LA CURVA SUD E LE BRIGATE GIALLOBLU | ||||
LE BRIGATE GIALLOBLU E LA CURVA SUD DAL 1982 AL 1991 - Prima parte Un’immagine della curva sud nel campionato 1982-83
Il Verona festeggia il ritorno in serie A qualche settimana prima del trionfo italiano ai Mondiali di Spagna del 1982. Se il calcio in Italia era già una realtà importante, le imprese della nazionale di Bearzot lo portano ancor più alla ribalta. Siamo in un momento chiave per “l’arte della pedata” (così la chiamava Gianni Brera) che cambia lentamente, ma inesorabilmente, la sua fisionomia: da una parte diventa sempre più “carne da televisione”, dall’altra, con l’apertura agli stranieri, inizia l’epoca delle spese folli. Con la nascita delle televisioni locali, che crescono come funghi a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, le squadre provinciali possono contare su un nuovo, importantissimo, veicolo pubblicitario. Verona non è certo un’eccezione e all’inizio degli anni ’80, dopo che la storica TVR (televerona) ha ceduto le frequenze a Retequattro, in città e provincia trasmettono 3 emittenti: Telenuovo, Telearena e Canale 65. La pagina dello sport è dedicata alle glorie locali, e il posto d’onore, naturalmente, spetta all’Hellas di Bagnoli. I giocatori non si vedono più solo sulle figurine e sulle foto dei giornali, ma diventano volti familiari che entrano quasi quotidianamente nelle case dei veronesi. Una cosa impensabile pochi anni prima, quando il monopolio RAI dava spazio solo ai protagonisti dei grandi club. Questa nuova dimensione permette al Verona di fare molti proseliti tra i giovani e giovanissimi che, soprattutto in provincia, avrebbero corso il rischio di diventare tifosi di qualche squadraccia a righe verticali. I programmi sul calcio si moltiplicano, sia sui network nazionali che sulle piccole emittenti locali, con il risultato di attirare sempre più attenzione sul mondo del calcio. Di pari passo, con l’arrivo di tanti fuoriclasse stranieri, la serie A italiana diventa a tutti gli effetti il “campionato più bello del mondo”. Le foto e i filmati d’epoca, paragonati alla realtà odierna, sembrano provenire non solo da un’altra era, ma da un altro pianeta: stadi gremiti all’inverosimile, in ogni ordine di posto, e coreografie sempre più fantasiose e mastodontiche nelle curve. Sono gli anni dei bandieroni che coprono interamente le curve, dell’uso smodato di fumogeni, petardi e fuochi artificiali, ma anche gli anni in cui il fenomeno della violenza tra gli ultrà diventa un fatto pressochè certo ad ogni partita provocando una progressiva tendenza a “blindare” gli stadi, separando il più possibile le tifoserie.
Il ritorno del Verona in serie A, nella stagione 1982-’83 (seconda solo a quella dello scudetto, in termini di risultati sul campo) sancisce anche il ritorno degli ultras gialloblu nel circolo delle tifoserie che contano, quelle con cui, negli anni ’70, si era inaugurata la stagione dei gemellaggi e degli scontri. Attorno ai veterani si raccolgono centinaia di nuovi giovani. Si tratta di un ricambio generazionale vero e proprio che, da una parte porterà nuova linfa all’interno della curva, dall’altra la caratterizzerà in modo inequivocabimente diverso rispetto al decennio precedente: le nuove leve disegnano una curva più aggressiva (in tutti i sensi), divisa in tantissimi gruppi ma assolutamente compatta nel tifo e progressivamente sempre più schierata dal punto di vista “politico”. Per capire come viene considerato l’ultras gialloblu, merita qualche riga la parodia che ne fa Roberto Puliero creando il personaggio di “Elvis Ciurla tifoso della curva”. Anche se negli anni successivi le trasmissioni di Puliero si alterneranno tra Telearena e Telenuovo, la prima edizione dello storico siparietto comico “Rete”, interamente dedicato all’Hellas, sarà trasmessa proprio nella stagione 1982-83 da Canale 65, piccola emittente locale che avrà vita breve. In Elvis Ciurla si denotano alcuni tratti tipici della realtà del Bentegodi: oltre all’intercalare “ah che te dao!!!” che pone l’accento su come la curva venga vista dagli esterni come un crogiuolo di ceffi violenti e poco disposti “al dialogo”, è significativa anche la poca considerazione di Elvis nei confronti degli spettatori degli altri settori che, comodi comodi sulle loro poltroncine, si godono lo spettacolo senza far nulla per incoraggiare la squadra. Una parte dei nuovi adepti, entra in curva con lo spirito con cui si entra nella legione straniera e la propensione allo scontro fisico con le tifoserie avversarie diventa per molti il motivo principale di adesione alle BG. Già nel campionato 1981-82, coronato con la promozione in serie A, la curva veronese aveva ricominciato a far parlare di se’ per le intemperanze degli ultras, ma è a partire dalla stagione 1982-83 che l’immagine di tifoseria violenta e razzista (peraltro ancora molto in voga) prende il sopravvento su tutto il resto. Gli scontri iniziano già alla prima di campionato contro l’Inter e proseguono fragorosamente per tutta la stagione, culminando nella semifinale di andata di Coppa Italia, nel giugno 