Oggi compie 80 anni una leggenda dell'Hellas Verona, Giancarlo Savoia, che è stato il capitano dei gialloblù nella stagione di serie A 1968-69.
Hellastory lo ha incontrato nella sede dell'ASD Ex Calciatori Hellas Verona, di cui è uno dei pilastri sin dalla fondazione dei Gialloblù 70. Giancarlo Savoia si è prestato con la consueta disponibilità e simpatia che ne ha contraddistinto tanti anni di carriera da professionista, durante i quali non si è mai negato per un saluto o un autografo ai tifosi.
Per presentare Giancarlo Savoia potrebbe bastare citare i suoi numeri: 67 partite in serie A, 307 partite in serie B con 11 gol. In carriera ha raccolto 5 promozioni di cui 3 dalla serie B alla serie A (Verona 1967-68, Atalanta 1970-71, Perugia 1974-75), 1 dalla serie C alla serie B (Rimini, 1975-76), e 1 dalla serie D alla serie C (Forlì, 1976-77). Con il Verona ha esordito appena sedicenne e ha collezionato 243 presenze e 11 reti (10 in serie B e 1 in Coppa Italia). E' fra i primi 10 giocatori nella storia del Verona per numero di presenze e, tanto per intenderci, davanti a Volpati e Fanna, ma dietro Tricella.
Giancarlo Savoia però non sembra tanto convinto delle nostre statistiche:
Ma davvero Tricella ha più presenze di me con il Verona?
Sì, anche perché, a differenza tua, ha sempre disputato stagioni intere non avendo avuto infortuni, e inoltre ha molte presenze nelle coppe, incluse 56 partite in Coppa Italia.
Ti mostriamo una foto del tuo primo anno in prima squadra. Per la precisione, questa è la formazione che Bizzotto manda in campo nelle ultime decisive partite.
Mi ricordo benissimo la stagione dell'esordio, campionato di serie B 1960-61: ci salvammo vincendo le ultime cinque partite di fila. A cinque giornate dal termine eravamo già praticamente in serie C, ma poi abbiamo fatto un miracolo. Non ci sperava più nessuno.
Il primo allenatore ad aggregarti alla prima squadra fu il Campione del Mondo Aldo Olivieri. Ritiro precampionato a Caprino, estate 1960. Che ricordo hai?
Il ricordo di una sparizione: Olivieri fu allontanato dopo la prima giornata di campionato, una pesante sconfitta con il Palermo, e non lo vedemmo più. Non fu l'unico: un paio di anni dopo capitò la stessa cosa con Edmondo Fabbri, che ci aveva allenato per tutta la preparazione e aveva guidato la squadra dalla tribuna per le prime partite mentre in panchina sedeva Guido Tavellin. Poi pure lui sparì, di punto in bianco. Venimmo poi a sapere che era stato contattato dai vertici federali per allenare la Nazionale.
2 aprile 1961. Verona-Reggiana 2-3, segni il tuo primo gol con il Verona a 17 anni e un mese di età. Meglio di te aveva fatto solo Toni Bonesini nel 1927 ma non c'era ancora la serie A, altri tempi. Un record destinato probabilmente a durare. Tanto per dire, in serie A il marcatore più giovane è Moise Kean a 17 anni e 7 mesi.
Un record difficilmente battibile, in effetti oggi è difficile esordire giovani, ma soprattutto non ci sono più tanti giovani veronesi che arrivano alla prima squadra. Nei miei anni, oltre a me, erano arrivati in prima squadra i vari Cera, Maioli, Bertucco, Bonatti, tutti provenienti dal settore giovanile.
Nel 1961-62 il Verona ti manda in prestito alla Pistoiese dove gioca anche Mazzanti. Che ricordo hai di quella esperienza?
Fu una stagione molto importante per la mia formazione come calciatore. Andai a Pistoia con un altro gialloblù, Franco Rampazzo, reduce da un infortunio nella stagione precedente. Al mio esordio stagionale andai subito in gol nella vittoria 3-2 contro il Livorno, segnando di testa. La partita dopo invece fu un brusco ritorno sulla terra: perdemmo 4-1 ad Ancona contro la capolista Anconitana, e oltre a prendere quattro gol prendemmo un sacco di botte al punto che aspettammo il ritorno con ansia per prenderci la rivincita. Al ritorno vincemmo per 4-0 e fui proprio io a segnare il primo gol. Giocammo buona parte della partita a torello nell'area dell'Anconitana.
