Nella percezione comune l'elemento tempo è dominante e ricorrente. Siamo costantemente attratti dal passato espressione dei nostri ricordi, e dal futuro inteso come attesa.
Il passato è affascinante in quanto nostalgico (soprattutto per le persone di una certa età) e rassicurante perché definito e immutabile. Al contrario del presente, per sua natura imprevedibile. Il futuro invece è seducente in quanto rappresenta la speranza di cambiamento. Lo descrive Cechov: il presente è disgustoso, ma se penso al futuro è tutta un'altra cosa (Tre Sorelle, Andrej, atto IV). Proprio perché deve ancora avvenire, è possibile - anzi auspicabile - che sarà migliore. Il guaio è che il passato non si ripete più e il futuro è scritto in una formula per noi incalcolabile.
L'attrazione verso passato e futuro esprimono entrambi una forma di inadeguatezza. Sono condizioni temporali alle quali ci rifugiamo quando vogliamo evitare ciò che accade in questo momento perché opprimente e talvolta inaccettabile. Ci chiarisce tutto sant'Agostino quanto dice che è in te, animo mio, che misuro il tempo. Sono io il mio metro di giudizio, e per questo stabilisco se è meglio proteggermi nel passato o nel futuro.
Oggi il Verona gioca, vince e diverte. Eppure sento tifosi che confrontano la squadra di Mandorlini con quella di Bagnoli. Quello è l'archetipo, ma questo potrà mai raggiungerlo? Altri azzardano ipotesi sulle possibilità di finire in Champions League, o in Coppa Uefa, o al contrario perdere improvvisamente quanto di buono è stato fatto finora per colpa di chissà quale disgrazia.
Ma che senso ha?
Non solo non sono confrontabili il calcio di Bagnoli con quello attuale, ma sono anche cambiati gli attori e gli avversari. Non porta da nessuna parte stabilire chi sia il migliore e se quel magico passato potrà mai essere replicato. D'altra parte, arrovellarsi sul come si concluderà la stagione dipende esclusivamente dal nostro stato d'animo. Ma perché dover per forza anticipare i tempi? Cosa mi perdo nel frattempo?
C'è una specie di pudicizia, di vergognosa paura di godersi l'attimo, da parte di chi affronta il presente in funzione di un passato cristallizzato e privato di ogni passione e sorpresa (quelle sono state vissute quando allora era presente) o di un futuro incerto e sospeso. Ma come? Dopo aver passato le pene dell'inferno con tutta quella serie di presenti terribili e pieni di sofferenza, adesso ci si vuol negare il piacere di vivere attimi così emozionanti e divertenti? perché abbiamo paura dell'intensità odierna? Temiamo di non essere pronti?
Concludo chiamando nuovamente in causa sant'Agostino con la famosissima Signore fammi casto, ma non oggi. L'invito è quello di cogliere ciò che accade da protagonisti e di non perdersi niente. Sia i momenti difficili che quelli entusiasmanti. Si vive una volta sola nella vita: adesso.