Dossier 2023/2024
Il 33 non è un numero qualunque. Pronunciandolo, il movimento della lingua su palato e denti costringe a chiedere ai polmoni una quantità di aria maggiore del normale, dando vita ad una serie di movimenti che coinvolgono tutta la zona toracica e mettono in condizione un medico di capire se il nostro sistema respiratorio è a posto o meno. Ovviamente è prassi italiana, altre lingue utilizzeranno parole diverse per mettere in moto il meccanismo, quindi il paziente deve conoscere bene l'italiano, ma può non essere sufficiente: l'esame non è consigliato a membri della famiglia Agnelli (la "r" moscia può alterare la valutazione), va attenzionato se la pronuncia è condizionata da certi idiomi siciliani e calabresi che pronunciano in modo retroflesso il nesso "tr", ed è assolutamente da evitare se a declamare il numero è una persona di origine orientale, perché con la "l" al posto della "r" la diagnosi può risultare alterata. Si scherza ovviamente, ma mentre leggete sono sicuro che state pronunciando, magari solo a mente o a volume bassissimo, "trentatre", cercando di capire se la vostra cassa toracica cambi di volume o se sentite strani rumori, oppure lo state pronunciando alla siciliana o alla orientale, così, per vedere l'effetto che fa. Trentatre erano anche i cavallerizzi trentini che per motivi ignoti, ma certamente non futili, entrarono in Trento tutti trentatre trotterellando (e se il medico pretende tutto lo scioglilingua vuol dire che sei seriamente a rischio enfisema). Trentatre è cifra altissima del Sacro: tanti erano gli anni di Gesù Cristo al momento dell'ascensione. Trentatre, e arriviamo al dunque, i campionati disputati del Verona in serie A, la cui diagnosi di salvezza ha necessitato di oltre nove mesi di accurato esame stetoscopico, con il paziente spesso a corto di ossigeno, scosso da colpi di tosse, singhiozzi, catarroso, dato persino per spacciato, finché, ad una lunga e profonda inspirazione, è seguita una lunghissima e liberatoria espirazione: il Verona è salvo! Ancora. E se guardiamo la classifica finale, con 38 punti all'attivo, un rispettabile tredicesimo posto e la matematica certezza del mantenimento di categoria con una giornata d'anticipo, sembra molto meglio di quello che in realtà abbiamo vissuto in questa ultima stagione.
Dopo la rocambolesca impresa del campionato 2022-'23, condotto in modo pessimo ma terminato in gloria allo spareggio contro La Spezia, tra le varie incognite del day after c'era il destino di Sogliano: Sean, che dell'impresa era stato sicuramente l'artefice principale, sarebbe rimasto? Sembrava implicito, ma quando si parla del Verona di Setti le certezze non esistono e un ragionevole dubbio, per qualche tempo, è aleggiato sottotraccia.
Sean è rimasto, e con lui il grosso dei giocatori protagonisti della rimonta che, con l'arrivo di Baroni in panca, fresco di salvezza a Lecce e con una rispettabile carriera in gialloblu da giocatore ad impreziosire il curriculum, faceva ben sperare in una stagione tranquilla. Licenziato il tandem Bocchetti-Zaffaroni, che comunque si è guadagnato almeno una targhetta nella bacheca storica gialloblu, le redini della squadra sono infatti state affidate al pragmatico mister toscano. Personaggio composto, non più di tre espressioni facciali in repertorio (una per la vittoria, una per la sconfitta e una per il pareggio) con variazioni minime tra l'una e l'altra, eloquio chiaro ma forbito, misurato, serio nel senso più profondo del termine: quel "serio" la cui accezione corre sul filo del sinonimo con "responsabile". Lo spessore di Baroni va riconosciuto e sottolineato, sia come professionista, per il lavoro che ha portato in fondo con scrupolo, tenacia e abnegazione, raggiungendo l'obiettivo; sia come uomo, per l'atteggiamento sempre costruttivo, per il profilo basso, ma deciso nel metterci sempre la faccia, con cui ha affrontato anche i momenti peggiori, per il rispetto che ha portato nei confronti dei nostri colori, dei tifosi e persino della società. Lo diciamo ora, a giochi fatti, perché alla fine ha avuto ragione, ma sarebbe da ipocriti non ammettere che a novembre erano rimasti in pochi (e chi scrive non era tra quelli) a non chiederne la surroga con un altro tecnico.
