Nella stagione da poco iniziata, sarà dura trovare spunti di
riflessione interessanti per i nostri «remember»
viste le squadre che ci accompagneranno in questa avventura nell’«inferno»
della terza serie.
A dire il vero, leggendo i giornali in questi giorni, i
riflettori sembrano puntati più sulla C1 che sulla serie B, che, privata delle
tre «grandi», promosse come da copione, è tornata ad essere un mesto e
ridimensionato torneo cadetto.
La serie C1, ormai, è una vetrina pregiata che fa gola a
tanti e sembra anche che i denari non manchino.
Emblematiche, nel nostro girone, le campagne di
rafforzamento di Cremonese e Padova e nel girone B, della Salernitana.
Penso, ad esempio, al tecnico del Grosseto,
Antonello Cuccureddu, che dopo aver portato la sua
squadra per la prima volta nella sua storia tra i cadetti, ha preferito restare
in C1 per sposare un progetto di rilancio del Perugia che vuole riemergere
dalle ceneri del post-fallimento dell’era Gaucci.
Dicevamo della Cremonese, che andremo
ad affrontare domenica in una sfida che rievoca i fasti della serie A degli
anni ’80. I grigiorossi del «debuttante» nel mondo
del calcio, il patron d’»acciaio» Giovanni Arvedi,
dispongono di una rosa che è un’autentica corazzata, composta
da gente come Graziani jr,
Colucci, Brioschi,
Zauli e i neoacquisti Argilli e
Cozzolino che in C ci arrivano come catapultati da un altro
pianeta.
A guidarli c’è il «Mondo», al secolo Emiliano
Mondonico, che ha deciso di scendere per la prima volta
nella sua lunga carriera da allenatore nella terza serie del professionismo,
tornato da queste parti, dopo tanto tempo, per una questione affettiva verso la
città, i suoi tifosi e una persona in particolare che non c’è più: il suo
vecchio presidente Domenico Luzzara.
Il cerchio si chiude con il Direttore Sportivo che è Erminio
Favalli.
E qui scatta l’ amarcord.
Campionato 1984/85: la Cremonese è al debutto in serie A e
nell’organigramma societario troviamo lo stesso allenatore e
lo stesso general manager.
Sono solo considerazioni, ma penso a quante volte in questi
anni abbiamo evocato i nomi di Bagnoli e Mascetti, come gli unici in grado di
risollevarci dalle nostre miserie.
A Cremona è stata fatta una scelta di cuore, a Verona, non
so come chiamarla.
Però nessuno potrà toglierci quel pomeriggio novembrino
dell’84, quando i gialloblù, pratici e sornioni,
lasciano esaurire la carica agonistica dei grigiorossi,
per poi colpirli con due fendenti micidiali che fanno il risultato. Quel giorno
uno dei primi segnali che sarebbe stato l’anno giusto: Garellik
che ipnotizza Chiorri dal dischetto, ad evitare il
pareggio e la successiva cavalcata di Briegel che
squassa la rete di Borin e fissa il punteggio.
Per finire qualche nota di colore (?) dall’archivio storico
della società.
Prima di parlare della fondazione della Cremonese è
d’obbligo una premessa. Nel 1902 nasce a Cremona la «Società del litro». Il
brindisi rappresenta, infatti, il comune denominatore dei fondatori i quali,
oltre alle danze, sono dediti allo sport, ma soltanto col velocipede. L’anno
successivo finalmente nasce la Cremonese (ed anche il Verona), su iniziativa
dei ciclisti della stessa società: quota di iscrizione una lira.
All’inizio la maglia della Cremonese, sempre in una
prospettiva «vinicola» (altra passione che ci accomuna), è violacea e solo dopo
undici anni (il 20 settembre 1914) i calciatori cremonesi – ospiti
del Vicenza – inizieranno a vestire la casacca
grigiorossa che ancora oggi li distingue.
Portiere della Cremonese di quegli anni era Giovanni
Zini, morto il 14 agosto 1915 a Cividale
del Friuli sui campi di battaglia. E’ a lui che la
città di Cremona ha dedicato lo stadio.
Non mi resta che augurarti buon viaggio, vecchio Hellas.
CARLO