Al seguito delle squadre di calcio, da sempre ci sono personaggi pittoreschi che, animati da sincera passione e ingenuità fanciullesca, seguono le vicende dei loro beniamini, sostenendoli e rincuorandoli in continuazione.
I loro abbigliamenti e comportamenti sono di solito eccentrici e talvolta esibizionistici, ma è senz'altro sincero il loro attaccamento ai colori e per questo li ho sempre apprezzati.
Lo spunto me lo da il nostro Fabio da Milano che, da bambino, sugli spalti del Meazza, in occasione di un Milan-Verona disputato sottozero, ha incrociato un tifoso dell'Hellas in pantaloncini gialloblu e a petto nudo e mi chiede qualche notizia su di lui (non oso chiedergli quanto si sia portato avanti questo trauma infantile).
In effetti, Fabio, si tratta proprio del famoso Battista, anzi di Giovanni Battista Dian da Monteforte, che esibiva sempre un suo biglietto da visita dov'era indicata la professione: supporter gialloblu. La sua massima era questa: »Dalle origini e fino alla morte io sarò sempre qua». La sua presenza allo stadio era assidua e partecipava anche alle trasferte. Si dice che più di una volta, per recarsi al Bentegodi, se la sia fatta a piedi. Spesso seguiva le partite a petto nudo e intratteneva i tifosi della curva con singolari discorsi che venivano molto applauditi pur nella loro incongruità. Ormai per la tifoseria dell'Hellas era un personaggio fisso ed anche la società gli offriva di trascorrere il periodo estivo del ritiro assieme alla squadra, assegnandogli il compito di custode nell'impianto sportivo usato nell'occasione. Purtroppo da alcuni anni, come ricorda Carla Riolfi del Coordinamento Calcio Club, il nostro Battista ha gravi problemi di salute a seguito di alcune operazioni alle gambe od alla schiena, di preciso non ricordo. Pur con le stampelle qualche volta ancora lo si vede allo stadio ed è sempre salutato con affetto da chi lo incontra.
L'occasione è buona per ricordare altre figure caratteristiche del tifo veronese: Mario Canestrari (Mario su) con la sua immancabile bandiera, Guerrino, il pantagruelico Serafino, che poi ha fatto carriera diventando la mascotte della Nazionale e quello che i libri di storia indicano come l'antesignano dei supporter gialloblu: il popolare «Tomaci», un reduce della guerra 1915/18 che tutte le domeniche pomeriggio, quando la gente usciva dallo stadio, aveva qualche cosa da dire sempre a tutti ed esaltava le virtù del Verona con allucinanti comizi.
E che dire di Nonno Nino, Saturnino Montagnoli, il decano dei tifosi scomparso l'anno scorso novantaseienne, dopo ottant'anni di presenza pressoché ininterrotta a fianco della squadra, simbolo vivo di quel filo invisibile che lega ancora tanti veronesi ai colori gialloblu.
Lo spunto statistico di questo appuntamento mi è dato dall'ingresso, in età relativamente giovane, del nostro portiere Gianluca PEGOLO tra i primi 50 giocatori con più presenze nella storia dell'Hellas. Ha disputato infatti sabato scorso, contro l'Albinoleffe, la partita n° 146. Di queste: 2 in Serie A, 137 in Serie B e 7 in Coppa Italia. Mi è venuto subito spontaneo un raffronto con un altro grande portiere del recente passato, anche lui tra l'altro tra i primi 50 alfieri: Attilio GREGORI.
Il paragone si impone, avendo giocato i due praticamente lo stesso numero di gare in Serie B: PEGOLO 137 – GREGORI 136. Ma quello che mi preme rimarcare è la differenza di gol subiti nelle stesse: 151 l'uno e 125 l'altro.
Sono il primo a ritenere improbabile un confronto tra i due. Ci sono un sacco di considerazioni da fare: è passato più di un decennio dalle due prestazioni e di sicuro la caratura delle rose, nei due periodi, non è la stessa, ma mi pare che il gap di reti (-26) a favore del portiere romano sia numericamente importante e significativo. Che ne dite?
CARLO