Mi chiede Alejandro se è veramente avvenuto, e se sì, in quale circostanza, che Zigoni, offeso per la mancata convocazione tra i titolari, si sia presentato in panchina con la pelliccia e chi era l'allenatore che aveva fatto l'affronto.
L'argomento è allettante perché riguarda sicuramente il giocatore più amato dalla tifoseria gialloblù, uno dei personaggi più bizzarri, ma anche più ricchi di classe che abbiamo avuto a Verona. Un calciatore libero ed indipendente, tante volte imprevedibile e decisamente ingovernabile per allenatori e presidenti. Un vero trascinatore delle folle.
Ma veniamo all'episodio.
E' il Campionato di Serie A 1975/76. La promozione centrata nello spareggio di Terni (1-0 al Catanzaro), induce Garonzi, il Presidentissimo di allora, notoriamente piuttosto tirchio, a non lesinare né mezzi né energie. Bisogna sceglier l'allenatore, dal mazzo di quelli a disposizione (si facevano i nomi, tra gli altri, di Giammarinaro e di Corsini) estrae a sorpresa la carta Valcareggi, tornato nel giro dopo la lunga parentesi azzurra.
L'avvento di quest'ultimo alla guida del Verona, concentra sulla società gialloblù l'attenzione di tutta la stampa nazionale. E' una mossa, quella di Garonzi, che si giustifica (oltre che nella stima per il tecnico) anche nella necessità di curare le sempre trascuratissime pubbliche relazioni, settore questo apparso spesso carente in passato.
Zio Uccio, come viene affettuosamente chiamato, ha grandissimo prestigio, sa di calcio, ha buon senso ed esperienza che gli consentono di riuscire a sfruttare al meglio le doti dei suoi uomini che quell'anno compongono una rosa certamente non trascendentale e abbastanza in là con gli anni. La salvezza arriverà infatti solo all'ultima giornata, a Firenze, con un rocambolesco pareggio (2-2), dopo essere stati sotto di due gol. E' il punto che ci salva dalla B.
La stessa partita all'andata, ultima del girone, è quella che ci riguarda.
E' il 1° Febbraio 1976 quando arriva al Bentegodi la Fiorentina di Mazzone. Il Verona è nelle zone basse della classifica, i risultati sono fino a quel punto altalenanti e lo stesso Zigoni, ancora senza reti all'attivo e già con alcune giornate di squalifica sulle spalle, è particolarmente nervoso e lontano dalla sua forma migliore (Valcareggi gli aveva addirittura preferito Macchi in un'occasione).
Era senz'altro dura gestire il nostro, sempre in ultima fila negli allenamenti a Veronello, con la sua andatura ciondolante e con la faccia di chi avrebbe voluto essere in qualsiasi altro posto, e non lì, a eseguire ordini e a far giri di campo, era proprio un animale in gabbia.
Ma adesso passo la palla a lui, che ci racconta quel che è successo.
[Giocavamo in casa con il Verona ma non ricordo contro chi.. Negli spogliatoi prima della gara Valcareggi mi dice: «Zigo, oggi non giochi». «Come, non fa giocare il giocatore più forte del mondo? Sta scherzando spero!», gli risposi molto sorpreso. Ma lui replicò sottolineandomi che la domenica precedente nonostante io fossi squalificato, la squadra aveva vinto anche senza di me e lui non aveva alcuna intenzione di cambiare quella formazione vincente. (N.d.R.: questo non corrisponde a verità perché la partita in questione è Torino-Verona 4-2 giocata il 25/01/1976).
Non c'era nulla da fare, dovevo andarmene in panchina e visto che era una giornata molto fredda decido di entrare in campo con la pelliccia ed il cappello. I miei compagni di squadra, alcuni di loro abbastanza tirchi, quasi sfidando la mia follia mi dicono: «Se entri in campo conciato così, facciamo una colletta e ti diamo 50.000 lire».
Non furono le 50.000 ma il mio cervello che aveva già deciso. Entrai in campo e ci fu un boato. Poi mi girai verso il pubblico con lo sguardo feroce. Tutto lo stadio zittì».]
Ho tra le mani un libro raccontato da Gianfranco Zigoni e scritto da Ezio Vendrame (altro tipetto estroso e pittoresco) dal titolo «DIO ZIGO PENSACI TU» (Edizioni Biblioteca dell'Immagine Pordenone, pp. 159, euro 11,00) dove si parla di tutto: di tifosi, di donne, di motori, di risse, di squalifiche, di bestemmie, di feste folli, di partite vinte e di partite perse (come si legge in 4^ di copertina), la storia, insomma, di questo straordinario personaggio.
Ma è nell'ultima pagina il «colpo di teatro», si scopre che lui non ha mai disdegnato scrivere racconti e inventare poesie, che lui da sempre ha amato Hemingway, sperando un giorno di emularlo, e accomiatandosi dai suoi lettori propone questa riflessione, che pongo anch'io a chiusura del nostro appuntamento:
IL QUARTIERE MARCONI *
La vita è un lungo cammino di speranze e di illusioni, di lotte contro fantasmi e di angeli che ti guidano. Poi il risveglio e ti sembra di non esserti mai allontanato.
Un attimo di sgomento, ora sono qui nel mio dolce quartiere, mi guardo intorno, qualcosa è cambiato, il fiume che non c'è più, qualche ruga, molti capelli bianchi, amici che non vedo, la tristezza mi pervade, il mio pensiero corre lontano, ma che sia stato solo un lungo sogno?
* E' il quartiere popolare di Oderzo, in provincia di Treviso, dove è nato e dove vive.
CARLO