Eppure, si sapeva bene chi era Baroni, e lo si è scelto per la serietà e non certo per il bel gioco, lo si è scelto perché con i fichi secchi magari non ti organizza un matrimonio, ma una salvezza sì. Però senza pretendere un bel gioco o troppi orpelli. Del resto, sfogliando il suo curriculum, di occasioni per allenare squadre di livello tecnico adeguato ad obiettivi che non fossero la salvezza, non ne risultano ancora, quindi l'atteggiamento tattico forse dipende anche dalla cilindrata del mezzo che si trova a guidare. Comunque, è chiaro fin dall'inizio che il Verona di Baroni sarà una squadra solida ed efficace: poca forma e tanta sostanza.
La conferma arriva subito, fin dalle prime uscite, e si mantiene tale per tutta la stagione, nonostante gli stravolgimenti invernali e i tanti risultati negativi: squadra quadrata, essenziale, tatticamente preparata a contrastare, contenere e a pungere con folate improvvise, ma attenzione: non è il classico "catenaccio" adeguato ai tempi del gioco a zona (quello che in qualche modo faceva Mandorlini per capirci), piuttosto una moderna applicazione del concetto "primo non prenderle" partendo da un buon pressing a centrocampo, quindi con fase difensiva che inizia alta, propensione ai contrasti (e a vincerli), tenendo la palla lontana dall'area di rigore per poi cercare il pertugio giusto dove infilare la palla per l'attaccante. Un Verona che spezza e rallenta il gioco avversario, coriaceo, "tegnizo" si direbbe nella bassa, difficile da affrontare e dal quale non aspettarsi favori o debolezze caratteriali: la squadra non molla mai. La squadra sa alzare anche il baricentro, allargando la manovra al gioco di fascia, ma si difetta un po' in precisione degli ultimi passaggi e, in generale, nel palleggio, probabilmente non tanto per scelta tattica quanto per qualità tecnica dei singoli mediamente non eccelsa. Le percentuali del possesso palla parlano chiaro e descrivono un Verona che preferisce lasciare l'iniziativa all'avversario. Strategia che si rivela efficace, visto che rispetto alle concorrenti non prendiamo troppi gol e non "imbarchiamo" mai passivi troppo severi, mettendola dentro con difficoltà (soprattutto i calci di rigore...) ma con una certa regolarità quantomeno contro le dirette avversarie. Un Verona che se vince o perde lo fa spesso di misura e chiude il campionato con un onorevole -13 in differenza reti, il dato migliore tra le squadre di bassa classifica, che descrive senza bisogno di altri commenti la fisionomia della squadra. In questo senso, direi che Baroni è stato in grado di trasmettere il suo carattere alla squadra, supportato anche dalla presenza di Sogliano, a mio parere ben più di semplice DS ma elemento stabilizzatore di tutto il gruppo.