Nel frattempo, il Verona si stava giocando la serie A: era la stagione dell'incredibile finale con il recupero perso contro il Napoli, fra mille polemiche per il tentato illecito.
Quello che so è che davvero la partita fu rinviata la prima volta perché il campo era impraticabile e si era deciso di non aprire il tombino al centro del campo. Il vecchio Bentegodi, a differenza di quasi tutti i campi realizzati a "schiena d'asino", era concavo verso il centro del campo dove c'era una botola che aiutava a far defluire l'acqua piovana. Quella volta non fu aperta.
Stagione 1962-63. Ritorno a Verona, doveva essere l'anno di Edmondo Fabbri allenatore. Intanto però sei diventato un titolare della squadra. Quando avviene il passaggio da mezzala a libero?
Fu grazie a Guido Tavellin che accettò di farmi giocare con le riserve di rientro da un infortunio per distorsione. Ero stanco di fare allenamenti e di girare a vuoto attorno al campo, e chiesi a Tavellin di portarmi in amichevole a Montecchio Maggiore. "Mettimi dietro i difensori, fammi riprendere confidenza con il campo". Giocai così bene che da quel momento non tornai più a fare la mezzala.
Nel 1964 sei nella lista dei P.O. per Tokyo 1964 ma la Federazione rinuncia per l'accusa di professionismo.
Ero nel giro della Nazionale già dai tempi di Pistoia quando avevo giocato con la Rappresentativa di serie C contro Malta. Purtroppo nel 1964 per proteste delle nazioni dell'Est e per effetto di una presunta lettera anonima arrivata al CONI, si decise per evitare ogni polemica di rinunciare alla partecipazione all'Olimpiade. La squadra di calcio aveva già staccato il pass nel torneo di qualificazione.
Altra foto, questa in maglia azzurra: 21 gennaio 1966, Under 23 al Bentegodi. Italia - Romania 2-1.
Bella squadra; con diversi giocatori che sono passati per Verona, come Zigoni, Dell'Angelo, Mancin e Bonfanti. E una settimana dopo giocammo anche la seconda partita del torneo, a Modena contro l'Austria. Fra le due gare rimanemmo a Coverciano in ritiro, e fu lì che nacque la voce di una storia con la Cinquetti.
Gigliola Cinquetti? Racconta...
Alla sera, dopo l'allenamento, ci trovavamo in sala biliardo a guardare la TV. C'era il Festival di Sanremo del 1966, che venne vinto da Gigliola Cinquetti in coppia con Domenico Modugno. Ero l'unico calciatore di Verona, e i compagni cominciarono a scherzare: "Ma come? Non conosci la Cinquetti? Impossibile...". Qualcuno ebbe allora l'idea di farmi uno scherzo e mi fecero chiamare dal centralino di Coverciano annunciando una telefonata di Gigliola Cinquetti che voleva parlare con me. Inutile dire che la cosa giunse all'orecchio di un giornalista ed ecco servita la storia di Savoia e Cinquetti fidanzatini veronesi. Pensate che addirittura il periodico Bolero pubblicò la notizia e venne un giornalista a cercarmi a casa. La Cinquetti non l'ho mai nemmeno incontrata.
Stagione 1966-67. Altro anno di sofferenza, subentrano Pozzan e Liedholm all'esonerato Tognon, ma il Verona si complica la vita perdendo in casa col Messina e poi lo scontro diretto a Pisa. All'ultima giornata con il Livorno è praticamente uno spareggio, e un tuo gol dopo appena 2 minuti mette la strada in discesa. Finirà 3-0, Verona salvo. E' anche il tuo ultimo gol con il Verona.
Segnai praticamente alla prima azione di gioco, partendo dalla difesa, feci un paio di triangoli con i compagni e mi presentai in area segnando il gol dell'1-0. Un'altra salvezza sudata. [1]
Nell'estate del 1967 Garonzi prende in mano la società e allestisce la squadra per tentare la scalata alla serie A. E, nonostante un finale non scontato, con una vittoria a Bari e un successo in campo neutro sul Padova, il Verona conquista la promozione.
