Come tutti i vuoti temporali, nei quali si scarica essenzialmente energia negativa e di riflesso, Luglio rappresenta un periodo dell'anno molto contrastato per ogni tifoso. Alle scorie lasciate dall'ultima stagione si aggiungono le grandi aspettative del futuro e la frustrazione per l'assenza di partite vere. Capirai se un Mondiale giocato senza Italia e una retrocessione subita per tutta la stagione possono aiutare lo stato d'animo del povero tifoso gialloblu. Siamo ko, signori! C'è bisogno di novità, di nuovo entusiasmo. Di credere in qualcosa. E in fretta anche. Ecco perché, se guardiamo con attenzione, ci accorgiamo che nel frattempo sono successe molte cose nel pianeta Verona, alcune già ben definite, altre piuttosto orientate. Non tutte convincenti però.
LA SOCIETA' Setti rilancia: un uomo solo al comando. Potrebbe essere questo il titolo che meglio rappresenta ciò che sta capitando in sede. E' finita l'epoca dei direttori sportivi spendaccioni e fantasiosi e di quelli che si prendono troppo sul serio ma che alla fine non portano risultati. Via tutti. E' rimasto solo lui, il capo. Ma che ruolo vuole giocare nel nuovo Verona?
Sono due gli aspetti che lasciano perplesso. Il primo è rappresentato dai dubbi circa la sua capacità risolutiva dal punto di vista sportivo. Siamo stati abituati a lunghi silenzi societari durante i periodi di crisi, lui stesso ha ammesso di aver sbagliato i tempi quando doveva decidere il cambio di Mandorlini con Delneri perdendo tempo prezioso, e anche quest'anno ha difeso ad oltranza e senza alcuna logica Pecchia. Inoltre, non è riuscito ad incidere sulla squadra dal punto di vista motivazionale quando c'era bisogno.
Oggi il mercato (ce ne occuperemo in seguito) del nuovo Verona è nelle mani del debuttante D'Amico (in bocca al lupo!), un ragazzo volenteroso e sicuramente pieno di entusiasmo ma che appare più un esecutore operativo che un reale collaboratore consulenziale del presidente. Al momento, fatico a rendermi conto anche della sua autorevolezza. Ma Verona non ha tempo da perdere: è una piazza calda, ferita dai recenti risultati negativi e bisognosa di essere rassicurata. Già, ma da chi? D'Amico è il primo riporto di Setti. E Setti è quello che preme il bottone rosso. La stagione è lunga e ci saranno alti e bassi. Incrociamo le dita.
Il secondo problema è che oggi il Verona non comunica. O, per essere più precisi, comunica male. Di regola, chi deve fornire risultati dovrebbe anche verificare se gli sforzi che sta producendo arrivano correttamente. Ovvero, il percepito (*). Non è così scontato, anzi. Il non riuscire a far percepire il proprio operato è quanto di più insidioso possa capitare perché innesca inevitabilmente tutta una serie di fraintendimenti ed equivoci. Quello che è chiaro ai tifosi è che 1) il Verona l'anno scorso ha fatto troppo poco per salvarsi 2) oggi ha paura di osare, di dire che vuole vincere il campionato perché le cose sono cambiate, i conti sono a posto e merita di meglio. Dire che si impegnerà al massimo non basta più: l'impegno è dato per scontato e non è oggettivamente misurabile. Occorre avere la faccia tosta di sfidare il destino (vada come vada, aggiungo), sentendo di avere addosso la forza necessaria per vincere su ogni cosa. Se è il Verona il primo a non crederci come possiamo convincerci noi? Dopo una caduta rovinosa, ogni forma di prudenza (anche solo scaramantica) è un messaggio percepito male. Figlio della solita incertezza dei deboli e di sottomissione al destino. Ma il destino lo facciamo noi, dicono quelli che hanno due palle così. O no?
Un paio di esempi comunicativi, entrambi sbagliati:
giustificarsi con la scusa del pregiudizio negativo dei tifosi. Non siamo mica così banali. Pecchia è stato davvero poco credibile quando parlava di difficoltà ambientali, non ci credeva nemmeno lui visto che all'atto pratico non ha mai pensato di dimettersi. Cercava solo un alibi. I fischi nei suoi riguardi erano conseguenza di ciò che non riusciva a far produrre alla sua squadra. Certe prestazioni, davvero vergognose, richiamavano fischi di censura e scarsa credibilità nei suoi riguardi. Non verso la sua persona. Il resto è cinema, folklore e, ahimè esasperazione perché le cose non cambiavano mai.
occhio a confidare esclusivamente sulle prestazioni, sul dato oggettivo, come fanno coloro che non scendono mai a compromesso perché per me parlano i risultati. E se poi questi non arrivano? E' giusto oggi affidarsi totalmente alla bravura di Grosso e dei suoi collaboratori per far tornare i tifosi e riportare calore intorno alla squadra? Lo carichiamo di responsabilità anche non sue. Grosso è la parte software del Verona, la società è l'hardware.