1983, contro il Milan. Negli anni ‘70, nonostante la presenza di gruppi schierati dichiaramente dal punto di vista politico, la curva era riuscita in qualche modo a conservare una formale apoliticità, ma negli anni ’80, in linea con il trend in atto in tutto Italia e non solo, nella sud veronese compaiono espliciti simboli politici e la tendenza è quella di una tifoseria rivolta decisamente a destra. A partire dal 1983 appaiono in curva gli striscioni del “verona front” (gruppo creato da aderenti al fronte della gioventù) e della “gioventù scaligera”, mentre si moltiplicano le bandiere provviste di croci celtiche e talvolta addirittura di svastiche. L’anima della curva però, come già detto, si presenta molto composita e accoglie anche gruppi di sinistra (i “rude boys” su tutti). Tuttavia, quello che rende grandiosa e, per certi versi, sempre unica, la curva gialloblu, è la presenza di una grandissima eterogenia che, però, in nome dell’Hellas e della città scaligera, si trasforma in un muro compatto in cui tutte le differenze vengono messe da parte e decine di gruppi raccolti dietro decine di striscioni dalle diciture più varie, sono di fatto un unico, solidissimo, cuore pulsante che accompagna ovunque i colori gialloblu al grido:
Le Brigate Gialloblu quindi, sono ancora vive e vegete. Se ad uno qualunque delle migliaia di tifosi gialloblu che animano la curva nei primi anni ’80, viene chiesto di che gruppo fa parte, prima risponde “sono uno delle BG” e poi, forse, in seconda battuta specifica il gruppo con cui si ritrova all’interno della curva. Le BG continuano ad essere la grande chioccia sotto cui cova l’amore per l’Hellas.
Ricapitolando brevemente quanto detto più sopra, in particolare la fisionomia aggressiva delle nuove leve e la netta differenziazione tra l’ultrà e il tifoso “normale”, dopo un decennio di sostanziale collaborazione, la rottura tra le BG e il centro di coordinamento dei calcio club è inevitabile. Quello che ormai era sotto gli occhi di tutti da parecchio tempo, viene sancito ufficialmente proprio nella stagione del ritorno in serie A. I brigatisti quindi, devono rinunciare alle agevolazioni concesse dalla società ai tifosi “normali”. In fin dei conti però non cambia niente: nulla vieta di essere iscritti ad uno qualsiasi dei tanti calcio-club della provincia e frequentare poi la curva, così come nulla vieta di usufruire degli stessi mezzi noleggiati dai calcio club per le trasferte e poi unirsi agli altri brigatisti una volta giunti a destinazione. Dal punto di vista coreografico la curva mantiene la sua vena colorata, anzi le bandiere si moltiplicano, in particolare quelle “scozzesi” a scacchi giallo-blu, spariscono invece i tamburi (proprio nel momento in cui altre curve li adottano imitando le BG degli anni ’70) mentre per qualche tempo prende piede la moda di presentarsi in curva con la maglia della squadra. La particolarità, dirompente, della curva sud, inizia ad essere l’approccio goliardico, a tratti demenziale, a tratti feroce, con cui le BG accolgono i tifosi e le squadre avversarie. Spesso l’ironia supera il confine di quello che comunemente viene definito “buon gusto” e grazie anche ad una sistematica campagna di informazione che tramuta Verona e la sua tifoseria nel capro espiatorio di tutto il male che accompagna il calcio (e talvolta la società stessa), la pessima fama delle BG diventa uno dei luoghi comuni più… comuni! L’accoglienza riservata ad uno dei primi giocatori di colore, Uribe del Cagliari, sommerso di banane al momento di calciare un calcio d’angolo, viene vista come un atto di razzismo. In questa sede non si vuole condannare o giustificare nessun gesto, ma vanno sentite tutte le campane e occorre guardare i fatti con obiettività, calandoli in quella che è la loro realtà. La realtà di cui stiamo parlando è quella dello stadio, della moderna arena dove si lasciano fuori gli abiti sociali, dove i limiti vengono spostati, dove le regole vengono cambiate. In questa realtà, al fine di condurre la propria squadra alla vittoria, non ci si limita a sostenerla, ma si agisce anche sugli avversari, creandogli attorno un ambiente ostile. La ricerca di punti deboli per innervosire i giocatori è uno “sport” in cui le BG eccellono. L’efficacia di questa pratica sul risultato finale della gara è tutta da dimostrare, ma sicuramente, episodi come quello di Uribe, non possono, a priori, essere attribuiti ad un razzismo condiviso da migliaia di persone. Gli insulti, le cantilene offensive, gli striscioni pesanti non hanno “preferenze”: tutti gli avversari, di qualsiasi colore e provenienza, ne sono vittima. Discorso diametralmente diverso potrebbe essere fatto per l’incresciosa “impiccagione” di un manichino nero, nel 1996: la macabra rappresentazione era rivolta ad un giocatore del Verona, non ad un avversario, qui forse si può davvero parlare di razzismo, ma si tratta di un episodio relativo ad anni più recenti, ad un curva diversa da quella di cui ci stiamo occupando, un episodio comunque ben circoscritto e sicuramente non condiviso dalla maggioranza degli ultrà.
