rendersi responsabili di ogni individuo che porti una sciarpa gialloblu al collo. In occasione della partita Verona-Genoa, le ringhiere della curva sud, dopo 20 anni, restano desolatamente vuote. Ecco come vengono accolti i tifosi gialloblu a Firenze dopo lo scioglimento delle BG
Dopo 20 anni il mondo del calcio è cambiato, assieme alla società italiana e alla mentalità delle nuove generazioni. Con lo scioglimento delle BG la curva sud negli anni ’90 troverà nuovi equilibri, si accentueranno i contrasti, già in atto da anni, tra i “veterani” e i giovani, molto distanti culturalmente. Tuttavia la curva non muore e l’amore per i colori gialloblu e per la storia stessa della tifoseria veronese, continuano ad esercitare un grande fascino sui giovani. Chiudiamo con il testo di una canzone molto in voga nella sud degli anni ’70, parole quanto mai azzeccate:
|
||||||
Hellastory è ottimizzato per una risoluzione dello schermo di 800x600 pixel.
Per una corretta visione si consiglia l'uso del browser Microsoft Internet Explorer versione 5 o successiva con Javascript, Popup e Cookies abilitati.
Ogni contenuto è liberamente riproducibile con l'obbligo di citare la fonte.
Per qualunque informazione contattateci.
Leggi la nostra Informativa Privacy. [] |