Nel calcio, sport emotivo e coinvolgente per eccellenza, occorre comunicare bene e anche saper ascoltare. Oggi al Verona manca un personaggio aggregante, che non può essere ovviamente Setti, in grado di dare messaggi positivi, che sappia spiegare anche le difficili scelte aziendali e ricucire lo strappo con i tifosi. Non è compito mio individuarlo, ma è chiaro che deve essere immacolato e riconosciuto da tutti. Un ex giocatore, una bandiera ad esempio. Uno in grado di sdrammatizzare quando c'è bisogno e cancellare in poco tempo anche le recenti tensioni e scaramucce con una parte dei media veronesi che non stanno giovando a nessuno. Il mondo del calcio è già abbastanza drammatico di suo per non aver bisogno di qualcuno in grado di ricollocare il tutto nella giusta dimensione.
Oggi guardi la società e resti disorientato. La vedi lontana: lei fa la sua strada, tu tifoso la tua. Ci credi o la contesti? Da che parte stai? Tanto è lo stesso. Ma non è questo il percorso corretto. Tutti devono fare un passo di ravvicinamento perché questa è una storia che si fa insieme. Quando vince l'Hellas non vince Setti o i tifosi. Vinciamo tutti. Questa è una storia d'amore.
LA SQUADRA Ad esempio, questo braccio di ferro tra proprietà e tifosi rischia di far passare sotto traccia quanto di buono è stato fatto finora in sede di mercato. Ed è un vero peccato perché c'è del valore.
Grosso è un tecnico di prospettiva, ex campione del mondo, con uno spirito (non caratteriale) che ricorda il nostro amato Toni. È uno che ha vinto molto da giocatore, abituato a lavorare in club prestigiosi per grandi obiettivi, deciso a ritagliarsi una visibilità anche come tecnico dopo l'esperienza barese. Laribi è forse il miglior centrocampista della serie B. Almici, Crescenzi e Brosco hanno la giusta esperienza. Se andiamo dunque ad analizzare gli interventi di mercato non possiamo essere scontenti. Sono andati via molti giocatori scadenti dell'anno scorso, è stata concessa una fiducia a tempo limitato a Matos che deve finalmente decidere cosa fare da grande. Per lui è un'occasione unica. Inoltre possiamo sperare nel recupero fisico di Bianchetti e Zaccagni, sulle certezze di Caracciolo, Silvestri, Calvano e Felicioli. Al momento, in difesa e a centrocampo non abbiamo ruoli scoperti e ci sono in rosa un mucchio di ragazzi interessanti che potrebbero fare la storia gialloblu (Danzi, Kumbulla, Saveljevs, Tupta, Lee).
Certo, il settore offensivo è ancora un'incognita e a mio avviso va completato, ma i nomi di cui si parla sono interessanti. Speriamo che qualcosa si concretizzi. L'attacco è il reparto più importante se si vuole recitare un ruolo da protagonista. Al momento, Matos e Cissè non hanno convincenti scoring realizzativi, occorre uno che la butti dentro davvero e c'è ancora da capire che ruolo avrà in questa squadra Pazzini dopo una stagione da dimenticare. Il Verona vuole ancora puntare su di lui? Ha un ingaggio importante è vero, ma anche la qualità per fare la differenza. Almeno in serie B. Vedremo.
Non sono in grado di stabilire che ruolo potremo giocare nel prossimo campionato. Forse abbiamo meno individualità di due anni fa, tuttavia i campionati non si vincono mai a luglio. Voglio vedere chi era in grado di immaginare semifinali Mondiali senza neppure una tra Spagna, Argentina, Brasile e Germania. Abbiamo avuto l'ennesima conferma che il gruppo conta molto di più. Quello che, per inciso, è mancato l'anno scorso e ha retto abbastanza invece due anni fa.
La guerra è finita. Abbiamo perso tutti. Ora ci rialziamo e ne iniziamo un'altra. Differente. Nuova. Non conosco formule vincenti: dobbiamo ricominciare a sostenerci a vicenda. Facciamoli lavorare dunque, Grosso e compagni. Parliamo al Verona. Hanno troppo bisogno di noi per riuscire a combinare qualcosa di buono.
Massimo
Colonna sonora: I'm Pulling Through, Diana Krall
(*) il concetto di percepito si spiega benissimo con l'immagine del tipo che va contromano in autostrada convinto che siano tutti gli altri a sbagliare. Il percepito è ahimè un concetto democratico, nel quale vincono gli occhi della maggioranza anche se le tue convinzioni stanno raccontando una storia differente. La tua, non la loro.
foto Francesco Grigolini - Fotoexpress / hellasverona.it