Ognuno di noi, nel proprio io, ha sempre identificato la parte più segreta di sé con un giocatore. Quello che avresti voluto essere tu. Qualcuno che, quando lo vedevi giocare, o leggevi qualcosa che lo riguarda, ti toglieva il respiro. Verona è ricca di big miles, di splendide leggende, e non è difficile trovare il nostro personale riferimento. Ebbene, Ciccio Mascetti - giocatore prima, dirigente poi - è stato tutto per me.
Non so perché, ma lui era il mio Tex Willer dei fumetti, l'eroe buono che si faceva largo in un ambiente ostile, dove regnano natura inospitale e miserie umane. Eppure, ce la faceva sempre, con stile ed eleganza. Forse perché, sin da subito, ha scelto di affrontare avversari temibili e disperate lotte per non retrocedere con pochi mezzi a disposizione. D'altra parte, lui era sempre lì a difendere i nostri colori testa alta, lancio lungo, leader indiscusso in campo. Ciccio era così forte e capace di fare la differenza che spesso segnava più gol degli attaccanti suoi compagni di squadra. Non solo, gli ultimi anni della sua carriera li ha impiegati in difesa, ultimo baluardo davanti al portiere, perché il senso della posizione e l'esperienza hanno sempre fatto la differenza. Ecco perché, quando i numeri di maglietta avevano un'identità con il ruolo, l'8 di Ciccio sapeva diventare un grande 9 (magari un po' arretrato) o un insuperabile 6.
Ma la storia non finisce qui. E anche in questo sta la sua grandezza.
Ad un certo punto, infatti, il mio caro Tex, stanco di mille battaglie, lascia andare Dinamite, il suo leggendario cavallo, per meritate praterie sconfinate e si trasforma in Clint Eastwood. Ciccio siede in panchina a fianco dell'altro nostro grande mito Osvaldo Bagnoli e va a costruire un pezzo alla volta il più bel Verona della storia. Quello dello scudetto e della Coppa Campioni. Da fumetto a personaggio, sempre protagonista, con gli stessi occhi illuminati, lo stesso sguardo profondo e il Verona nel suo cuore.
La cosa che mi colpisce di più in questo triste momento è che non sto provando malinconia. Soffro sicuramente il senso di abbandono che colpisce la sua famiglia e tutti gli amici e i tifosi che lo hanno conosciuto e amato. Ma non c'è malinconia. Ciccio è stato il più grande di tutti. Quello che ha compiuto è entrato nella storia. È lì, a portata di tutti, immutabile e irraggiungibile. Per questo forse non provo alcun rimpianto o disagio per ciò che avrebbe potuto essere. La bellezza delle sue imprese e il suo sguardo fiero invece rassicurano ancora, giorno dopo giorno. È per questo che esistono gli eroi immortali.
Grazie di cuore, Ciccio.
Massimo