Proviamo una volta per tutte a fare chiarezza sulla gestione economica del Verona visto che negli articoli sui media e nei commenti sui social sembra ancora regnare la più grande confusione: il Verona è una società sana o no? Come mai, anche dopo tutte le cessioni estive, sembra ancora pensare solo a vendere?
CALCIO ITALIANO A RISCHIO DEFAULT. Innanzitutto è bene fare una premessa: nel mondo del calcio (quasi) tutti perdono soldi, e pure tanti. In particolare il calcio italiano appare strutturalmente in condizioni di default: la pandemia ha inferto un colpo quasi mortale ad un sistema che era già in grandissima crisi e che non riesce a fare i conti con la realtà, inseguendo una spirale di continua crescita dei costi operativi, in particolare per stipendi, pur vedendo costantemente contrarsi i propri introiti. Dal report calcio 2022 elaborato da PwC risultano costi della produzione cumulati del calcio professionistico italiano saliti da 4.077 milioni di Euro nel 2018-19 (ultimo anno pre-pandemia) a 4.569 nel 2020-21, a fronte di un valore della produzione sceso nello stesso periodo da 3.856 milioni di Euro a 3.469 milioni di Euro; i risultati netti cumulati sono così passati da un valore già negativo di 392 milioni di Euro nel 2018-19 ad un valore "monstre" di 1.214 milioni di Euro nel 2020-21. Conseguentemente si è ulteriormente deteriorata la situazione patrimoniale dei club professionistici italiani, che sono arrivati nel 2020-21 a cumulare debiti per 5.382 milioni di Euro. Le ricapitalizzazioni, ossia i soldi che i soci azionisti hanno dovuto iniettare a titolo di capitale nelle società per mantenerle in piedi, sono passate da un range che oscillava tra i 222 ed i 486 milioni di Euro annui nel periodo tra il 2011-12 ed il 2018-19, ad un valore di 1.046 milioni di Euro nel 2019-20 e di 1.066 milioni di Euro nel 2020-21. Quello del calcio è un business del tutto anomalo, strutturalmente in perdita e per valori sempre più significativi, che solo chi ha spalle molto larghe, o altri interessi (spesso opachi) da realizzare, si può permettere. Le cronache di queste ultime settimane, che hanno portato alla ribalta gli artifici contabili per rendere più "presentabili" i valori delle perdite a bilancio di un club come la Juventus, che pure ha una proprietà che possiede tutta la disponibilità finanziaria necessaria per fare le opportune ricapitalizzazioni, la dicono lunga sullo stato del nostro calcio.
In questo contesto, Setti, che di soldi non ne ha, vorrebbe gestire il Verona coniugando risultati sportivi ed utili a bilancio. Ci sta riuscendo? Abbiamo già affrontato il tema più volte in passato sul nostro sito, proviamo ora ad aggiornare l'analisi con un ragionamento per gradi.
UNA MARGINALITA' DI GESTIONE INSUFFICIENTE. Per provare a dare una risposta bisogna innanzitutto capire quanti soldi genera o assorbe la gestione "ordinaria" del Verona, escludendo gli effetti dei costi e dei proventi associati al tesseramento dei calciatori. Prendiamo allora innanzitutto a riferimento l'EBITDA, che è un indicatore che misura il risultato economico di un'impresa al lordo degli ammortamenti, delle imposte e della remunerazione del capitale proprio e di terzi. Si tratta dell'indicatore più usato nelle stime del valore di un'impresa, perché esprime la sua capacità di generare ricchezza per fare gli investimenti (necessari per crescere e svilupparsi; nel caso di una società di calcio, principalmente il tesseramento dei calciatori), pagare le imposte e remunerare il capitale proprio e di terzi.
Figura 1. Evoluzione EBITDA Hellas Verona 2012-2022 (valori in milioni di Euro)
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Il grafico evidenzia valori stabilmente positivi dal 2015 in poi, particolarmente buoni negli ultimi 3 esercizi; se però si escludono i proventi e gli oneri legati al tesseramento dei calciatori (plusvalenze e minusvalenze ma anche compensi per prestiti e valorizzazione dei calciatori che sempre di più entrano nelle formule "barocche" che regolano le compravendite dei giocatori) il quadro risulta completamente diverso, come mostra il grafico seguente. Nei 10 anni considerati la gestione così intesa ha assorbito circa 60 milioni di Euro perdite, con una media annua di 4,5 milioni di Euro; il risultato nell'ultimo esercizio appare in miglioramento, soprattutto per l'effetto positivo della fusione con la HV Service e del graduale superamento dell'emergenza Covid (con aumento degli introiti da stadio e la riduzione dei costi associati alla gestione dell'emergenza stessa), ma ancora negativo. Alla base di questo squilibrio c'è soprattutto il costo del personale troppo elevato, nonostante il Verona sia tra le società più virtuose della Serie A da questo punto di vista: gli ultimi 3 esercizi sono poi stati penalizzati non poco dalla scelta di Setti di attribuirsi 9,6 milioni di Euro a titolo di compensi amministratore unico (3,1 milioni di Euro nel 2019/20, 3,8 nel 2020/21, 2,7 nel 2021/22).