Si spera in un campionato tranquillo e gli inizi di stagione sembrano addirittura migliorare le aspettative: dopo un paio di sconfitte in amichevole, il Verona esordisce ufficialmente contro l'Ascoli in Coppa Italia, ottenendo una vittoria netta nel risultato anche se un po' troppo sofferta data la caratura dell'avversario. Ad Empoli, alla prima di campionato, dopo un primo tempo in difficoltà, con i padroni di casa che sprecano, nella ripresa arriva il gol di Bonazzoli a regalare una vittoria un po' larga rispetto alla qualità del gioco ma che mette in luce una buona solidità dell'impianto. La vittoria sulla Roma al Bentegodi, nella seconda giornata, segue un copione simile, con gli ospiti a fare la partita, e il Verona bravo a portarsi in vantaggio e raddoppiare per poi chiudersi in trincea ergendo sugli scudi (capiterà spesso) Montipò. 6 punti dopo due gare sono tanti, regalano un primo posto in classifica quantomeno statistico e innescano un ottimismo che fa rispolverare addirittura il 1984-'85, ultimo precedente di un campionato iniziato con due vittorie. Bastano peraltro pochi giorni a riportare tutto alla realtà con una sconfitta netta al Mapei contro il Sassuolo che segna l'inizio di un lungo filotto negativo. Siamo all'inizio di settembre e fino all'antivigilia di Natale, quando batteremo il Cagliari al Bentegodi, non riusciremo più a festeggiare una vittoria: 10 sconfitte e 5 pari (se ci mettiamo anche la Coppa Italia le sconfitte sono 11). Tra l'undicesima e la sedicesima giornata il Verona scende in zona retrocessione ma, con la vittoria per 2-0 sui sardi e nonostante l'ennesima sconfitta, al Bentegodi, contro la Salernitana ultima in classifica, grazie al bottino iniziale, chiudiamo comunque il girone di andata con 14 punti tornando ancora in zona salvezza, sotto di noi i campani, l'Empoli e il Cagliari a pari punti ma con lo scontro diretto a sfavore, sopra di noi l'Udinese a 17 punti. Riemergono i fantasmi dell'anno precedente, quando nello stesso periodo il Verona di Cioffi prima e di Bocchetti – Zaffaroni dopo, inanellò una lunga serie negativa, anche peggiore in termini di sconfitte.
Di fronte ad un altro campionato deficitario, monta l'insofferenza nei confronti della società, con Setti che torna nel mirino (in realtà non ne era mai uscito) e critiche che via via si intensificano anche nei confronti di Baroni, ritenuto responsabile di non ottenere risultati con una squadra che, sulla carta, viene comunque considerata adeguata all'obiettivo. In realtà, il Verona perde, anche con dignità, come nelle gare allo Stadium contro la Juve e a San Siro contro il Milan, di fronte a squadre di caratura superiore, ma se la gioca sempre contro le pari grado portando a casa pareggi importanti anche contro Bologna, Torino e Lazio; le gare davvero sbagliate, affrontate con atteggiamento troppo remissivo e con discutibile gestione tattica a mio avviso sono state solo due: a Frosinone e contro la Salernitana. Per il resto, la squadra ha mostrato quello che era: una compagine costruita per la salvezza, con giocatori adeguati alla bassa classifica, ne più ne meno in linea con le altre contendenti all'obiettivo. La difficoltà maggiore, dovuta non solo alla gestione tattica, ma anche alla mancanza di un vero bomber, si rileva in attacco dove facciamo davvero fatica a segnare (anche su rigore, visto il filotto di 4 penalty sbagliati con annessi punti persi). Quello che vediamo in campo è anche determinato, aspetto assolutamente non secondario, da un clima difficile per l'incertezza di una situazione societaria via via sempre più preoccupante. I nomi di giocatori dati in partenza a gennaio iniziano infatti a circolare fin da ottobre e aumentano di settimana in settimana, tira aria di smantellamento e voci sottotraccia paventano di guai molto seri in arrivo ad aggravare ulteriormente la situazione: inizia a trapelare la parola "fallimento" e quando, a fine anno, il Tribunale di Bologna dispone il sequestro preventivo delle partecipazioni societarie di Star Ball Srl, società di fatto azionista unico dell'Hellas Verona, si teme veramente il peggio. Alla base di tutto sembra ci siano ancora questioni economiche da sistemare con Volpi. In trepida, e rassegnata, attesa, ci si prepara al peggio, con Baroni ancora in panchina che non smette di dichiarare che lui crede sempre nella salvezza e Sean pronto a ripetersi in una campagna acquisti in grado di affrontare il girone di ritorno con qualche chance. Intanto, dai vertici societari continuano ad arrivare smentite circa problemi finanziari tanto gravi da portare la società al fallimento.
