Non si costruisce nulla di decisivo se non su un «malgrado tutto» - Nietzsche
Durante la partita Hellastory si accende. Se il Verona gioca in casa, chi è allo stadio è investito da mille domande. Nessuna tecnico tattica, solo pettegolezzi. Poi, una volta iniziata la partita lo smartphone rimane aperto per partecipare al casino che c'è in redazione. Perché, nel frattempo, qui succede di tutto e ciascuno di noi dà il peggio di sé. Si passa dagli attacchi di panico alla mortificazione più assoluta, dall'auspicata soppressione fisica di avversari, arbitri, VAR e alle volte persino ... di qualche giocatore gialloblù al trionfo dell'Aida. Tutto è in bilico fino alla fine: dalla vita alla morte e viceversa nel corso di 95 minuti. Se poi, per disgrazia, qualcuno è assente per pallosissimi obblighi irrinunciabili (in genere familiari, cosa altro?) allora parte una specie di radiocronaca che non fa altro che sottolineare esclusivamente gli stati d'animo, più che le azioni di gioco vere e proprie. Non si capisce niente e alla fine lo sventurato chiede: ma insomma, abbiamo vinto o abbiamo perso? Alla fine, siamo tutti sfatti. Sì, c'è sempre quello che filosofeggia «a sangue freddo», che offre il solito commento sensato 3 ore dopo, che fa finta di non aver sofferto-urlato-gioito come un cane. Ma nessuno gli dà più peso: quello che c'era da dire è già stato detto. Dobbiamo pensare alla prossima.
Finiamo il giro con gli smanettoni del team: Matteo e Andrea. Presenze fondamentali.
Dedicato a Matteo: Il barbiere di Siviglia: Atto 1, Cavatina: Largo al factotum della città
Matteo ha il pregio di riportarci al presente. E' l'ultimo arrivato ad Hellastory e, non avendo particolari ambizioni di diventare il nuovo Gianni Brera del calcio gialloblù e neppure di essere l'agguerrito cronista d'assalto che brucia gli altri sul tempo, all'inizio non riuscivo a comprendere 1) cosa fosse venuto a fare e 2) chi volesse essere. C'è voluto poco, però. Lui rappresenta infatti tutto quello che mancava e lo fa con un entusiasmo impressionante. Recupera dati, corregge il sottoscritto nei (sempre più frequenti) gap di memoria, vede ovunque ci sia qualcosa da vedere, organizza le riunioni online, parla con i giornalisti veri e ha persino rapporti con il Verona (o presunti tali). Ecco perché l'ho soprannominato Teo c'è.
Matteo è un tifoso entusiasta. Tutto è energia positiva intorno a lui. E' difficile immaginarsi che non stia sorridendo in mezzo a noi, con lo sguardo o semplicemente con il cuore. E' un po' il nostro Powerbank. Ci voleva.
Il suo più grosso problema è il pessimo senso di humor che ha: quando posta una delle sue vignette, che dovrebbero tirare su il morale alla truppa, mi viene una crisi di nervi. E' un umorismo talmente demenziale il suo da incendiare raptus omicida da parte mia. All'inizio sopportavo a malapena, ma ho resistito poco, ora lo massacro di brutte parole. Il sospetto è che, agli occhi degli altri, sia diventata più divertente la mia reazione rispetto al contenuto (veramente scadente) delle sue battute. A pensarci bene, anche Matteo è un provocatore nato e io la sua vittima. Geniale!
Dedicato ad Andrea: Stuck in a Moment You Can't Get Out Of (U2)
Hellastory non sarebbe esistito mai senza Enrico e Francesco. Ma non sarebbe quello che è senza Andrea, il nostro maiuscolo webmaster. Andrea è quello che concretizza i nostri progetti: stabilisce ciò che si fa e come si fa (anche perché poi è compito suo realizzarlo), tiene la (misera) cassa del sito, ha insomma un potere immenso sulla nostra creatività che esercita con distacco e sospetto. Come tutti i censori è incorruttibile e recita alla perfezione il ruolo conflittuale che abbiamo quotidianamente in ogni azienda verso il comparto IT. Non capiamo se vivono sulla Luna, secondo quali logiche agiscono, quale è la loro missione, ma non possiamo farne a meno. Il dio del business e della creatività è un dio subordinato a quello della tecnologia. Certo, occorre avere molta pazienza per sopportare i nostri capricci, è vero. E anche una certa tolleranza per convivere (senza comprendere) con i nostri disagi tecnologici. A suo modo, quindi, è possibile che anche Andrea sia paziente e tollerante. A suo modo.