Liedholm era un allenatore serio e instancabile. Con lui il ritiro non finiva mai, molte volte ci portava a Bardolino o a Rovereto per preparare le partite. Ad un certo punto, dopo quasi 6 mesi in cui passavamo a casa sì e no mezza giornata alla settimana, andammo da lui a dirgli: "Mister, basta, ci siamo stufati di andare in ritiro". E lui, con la sua immancabile flemma, la prese bene: "Non c'è problema, se non volete venire non fa niente. Io comunque vado sul pullmann nel caso cambiaste idea".
Che rapporto avevi con Garonzi?
Con Garonzi non ho mai avuto problemi, anche perché non avevo pretese sull'ingaggio e mi accontentavo. A me piaceva giocare a calcio, tutto il resto passava in secondo piano.
Altra foto. Stagione 1968-69, serie A. Savoia capitano del Verona.
Il 5 febbraio 1969, nel derby con il Vicenza, l'infortunio che pone fine alla tua avventura con il Verona.
Ho fatto tutto da solo, anche se i giornali locali parlarono di intervento duro di Vitali del Vicenza. Entrando in scivolata vicino alla linea di fondo, ho piantato il piede a terra e ho riportato la frattura del perone. Mi portarono subito a Malcesine dal prof. Marega che mi operò e mi disse di portare il gesso per 2 mesi. Quando gli chiesi se mi potessi muovere, non mi diede limitazioni, quindi io appena mi sentii un po' meglio andai a correre in montagna e dovetti andare a rifarmi il gesso. Ho saltato tutto il girone di ritorno del 1968-69 e tutta la stagione successiva.
Nel 1970-71 riparti con l'Atalanta. Tre stagioni a Bergamo con pronto ritorno in serie A. Una bella rivincita nei confronti di chi pensava che non avresti più giocato a calcio.
Nell'estate del 1970, dopo che mi ero ripreso dall'infortunio, aspettavo una chiamata del Verona, che non arrivò mai. Renato Lucchi non mi convocò al raduno, e la società mi aveva scaricato perché pensava che non sarei più tornato ai livelli di prima dell'infortunio. Per fortuna a Bergamo c'era come direttore sportivo Franco Previtali che era cognato di Bonazzi, e che si informò su di me. "Se di Savoia non ve ne fate niente, datecelo all'Atalanta". E così mi ritrovai a ripartire dalla serie B con la maglia dell'Atalanta. Fu una fortuna per me anche dal punto di vista economico, perché ero pagato meglio che a Verona.
A Bergamo, sotto la tua "regia", si forma un giovane Gaetano Scirea.
Sì, mi ricordo che esordì in serie A nella prima partita di campionato del 1972-73. L'Atalanta andava a Cagliari e di fronte c'era Gigi Riva. Io ero fuori per un infortunio al braccio. Finì 0-0 e divisi il premio partita con Scirea, perché al tempo solo i titolari ricevevano il premio partita.
Fra tanti record positivi, anche un record negativo: eri in campo il giorno di Milan - Atalanta 9-3, ancora oggi un record di marcature in serie A in una partita.
Perché negativo? A distanza di tanti anni è ancora una partita citata da tutti, per cui per me è una cosa positiva...
Nonostante una partenza negativa, l'Atalanta 1972-73 arrivò a tre giornate dalla fine a metà classifica, con ben 5 punti di vantaggio sulla terzultima, il Vicenza. Cosa successe in quel maggio 1973? Mentre Verona celebrava la partita del secolo battendo 5-3 il Milan, a Bergamo un'autorete di Vianello regalò la serie A al Vicenza e condannò l'Atalanta.
Io non ero in campo in quella partita. Sembravamo già salvi nonostante un campionato piuttosto complicato, ma sul finale successe di tutto. Nell'ultima partita giocò libero Scirea. [2]
Dopo la retrocessione in B con l'Atalanta, passi al Como per la stagione 1973-74. Pronti via, e alla prima giornata si gioca Como-Atalanta, risolta da un tuo gol. L'unico fra i professionisti non segnato con la maglia del Verona. Il giornalista Maurizio Refini della Gazzetta dello Sport scrive: "Giancarlo Savoia, calciando di sinistro - cioè il piede che gli serve sì e no per camminare - dopo sei anni, torna a segnare un gol, che è la sconfitta dell'Atalanta, la vendetta dell'ex, il colpo del ko..."
