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HELLAS VERONA / Le Ultimissime

UNA FOTO, UN CAMPIONE, DUE FASCE

La polemica per la fascia di lutto dimenticata era inevitabile. Vogliamo solo evitare che, nel parlare della società, si finisca col rubare lo spazio che ora è corretto dare al ricordo di Mascetti. Se un insegnamento c'è, può essere trovato nella storia dei nostri colori. Partiamo da una foto.

UNA FOTO, UN CAMPIONE, DUE FASCE

Emiliano Mascetti all'ingresso in campo, con la fascia di capitano e una fascia da lutto. Era il 13 marzo 1977, Fiorentina – Verona. Tre giorni prima era morto in modo drammatico Mario Giacomi, ex portiere del Verona.

Circa quarantacinque anni dopo, Verona e il Verona piangono la scomparsa di Emiliano Mascetti, il capitano di questa bella foto. Dopo 11 stagioni da calciatore e 330 partite che ne fanno il secondo giocatore gialloblu in assouto in termini di presenze, alle spalle di Luigi Bernardi. Mascetti detiene ancora oggi il record del maggior numero di partite in serie A con la maglia del Verona: ben 232. E, prima di Luca Toni, era pure il miglior realizzatore nella storia del Verona in serie A: 35 gol. Non serve aggiungere altro, Massimo nel suo articolo di giovedì lo ha già consacrato nella categoria degli eroi. A pieno merito.

Eppure, a Milano, il Verona scende in campo senza la fascia di lutto al braccio. Non ci interessa granché discutere del fatto che almeno 2 generazioni di tifosi non abbiano visto giocare Mascetti. Con queste logiche, possiamo anche togliere il 25 aprile dalle feste pubbliche. Mascetti e la sua famiglia meritavano più rispetto. Anche molti tifosi si sentono traditi, inutile nasconderlo.

Non sappiamo chi dovesse preoccuparsi di verificare se le fasce da lutto per onorare la memoria di Mascetti fossero al seguito della squadra.

Guardando la foto di Firenze del 13 marzo 1977 è però impossibile non avere questo pensiero: «Ciccio» Mascetti non se la sarebbe mai dimenticata quella fascetta. Me lo immagino salire sul pullman diretto allo stadio già con il lutto al braccio sulla camicia.

La foto inquadra uno scorcio del Comunale di Firenze (sarebbe diventato Artemio Franchi solo nel 1991) praticamente tutto viola: i tifosi, quasi tutta la formazione della Fiorentina. Del Verona ci sono solo Mascetti e Maddè che, nell'atto di sistemarsi un calzettone gialloblu, si gira di spalle quasi a voler lasciare la scena tutta per l'orgoglio del capitano. Mario Giacomi non avrebbe potuto aver migliore capitano, nella storia del Verona, per onorarne la memoria quella triste domenica di marzo del 1977.

Torniamo a Inter – Verona. All'ingresso delle squadre nella ripresa, la prima cosa che ho notato era la dimensione esagerata delle fasce di lutto. Sembravano dei manicotti da sfigmomanometro. Farebbe anche ridere questo parallelo, se la cosa non fosse seria. Ma noi non la vogliamo fare più seria o più grave di quello che è: ovvero, una figuraccia per la società.

Negli anni Ottanta, quelli in cui Mascetti da Direttore Sportivo sedeva in panchina con Bagnoli nel Verona dello scudetto, diventò iconica una pubblicità, quella del pennello Cinghiale. Un imbianchino bloccava il traffico di una città portando sulla bicicletta un pennello di dimensioni sproporzionate. Il vigile lo ammoniva bonariamente dicendogli che per tinteggiare una parete grande «non ci vuole un pennello grande, ma un grande pennello». Ecco, per onorare la memoria di una grande uomo, non serviva una grande fascia, ma una fascia elegante. Anzi, bastava ricordarsela.

Paolo

NOTA: la foto è apparsa qualche tempo fa su una pagina facebook ora non più attiva. Non siamo pertanto in grado di citarne la fonte.

Hellastory, 11/04/2022

IL VERONA E' UN ASSET


Ogni passaggio di proprietà rappresenta per il tifoso la chiusura di un'epoca. Si perdono i riferimenti emotivi, si aprono nuove speranze, si teme sempre un po' anche per la competenza dei nuovi arrivati. Poi c'è il giudizio storico della (lunga) parentesi settiana definito dai suoi risultati sportivi, dalla permanenza in serie A, dallo spettacolo calcistico offerto (in termini di giocatori che lo hanno espresso e dei tecnici che lo hanno preparato), dall'immagine complessiva che ha ritratto il Verona sotto il suo comando. In tutto questo c'è soprattutto una stagione aperta e una salvezza da conquistare. Insomma, all'assalto del tifoso convergono tutta una marea di sensazioni nuove che eccitano ancora di più lo stato d'animo. Più una, alla quale non eravamo abituati: il passaggio da una proprietà individuale ad un fondo di investimento americano (private equity). Mettiamo subito in chiaro un punto: ogni passaggio di proprietà, a prescindere da quello che accadrà in seguito, è sempre un'ottima notizia. È sufficiente realizzare da una parte che il vecchio ha alzato bandiera bianca di fronte alla gestione del quotidiano, sempre più difficile da sostenere, e alla difficoltà di assicurare un futuro in linea con gli anni passati, soprattutto in un periodo economico caratterizzato dall'aumento dei costi e stressato dal Covid prima e dagli alti tassi di interesse poi. Dall'altra, il nuovo arriva con la certezza di fare bene portando con sé nuove risorse, entusiasmo e voglia di fare. Uscire al momento giusto poi aiuta tutti, tifosi compresi.

[continua]

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