Arriva gennaio e le voci di smantellamento diventano realtà. Primo obiettivo: fare cassa, sennò salta davvero tutto. Mentre si susseguono giornalmente notizie di partenze, vere o presunte, sul campo il Verona di Baroni continua a presentarsi con determinazione e forza d'animo, nonostante formazioni raffazzonate alla meglio e panchina corta. Rischiamo di portare a casa un pareggio da San Siro contro la corazzata nerazzurra, con Henry che prima firma il pareggio e poi sbaglia un rigore attorno al ‘100 minuto; battiamo l'Empoli in uno scontro diretto importantissimo, perdiamo a Roma di misura alla prima di De Rossi e poi cogliamo un punto in casa contro il Frosinone, mentre salutiamo Faraoni, Doig, Hien, Terracciano e Ngonge, solo per citare quelli più vicini allo status di titolare, ma in tutto saranno 15 i giocatori a fare le valigie.
L'enfasi sulle partenze e sugli incassi milionari, che sembrano comunque non bastare mai per sistemare la situazione economica della società, lasciano in ombra il lavoro di Sogliano, apparentemente rivolto solo al massimo guadagno, ma certamente studiato anche in prospettiva salvezza e future plusvalenze. Nonostante le partenze il Verona rimane infatti con dei punti di riferimento piuttosto solidi: i pilastri slovacchi Duda e Suslov a centrocampo, il reparto più importante per la squadra di Baroni, Serdar e Tchatchoua in crescita, Lazovic investito anche di responsabilità di spogliatoio, Folorunsho a creare scompiglio a tutto campo, Magnani, Coppola e Dawidowicz, piedoni che il buon Brera avrebbe definito di compensato ma che rispondono senza tentennamenti al richiamo della pugna davanti a Montipò, e qualche oggetto ancora misterioso, definiscono la struttura di una squadra che continua a risultare carente soprattutto in attacco, dove un altalenante (ed emotivamente un po' instabile) Henry, se la gioca con un Bonazzoli su cui Baroni sembra non avere particolare fiducia. I nuovi innesti quindi, trovano un gruppo a corto di giocatori ma con un'ossatura consolidata su cui fare riferimento. La litania del "Verona smantellato che cerca il miracolo" ha fondamento solo in parte e non rende giustizia al lavoro di Baroni e Sogliano. Non si spiegherebbe sennò come sia stato possibile un così veloce adattamento nei meccanismi tattici da parte di giocatori messi in campo con le valigie ancora da disfare. Bravo Baroni. Bravissimo Sogliano, che oltre a lavorare per la salvezza sul campo ha riempito le casse per quella societaria.
Il Verona da febbraio a maggio continua il suo percorso sul filo della salvezza, sempre in bilico, sempre in difficoltà, ma sempre sul pezzo. Dopo un buon 0-0 a Monza arriva la Juve al Bentegodi e i gialloblu portano a casa un 2-2 dopo essere stati raggiunti due volte. Per l'occasione si mette in luce un nuovo acquisto destinato ad emergere nel girone di ritorno: Tijjani Noslin, ragazzone olandese che gioca con l'apparecchio ai denti e si contraddistingue per velocità di inserimento, mobilità in tutto il settore di attacco e botta micidiale quando vede la porta. Dopo una sconfitta senza appello in casa del Real Bologna, arrivano due vittorie fondamentali: 1-0 al Sassuolo con gol del polacco Swiderski, altra new entry di gennaio e, una settimana dopo, sempre per 1-0, con gol di Folorunsho (su deviazione del veronese "de zoca" Baschirotto), altri 3 punti a Lecce. Il balzo in classifica rende minimale la sconfitta contro il Milan, e il successivo pareggio a Cagliari conferma un buono stato di salute e le quotazioni del Verona, dato per spacciato a gennaio, iniziano a salire. Contro il Genoa già virtualmente salvo, in casa, una vittoria potrebbe portarci fuori dalla bagarre e il vantaggio del redivivo Bonazzoli ci mette subito in carreggiata. I liguri però hanno più qualità, soprattutto in attacco: la ribaltano e si portano a casa i 3 punti. La lotta per la salvezza entra nel vivo e, a parte la Salernitana, ormai staccata e tenuta a galla solo dalla matematica, sono ben 7 le squadre che si giocano la categoria. Il Verona, a sette giornate dal termine, è virtualmente salvo, quart'ultimo, con 27 punti, solo uno in più dell'Empoli e due in più del Sassuolo: in piena bagarre.