Figura 2. Evoluzione EBITDA senza i proventi/oneri legati alla gestione dei calciatori Hellas Verona 2012-2022 (valori in milioni di Euro)
Ne consegue che per sostenersi il Verona deve incassare dalle vendite e dai proventi legati alla valorizzazione dei calciatori molto più di quanto investe per acquistarli. A questo proposito, cosa dice lo storico degli anni di gestione di Setti? Per quanto possa sembrare strano, nel progressivo al 30 giugno 2022 il patron carpigiano per il tesseramento dei calciatori aveva speso (spesso male) un totale di 154,6 milioni Euro, un importo superiore rispetto a quanto incassato (146,7 milioni di Euro), e ciò in ragione soprattutto degli investimenti delle ultime 2 stagioni, che si sono chiuse con un saldo netto negativo rispettivamente di 14,2 milioni di Euro nel 2020/21 e di 16,1 milioni di Euro nel 2021/22.
Figura 3. Saldo acquisti/cessioni Hellas Verona 2012-2022 (valori in milioni di Euro)
Figura 4. Dettaglio acquisti/cessioni 2020/21, 2021/22 (valori in milioni di Euro)
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Per sostenere a livello finanziario questi maggiori investimenti, pur avendo una società che assorbe liquidità ancora prima di iniziare ad investire, il Verona si è dovuto indebitare sempre di più; in termini economici, l'aumento degli investimenti degli ultimi anni, si è tradotto in un peso sempre più elevato degli ammortamenti, che diventerà ancora più pressante nel bilancio della stagione in corso. Proprio l'aumento del valore degli ammortamenti relativi ai cartellini dei calciatori (da 5,8 milioni di Euro nel 2020/21 a 17,1 milioni di Euro nel 2021/22!) ha portato alla perdita netta di 5,1 milioni di Euro nell'esercizio 2021/22 (rispetto ad un utile di 1,1 milioni di Euro nel 2020/21), nonostante il miglioramento dell'EBITDA, e costringerà Setti a contabilizzare plusvalenze pari almeno a 25-30 milioni di Euro nel 2022/23 per evitare una nuova perdita che eroda significativamente il patrimonio netto (di 13,8 milioni di Euro al 30 giugno 2022), scongiurando così il rischio di dover procedere con soldi propri (che con tutta probabilità non ha) ad una ricapitalizzazione.
Figura 5. Evoluzione ammortamenti legati al tesseramento calciatori Hellas Verona 2012-2022 (valori in milioni di Euro)
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A complicare ulteriormente il quadro c'è stata poi la "vampirizzazione" della società da parte di Setti, che nell'ultimo triennio, oltre ad assegnarsi i 9,6 milioni di Euro a titolo di compensi amministratore di cui si è detto, ha fatto uscire dalle casse societarie 14,3 milioni di Euro a titolo di distribuzione di riserve di patrimonio netto. I motivi alla base di questa fuoriuscita di risorse sono noti: i contenziosi pendenti con Volpi, ma anche le magagne della Antress Industry Spa, società che ha bruciato 11,7 milioni di Euro negli ultimi 3 esercizi, costringendo Setti a ricapitalizzare le perdite per evitare il fallimento (l'ultima iniezione di denaro, dalla lettura del bilancio del 2022, dovrebbe essere avvenuta nell'ottobre del 2022, con il versamento di 2 milioni di Euro). Le dimissioni nel mese di dicembre 2022 del Ceo Enrico Vanzo e l'estremo indebitamento della società risultante dall'ultimo bilancio approvato al 31 marzo 2022 (40,4 milioni di Euro di passività, di cui 20,4 milioni di euro finanziarie, a fronte di un patrimonio netto ridottissimo, di 1,8 milioni di Euro) lasciano poche speranze sul fatto che la situazione possa risolversi positivamente a breve, specie in un contesto di deciso aumento dei tassi d'interesse, e quindi del costo del debito, e dei tassi di inflazione, con il rischio che un settore voluttuario come quello dell'abbigliamento veda una nuova riduzione dei consumi.