Andrea è un tifoso recalcitrante. S'impunta per principio contro questo o quel giocatore. L'arbitro, in genere, o appartiene alla categoria dell'ignorante o in quella della malafede. Il VAR è uno strumento creato scientificamente per danneggiare il Verona. Una sorta di tecnologia distorta, corrotta da menti bieche e complottiste. L'idea di un Hellas solo contro tutti gli appartiene profondamente. Dobbiamo scontare chissà quale peccato originale, oppure è solo invidia. Non ho capito. Ecco quindi che, lontano dalle competenze tecnologiche, riusciamo a riconoscere in lui un compagno di fede appassionato e coinvolto. Persino sentimentale, come abbiamo potuto apprezzare nei contributi fotografici. È double-face, insomma, ruvido e morbido. Per questo vale il doppio di noi.
Dedicato a me - tutto Miles Davis che sta dietro alle mie spalle.
Infine, tocca a me. Qualcuno mi ha fatto notare che, nella rappresentazione geometrica di Hellastory della prima puntata, gli angoli rappresentati erano 8, mentre noi siamo in 9. E io dove mi colloco? Non è questa la prospettiva corretta: il mio compito è quello di rappresentare Hellastory e i suoi componenti come li vedo io. Mettetemi ovunque, io sono sicuramente qua in mezzo. Comunque, per obiettività e per non esentarmi da complimenti e critiche, ho chiesto a ciascuno di rappresentarmi con 3 aggettivi. Allora, questo è l'elenco di come mi vedono: petulante, pignolo, poetico, brillante, colto, curioso, avvincente, cenofobico (?), innovativo, acuto, colto, mato, socialmente astuto, affidabile, esibizionista, edonista, ricco (d'animo, ovviamente), emotivo, narciso, ansioso, sagace, istrionico, irrequieto, aggregativo. Piaccia o no, questa è l'immagine che offro e pertanto non si discute. Prendo e porto a casa.
Lato mio sono un tifoso ansiogeno, lo ammetto. Meglio non starmi vicino durante la partita. Tragedie ed apocalissi si alternano a esaltazioni e compiacimenti assoluti. Non esiste un domani durante la partita. Immaginatemi durante e dopo l'incredibile rimonta del derby di Venezia ... ero da terapia intensiva.
A questo punto mi chiedo: come mai Hellastory funziona da oltre 20 anni? Quale è il suo segreto? Semplice, qui nessuno giudica l'altro. E questo ci porta ad essere onesti con noi stessi e verso gli altri. Ci si accoglie per come siamo, con le nostre imperfezioni, i nostri difetti, le nostre preoccupazioni, il nostro talento, la nostra generosità. Non ricordo un solo episodio di tensione, gelosia, prevaricazione. Io continuamente scarico idee assurde che Andrea valuta e quasi sempre boccia. E allora? Se non funzionano, non funzionano. Amen. Domani ne proporrò altre, di migliori. Questo è lo spirito. Proprio perché ognuno è accettato per ciò che è, ci siamo sempre sentiti liberi di esprimere il proprio pensiero e di raccontare di sé. In questo modo, anche dal punto di vista personale, abbiamo accolto l'occasione e la responsabilità di condividere sia i momenti difficili che quelli felici. Partecipiamo alle gioie di ciascuno, offriamo sincere parole di conforto quando c'è bisogno, ascoltiamo in silenzio. Perché anche i silenzi, quelli veri, sono forti sostegni. E si riconoscono.
E così passa anche la serata, tra una goliardia e l'altra. Una voglia di fare e un'altra di disfare.
Detto questo, mi piace concludere questa veloce escursione sul nostro quotidiano con una famosa (e quanto mai così vera per noi che siamo così social) citazione di Kundera tratta dall'Insostenibile leggerezza dell'essere: Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi: in altri termini, desidera lo sguardo di un pubblico. La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti. C'è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata. E c'è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori.
Ciascuno di noi sa esattamente, in cuor suo, quali occhi sta cercando. E anche che, qui dentro, non resterà mai al buio.
Massimo
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