Lo sprint finale verso la salvezza, tutt'altro che semplice, vede una trasferta proibitiva a Bergamo contro un'Atalanta fresca giustiziera del Liverpool ad Anfield Road. Il divario tra le due squadre non lascia molte speranze. Nel primo tempo il Verona fa da comparsa: i nerazzurri chiudono la frazione in doppio vantaggio e un possesso palla pressoché costante. Nella ripresa però, complice la stanchezza di coppa e probabilmente anche la sensazione di aver già chiuso la gara, L'Atalanta ha un vistoso calo di concentrazione e di ritmo, il Verona ne approfitta, e grazie ad una rasoiata di Lazovic e ad una zampata di Noslin pareggia i conti in solo 4 minuti difendendo poi la trincea attorno a Montipò fino al triplice fischio. Un punto importantissimo in vista dello scontro diretto contro l'Udinese, appaiata con Verona ed Empoli al quartultimo gradino della classifica. Classica gara che vale doppio. In campo, come prevedibile, squadre chiuse e una tensione palpabile. Il Verona rischia un po' ma crea anche qualche buona occasione, i friulani si rivelano un osso duro, specialisti in pareggi, tengono duro fino al '93, quando Coppola (che conta calorosi estimatori nel team di Hellastory NDR) svetta in area su calcio d'angolo e la mette dentro con il più classico dei colpi di testa. Il Verona sale a 31 punti ma vincono anche Empoli e Lecce e la quota salvezza continua ad alzarsi: ne servono almeno altri 5-6 per poter stare tranquilli. Da Roma, contro la Lazio, si torna a mani vuote, sconfitta di misura ma senza troppe attenuanti in una giornata che non cambia comunque molto la bassa classifica, eccezion fatta per la prevedibile vittoria del Frosinone sulla Salernitana che porta i ciociari ad appaiarci al quartultimo posto.
Mancano 4 gare alla fine, di cui 3 le giocheremo al Bentegodi, e solo una in trasferta, tra l'altro in casa della Salernitana già retrocessa. La prima, contro la Fiorentina, la vinciamo, sudando comunque le proverbiali sette camicie e con una certa dose di fortuna. La seconda, contro il Toro, la perdiamo (e contro i granata in casa storicamente succede spesso) nonostante una buona prestazione. Considerando che l'ultima in casa è contro l'Inter, ovvero una bestia talmente nera che neanche il babau, è chiaro che i punti per la salvezza vanno presi a Salerno. Il fatto che la trasferta in Campania, contro una retrocessa, crei tanto timore nei giorni precedenti la gara, la dice lunga su come la lettura a freddo della classifica finale non renda giustizia dell'ansiogeno procedere del campionato. A Salerno poi si vince, con brivido finale, ma si vince e ci salviamo. Contro l'Inter arriva pure un punto bonus in più alla fine di un piacevole allenamento. Chiudiamo a 38 punti, restiamo in serie A e nel frattempo arrivano anche buone notizie dalla società: già ad aprile il Tribunale di Bologna aveva disposto il dissequestro delle quote societarie; viene dichiarato chiuso il contenzioso con Volpi e, addirittura, se ne chiude uno con il Parma, risalente agli intrallazzi di Pastorello e Tanzi, con il Verona che versa qualche milione ai ducali (chi scrive ancora attendeva la notizia dell'arrivo dei soldi sulla plusvalenza della vendita di Gilardino...).