MISSIONE STRATEGICA: VENDERE, VENDERE, VENDERE. Una società che non ha la capacità di generare con la gestione le risorse necessarie per investire nel tesseramento di nuovi calciatori e che però ha investito più di quanto ha incassato ed ha pure deliberato di distribuire ingenti riserve di capitale non può che risultare una società estremamente indebitata, come dimostrato dal grafico seguente (le passività verso terzi sono letteralmente esplose negli ultimi tre esercizi salendo da 34 milioni di Euro al 30 giugno 2019 a 164 milioni di Euro al 30 giugno 2022!) e come testimoniato anche dai 18 milioni di Euro di debiti arretrati col fisco che inizialmente erano da versare entro fine 2022, e relativamente ai quali lo scorso autunno era intervenuta con qualche imbarazzo sugli organi di stampa il direttore generale Simona Gioè rassicurando che il Verona, qualora fosse stato necessario, sarebbe stato in grado di onorarne il rimborso. La finanziaria di fine dicembre è poi provvidenzialmente intervenuta con una "sanatoria" consistente in un condono per salvaguardare le società calcistiche dai debiti congelati: il conto da saldare è di 800 milioni di Euro di cui circa 500-600 milioni relativi a società sportive di serie A. L'emendamento prevede la rateizzazione in 5 anni delle tasse dovute dalle società sportive; chi paga tutto subito non avrà sanzioni, chi invece non dovesse rispettare le scadenze avrà una penale del 3% e dovrà versare 3 rate entro 7 giorni dall'entrata in vigore della legge.
Figura 6. Evoluzione composizione passività Hellas Verona 2012-2022 (valori in milioni di Euro)
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Pericolo scampato, per ora, ma per uscire dal pantano di una situazione che si è fatta pesante il Verona ha come unica strada quella di consuntivare cessioni per risollevare la situazione economico-finanziaria: al momento l'unica vendita contabilizzata nell'esercizio 2022/23 è quella di Casale, avvenuta in estate a 7 milioni di Euro, con una plusvalenza di 6,6 milioni di Euro. Rimangono invece ancora aperte le partite per Simeone, Caprari e Barak, iscritti a bilancio al 30 giugno 2022 per un valore totale di 18,8 milioni di Euro e che nel bilancio 2022/23, stando ai dati del sito transfermarkt, dovrebbero generare compensi per prestiti pari a 8 milioni di Euro a fronte di ammortamenti per 5,8 milioni di Euro; qualora dovessero concretizzarsi tutte e 3 le cessioni (per Caprari il riscatto è virtualmente obbligatorio, essendo legato alla salvezza del Monza, per Barak la Fiorentina ha solamente un diritto di riscatto che diventerà un obbligo solo nel caso in cui dovesse giocare più del 55% delle partite di campionato per almeno 45 minuti, mentre per Simeone il riscatto parrebbe essere quasi dovuto anche se le condizioni non sono del tutto chiare), il Verona incasserà circa 30 milioni di Euro (8+1 di possibili bonus per Caprari, 8,5+2,5 per Barak, 12 per Simeone), realizzando plusvalenze per 17-18 milioni di Euro (rispetto al valore di carico che avranno i calciatori a fine esercizio al netto degli ammortamenti). Sulla base dei dati sopra esposti, che prevedono una proiezione nel 2022/23 di 25,4 milioni Euro di soli costi per ammortamenti (si tratta però di un dato solamente stimato sulla base delle informazioni disponibili), le plusvalenze esposte non sembrerebbero ancora sufficienti per evitare la chiusura in perdita dell'esercizio. Ma è più in generale la situazione debitoria a richiedere ulteriori sacrifici (come sottolineato dalla stessa relazione sulla gestione allegata al bilancio 2022), tanto più che a seguito della chiusura del bilancio 2022, stando sempre ai dati di transfermarkt, il Verona ha fatto altri acquisti per 16,8 milioni di Euro (5 milioni di Euro per Henry, 4 per Cabal, 3,6 per Doig, 3,2 per Hien, 0,5 rispettivamente per Hrustic e Ghilardi). Tutto quanto esposto dovrebbe essere sufficiente per chiarire come il Verona sia oramai lontano dall'essere il modello di società sana dal punto di vista gestionale che qualcuno ancora si ostina a dipingere e perché in questa sessione di mercato si parli quasi solamente di cessioni. La partenza di Ilic per una cifra attorno ai 15 milioni di Euro, che genererà una plusvalenza milionaria (difficile farne una stima adeguata, considerando che una parte del valore di cessione dovrà essere riconosciuto al Manchester City), potrebbe dare il sollievo definitivo atteso per il risultato economico dell'esercizio in corso ed un po' di respiro alla situazione debitoria, che rimane comunque difficilmente sostenibile nel lungo periodo, specie di fronte al rischio concreto di una retrocessione in Serie B (che avrebbe effetti drammatici sui conti della società e sul valore del suo parco calciatori), ed alla concreta possibilità che Setti sia ancora costretto per un bel po' di tempo a drenare risorse dal Verona per coprire le perdite dei suoi altri investimenti. Una situazione, quella del patron carpigiano, davvero da far perdere il sonno la notte. Forse anche per questo, negli ultimi giorni, hanno fatto di nuovo capolino le voci su una possibile cessione della società, l'unica strada che consentirebbe a Setti una via di uscita sicura, senza correre il rischio che, viste le molte partite aperte in condizioni più che precarie, la prossima avversità (la retrocessione?) possa far saltare il banco.
Enrico
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