In realtà sono sempre stato ambidestro. Il Como quell'anno fece un ottimo campionato, sempre nelle prime posizioni, con allenatore Pippo Marchioro. Alla penultima giornata andammo a Reggio Emilia e mi tennero fuori. Perdemmo per 2-0 e addio serie A.
A Como sei rimasto solo un anno.
Nel 1974-75 Ilario Castagner, che era stato allenatore in seconda e allenatore delle giovanili a Bergamo, accettò l'incarico di allenatore del Perugia e mi convinse a seguirlo. Da Como, insieme a me, arrivò anche Renato Curi. Quel Perugia si era rinforzato molto in estate, fra gli altri erano arrivati Sergio Pellizzaro dall'Atalanta, Pierluigi Frosio dal Cesena, il portiere Renato Marconcini dalla SPAL. Fra i giovani della squadra anche Walter Sabatini, oggi dirigente della Salernitana. Dal Cesena arrivò pure il direttore sportivo, Silvano Ramaccioni. La squadra sulla carta poteva lottare per la serie A, ma rischiò di non iscriversi nemmeno in serie B a causa di un'inchiesta su Parma - Perugia dell'anno prima. Poi per fortuna tutto si risolse a favore del Perugia. [3]
8 giugno 1975, sei in campo nella partita che rischia di lasciare il Verona in serie B. Il Perugia vince il campionato, il Verona è rimandato allo spareggio di Terni. Avresti mai pensato di arrivare a vincere in casa di un Verona costruito per la serie A?
Giocammo una gran partita e vincemmo per 2-0 con doppietta di Renato Curi. E quello era davvero un Verona molto forte. In quella partita giocai a tutto campo, ci tenevo a far bella figura davanti al pubblico di Verona. Non sono stato molte volte da avversario al Bentegodi, ma il pubblico mi ha sempre accolto con affetto.
23 maggio 1976 - Il Rimini conquista per la prima volta nella storia la promozione in serie B. Cosa ti ha spinto a scendere di categoria in serie C a 31 anni, nonostante avessi appena conquistato la serie A sul campo con il Perugia?
A 32 anni, non mi sentivo più di affrontare un campionato impegnativo come la serie A. Nonostante quello che potessero pensare i tifosi e gli addetti ai lavori di Perugia, in carriera avevo avuto molti infortuni seri. A parte il perone e il braccio, ho anche subito la frattura dello zigomo e del mento. A Rimini c'era un bel gruppo, con anche un paio di ex gialloblù, Cinquetti e Fagni.
Ultima tappa della carriera a Forlì dove arriva un'altra promozione dalla serie D alla serie C. Poi hai mai pensato di fare l'allenatore fra i professionisti?
Sinceramente per un periodo ci ho pensato, ma avevo capito che per far strada dovevi avere le conoscenze giuste e non ero il tipo da intraprendere questa carriera. Ho allenato i ragazzi in Provincia per qualche anno, per esempio a Cerea e a Cologna Veneta.
Che giocatore era Giancarlo Savoia?
Innanzitutto, il miglior libero della storia - scherza divertito - davanti anche a Beckenbauer e Scirea. Ero un giocatore che univa una buona tecnica ad una visione di gioco intelligente. Cercavo sempre di anticipare le mosse degli avversari, di capire dove sarebbe andato a finire il rinvio del portiere o un lancio lungo e, quando eravamo in possesso di palla, studiavo l'azione in modo da sapere già dove smistare il pallone quando mi arrivava. Non chiedetemi se c'è un giocatore nel calcio di oggi che mi assomigli, il calcio moderno è completamente diverso da quello dei miei tempi, oggi si predilige l'aspetto atletico.
Leggiamo da Il Nuovo Adige del 3 febbraio 1969, dopo una vittoria del Verona per 1-0 sul Napoli. Luciano Falsiroli scrive: "Con Savoia siamo sempre alle solite, allergico alle palle facili.."