Mentre va in stampa questo pezzo di dossier è ufficiale l'addio di Baroni (che sembra vada alla Lazio dove finalmente si metterà alla prova con una squadra di fascia alta) mentre Sogliano è già in pieno mercato con riscatti e rientri dei prestiti. Setti organizza conferenze stampa dove si auto-valuta dandosi un 8 per come ha gestito la stagione, dicendo che il Verona è sempre in vendita ma non ci sono compratori seri e che, insomma, in buona sostanza non ha nessuna intenzione di andarsene, anche perché è chiaro che il calcio è diventato il suo lavoro. La dimensione del Verona continuerà ad essere questa: da agosto si torna in trincea per il 34° campionato dei gialloblu nella massima serie, l'undicesimo, questo va sottolineato, dell'era Setti. Nell'attesa, il ritiro estivo a Folgaria (ottima destinazione) ci darà la possibilità di raggiungere la squadra molto più comodamente. Attendiamo con trepidazione di scoprire chi sarà il nuovo tecnico. A prescindere, le incertezze restano, si è capito che anche un campionato a 20 squadre con sole 3 retrocessioni non è semplice da disputare per chi non ha la possibilità di accedere a risorse finanziarie diverse dal solo introito di diritti televisivi e plusvalenze, e anche per chi ha le spalle larghe (vedi Sassuolo) l'annata storta può sempre arrivare. Si è anche capito che il bel gioco da solo non paga (vedi Frosinone) e che una gestione alla Baroni, alla Gotti o alla Nicola è senz'altro più efficace per chi naviga i bassi fondali. La conferma di Sogliano in cabina di regia è comunque la garanzia che sarà fatto il massimo con quanto disponibile: sarà sufficiente per garantire il 35° campionato in serie A?
Davide
Hellastory, 10/06/2024
LAVORI IN CORSO - seconda parte: FINE LAVORI O CANTIERE SEMPRE APERTO?
Sintetizza così mister Zanetti l'avvio di Campionato gialloblù:Non neghiamo che era un sogno iniziare con due vittorie così.. Ed ha perfettamente ragione: i 6 punti conquistati contro Napoli e Genoa e, aggiungo, la prima mezz'ora contro la Juventus hanno evidenziato non solo la caratterialità che tanto ci piace ma anche una duttilità tattica sorprendente e che merita di essere affrontata perché non ha nulla di casuale. C'è una logica aziendale ben precisa. Il Verona di Sogliano ha potenzialmente due rose: alla prima, che disputa il Campionato di serie A, se ne aggiunge una seconda, che potremmo definire Verona B Fantasma composto dalla generazione di ex Primavera che sono andati a fare esperienza in Lega Pro avendo concluso il loro ciclo, più tutta una serie di giocatori a margine della prima squadra finiti in prestito in serie B e nei campionati esteri. Siamo all'evoluzione del progetto Mantova (poi concluso anche a seguito delle nuove normative federali sulla doppia proprietà). Potenzialmente Setti potrebbe tranquillamente iscrivere una squadra in Lega Pro come Atalanta, Milan e Juventus avendo quasi 50 giocatori sotto contratto. Kallon, Tavsan e Braaf sono arrivati a Verona, hanno avuto a disposizione le giuste opportunità, poi sono stati dirottati nel Verona B Fantasma come sviluppo potenziale della società non potendo contribuire alla crescita della prima squadra. Se non ci fossero limiti di età per un Hellas New Generation, nella nostra simulazione potrebbero rientrare anche i vari senatori (Lasagna, Henry e Gunter) che, per motivi tecnici e peso degli ingaggi, non fanno più parte del progetto.
[continua]Qual è stato il miglior gialloblu in campo in
Lazio-H.Verona?
Riepilogo stagionale e classifica generale
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