Aneddoti riguardanti la celeberrima goliardia delle BG ce ne sono a decine e sono tutti più o meno conosciuti. Le trasferte a Como con pinne, materassini e tutto l’occorrente per una vacanza balneare (“per quest’anno, non cambiare, tutti a Como come al mare”); i remi che spuntano dai finestrini di un pulmann delle BG diretto allo stadio di Firenze che sembra procedere in autostrada come una nave vichinga; le carote gettate ai tifosi udinesi al grido di “buon appetito conigli!” sono solo alcuni degli episodi ormai entrati nella storia ultrà del nostro paese. Il Verona di Bagnoli entra nel ristretto novero delle “grandi”, disputa campionati di alta classifica, vince uno scudetto, raggiunge per ben 2 volte consecutive le finali di Coppa Italia, disputa la Coppa dei Campioni e partecipa 2 volte alla Coppa UEFA, raggiungendo i quarti di finale nella stagione 1987-’88. I tifosi veronesi si spostano in massa e alcune trasferte (soprattutto quelle europee) si trasformano di nuovo in vere e proprie invasioni, come, e talvolta più, di quelle storiche degli anni ’70. Sono circa 6000 i veronesi che raggiungono Udine nel 1982 trasformando l’autostrada in un lungo fiume gialloblu. Sono invece almeno 5000 i tifosi che nel novembre 1983 seguono la squadra a Graz, per la partita di ritorno del 2° turno di Coppa Uefa, nel piccolo stadio austriaco i tifosi dell’Hellas risultano essere più numerosi di quelli locali! Affollatissime, naturalmente, le trasferte a Firenze, Genova e Torino, ospiti dei gemellati viola, blucerchiati e granata. Il Verona spopola in città, in provincia e anche oltre, facendo proseliti ovunque. I veronesi si stringono attorno alla squadra e l’Hellas diventa una vera e propria mania. Si moltiplicano le pubblicazioni interamente dedicate ai gialloblu, la più famosa “Momento Verona”, arriva a tirature nell’ordine delle migliaia di copie. Sono gli anni in cui in giro per l’Italia le auto veronesi si riconoscono non solo per la targa (che all’epoca iniziava invariabilmente con un bel VR) ma anche per avere qualcosa di gialloblu in mostra, dall’adesivo alla sciarpa stesa sul lunotto posteriore. Nel cuore dei tifosi sopravvive ancora il mito di Zigoni, ma qualche giocatore è destinato ad entrare in modo altrettanto indelebile nel DNA della curva. Ci riesce in parte il brasiliano Dirceu, trequartista mancino che guida il Verona 1982-’83 ma l’anno dopo dimostra scarso attaccamento alla maglia quando sceglie di andare al Napoli per “qualche” milione in più. Ci riesce senz’altro Fanna, che nonostante abbandoni il Verona dopo la conquista dello scudetto, finirà per concludere la carriera in gialloblu. Ci riescono praticamente tutti gli eroi dello scudetto ma, soprattutto, ci riuscirà un certo Preben Elkjaer Larsen, per molti il successore naturale di Zigogol, non solo per le doti calcistiche di livello internazionale, ma anche per lo spirito guascone, goliardico e, nello stesso tempo, per l’indomita grinta da “cavallo pazzo” che fin dai primi calci all’antistadio, nell’estate 1984, sigillano un amore destinato ad essere eterno. Elkjaer rimarrà a Verona per quattro stagioni e poi lascierà l’Italia, nonostante alcune offerte da altri club, per rispetto ai suoi tifosi. |
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