E' in parte vero, qualcuno diceva "Ecco, anche oggi ha fatto la savoiata, adesso siamo a posto". Succedeva che in disimpegno potevi sbagliare un appoggio, ma mica prendevamo gol a ogni mio passaggio sbagliato! Poi, secondo me, avevo abituato giornalisti e tifosi troppo bene, per cui i miei errori risaltavano di più. In genere non sbagliavo."
Che rapporto avevi con i giornalisti? E con i tifosi?
In tutta la mia carriera mi sono sempre fatto apprezzare per le mie caratteristiche di tenacia e serietà professionale. Se un calciatore ce la mette tutta, al di là dei risultati, il pubblico e la stampa lo rispettano. Ancora oggi, a distanza di oltre 50 anni dalla mia ultima partita con il Verona, i tifosi mi invitano alle cene. Qualcosa vorrà pur dire, no?
L'avversario più difficile da affrontare?
C'erano degli attaccanti potenti come Riva, Boninsegna e Clerici, che era impossibile spostare. Quando ricevevano palla erano immarcabili. Gianni Bui era un altro tipo di giocatore, di testa era fortissimo.
E i campi più ostici in cui giocare?
Alcuni campi del Sud erano veramente infuocati anche per l'accoglienza che ti riservavano i tifosi locali fin dall'arrivo in città. Spesso si passava la notte insonne perché i tifosi avversari venivano sotto l'hotel dove alloggiavamo e suonavano i tamburi per tutta la notte. Ricordo poi che a Messina il campo era così vicino agli spalti che era capitato che, tirando una rimessa laterale, i tifosi ti strappavano il pallone dalle mani.
E il Bentegodi?
Per me era più bello giocare al vecchio Bentegodi, dove il pubblico era più vicino e si sentiva di più il suo supporto. Il nuovo Bentegodi poi per me è rimasto anche legato all'episodio di Verona-Lecco del 1968, quando Facca perse un occhio. Quel bottiglione in frantumi avrebbe potuto colpire chiunque, eravamo tutti in gruppo verso gli spogliatoi. Fu un momento davvero drammatico.
Abbiamo citato tanti allenatori, qual è quello che ricordi con più affetto?
Senza dubbio Romolo Bizzotto, che fu il mio primo allenatore nelle giovanili del Verona e poi mi lanciò in prima squadra a soli 17 anni. Io arrivai alle giovanili del Verona nell'anno 1958, ci si allenava a Borgo Roma nel campetto vicino alla caserma dei Vigili del Fuoco. E, dato che l'autobus per Bussolengo partiva solo alle 18, io spesso avevo una sessione extra-allenamento per dare una sistemata al campo. Si legava una rete dietro una Lambretta e si spianava il terreno. Durante i primi allenamenti con la prima squadra, mi ricordo ancora i calcioni che mi tirava Giancarlo Beltrami. L'allenatore gli diceva: "Non te la prendere con Savoia, non è mica colpa sua se non riesci a fermarlo..."
Giancarlo, mai stato espulso in carriera?
Sì, una volta sola, da Rosario Lo Bello (figlio), a Parma, in una partita di Coppa Italia del 1974-75, quando giocavo con il Perugia, ma fu un errore. Ci fu una mischia e Lo Bello venne da me sventolandomi il cartellino rosso sotto il naso. Michelotti (arbitro di Parma) era in tribuna e scese negli spogliatoi per parlare con Lo Bello. Alla fine, non fui squalificato ma solo diffidato.
Hai conquistato tante promozioni, quali sono i ricordi legati ai successi sul campo?
Tutti i successi sono legati ad un gruppo vincente. Se non c'è armonia fra i giocatori è impossibile fare risultati importanti. In tutte le squadre dove ho vinto campionati ha sempre prevalso lo spirito di gruppo sull'individualità dei singoli.
Paolo
NOTE
[1] Leggiamo dalla cronaca de Il Nuovo Adige del 19 giugno 1966 la descrizione del gol di Savoia, definito come migliore in campo: "Non trascorre un minuto che il Verona rompe il ghiaccio. L'azione prende avvio da Petrelli che risponde all'invito di Savoia con un passaggio dosatissimo. Il "libero" vola letteralmente palla al piede verso l'area avversaria. Supera due avversari e "pesca" al limite Bonatti: l'interno riesce a restituirgli palla e Savoia sempre in corsa batte da posizione centrale Pezzullo. Lo stadio esplode". Quel giorno allo stadio circa 13.000 spettatori.
[2] Sulla retrocessione dell'Atalanta al termine del campionato 1972-73 pesa anche la mancata denuncia della società orobica di un tentativo di illecito sportivo da parte di un dirigente della Sampdoria. Prima dell'ultima giornata di campionato, un dirigente della Sampdoria offre un "lauto incentivo" all'Atalanta per battere il Vicenza e favorire la salvezza dei liguri. A Bergamo rimangono piuttosto sorpresi, visto che pure l'Atalanta è in lotta per la salvezza e, in caso di sconfitta con il Vicenza, rischia la retrocessione. Non ha bisogno di incentivi e non se ne fa nulla. Sul campo però il Vicenza vince, e anche la Sampdoria vince a Torino. A retrocedere è proprio l'Atalanta che, nei giorni seguenti, denuncia il tentativo della Sampdoria. I vertici federali ci pensano su: se penalizzano la Sampdoria, ad avvantaggiarsi sarebbe proprio l'Atalanta che però è colpevole di omessa denuncia. Si decide di penalizzare di 3 punti la Sampdoria per il campionato a seguire, 1973-74. L'Atalanta retrocede in serie B. Da notare che la Sampdoria, nel successivo campionato, sarà nella veste di accusatrice del Verona per la telefonata Garonzi - Clerici, e conquisterà per il secondo anno consecutivo una salvezza a tavolino.
[3] Il 16 giugno 1974, all'ultima giornata di campionato di serie B, con Bari e Catania già retrocesse in serie C, rimane da assegnare un posto per la terza retrocessione. Nel giro di 2 punti ci sono Atalanta, Catanzaro, Brindisi, Reggiana, Perugia e Reggina. Il Perugia fa il suo compito andando a vincere a Parma (già salvo e in posizione di medio alta classifica) per 2-0; la Reggina batte il Brindisi 1-0. Anche Atalanta e Catanzaro muovono la classifica per cui alla fine arrivano a pari, a quota 34 punti, Brindisi, Perugia e Reggina, e sono i calabresi a dover retrocedere per differenza reti. In estate però scoppia lo "scandalo del casello di Parma" e il Perugia viene deferito per illecito sportivo relativo alla gara di Parma. La denuncia era ovviamente partita dalla Reggina per mano del Presidente Granillo, ed era stata sostenuta dalla Gazzetta dello Sport. Per gli umbri si profilava lo spettro di una pesante sanzione con retrocessione in serie C. I legali del Perugia riescono però a smontare le dichiarazioni dei testimoni e a portare anche l'opinione pubblica, Gazzetta dello Sport inclusa, dalla loro parte. Uno dei testimoni portati dalla Reggina ammette che gli avevano promesso una Mercedes se la Reggina fosse stata ripescata. Il Perugia alla fine rimane in serie B e può dare inizio alla scalata alla serie A.
Tutti i numeri di Giancarlo Savoia
Hellastory, 28/2/2024
ZANETTI, ABBIAMO UN PROBLEMA DIETRO?
Lazio e Torino, che peraltro sono formazioni superiori, hanno evidenziato un tema già affrontato durante l'estate: la difesa. È innegabile che Sogliano abbia lavorato con maggiore attenzione alla scoperta prima e all'arrivo poi di giocatori di qualità a centrocampo e in attacco, in ottica plusvalenze. E si vede. Ogni partita scopriamo un gesto tecnico superiore alla media da parte di Harroui, Kastanos, Tengstedt, e perfino di Livramento e Mosquera. Altri ne arriveranno da nuovi giocatori che al momento non conosciamo bene perché si stanno ancora integrando. Per non parlare dell'evoluzione esponenziale di Belahyane che creerà non pochi, ma piacevoli, problemi di turnover al mister al rientro di Duda e Serdar. Sulla difesa invece non si è lavorato. O non abbastanza. Gli arrivi nel finale di Daniliuc e Bradaric non sembrano decisivi in un reparto dove Frese e Okou faticano ad adattarsi al livello del nostro campionato. E neppure i ritorni di Faraoni (bloccato a Verona solo a causa di un ingaggio pesante) e Ghilardi (mai veramente preso in considerazione) sembrano essere un valore aggiunto.
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