Il pareggio con il Frosinone è figlio della sconfitta di Arezzo. Forse c'è stato un pò più di ardore agonistico, ma la pessima prestazione difensiva e la difficoltà congenita di arrivare in porta su azione manovrata sono un lusso che non potevamo e non dovevamo concedere ai ciociari. Tanti tiri, tutti in bocca al portiere. Il Verona è davvero una squadraccia, e quando indossa il facsimile della divisa dello scudetto ne sporca anche il ricordo. Il problema di fondo è che questa partita è stata giocata e buttata al vento, con clamoroso anticipo, lo scorso lunedì in occasione della conferenza stampa tenuta da Ventura. A rileggere le argomentazioni fornite e riprodotte fedelmente dal sito ufficiale, rileviamo almeno un paio di gaffes grossolane che una qualunque società attenta avrebbe dovuto immediatamente rettificare o correggere. Con relativo cazziatone a margine. Anche perchè, lo sanno tutti che le dichiarazioni pubbliche lasciano messaggi inequivocabili ai tifosi, ai giocatori e persino agli avversari. Qualcosa in effetti deve essere accaduto in settimana perché il mister ha fatto una seconda conferenza stampa venerdì mattina esprimendo concetti completamente diversi, totalmente inutili ma almeno non controproducenti. Il guaio è che mentre lunedì ha manifestato il proprio pensiero esternando la profonda crisi che regna, venerdì ci ha messo una pezza in previsione di una gara così importante. Ma quando si parla troppo, signori miei, lo si fa solo per debolezza. Con buona pace per le nostre residue speranze di salvezza.
Letta o ascoltata velocemente, la conferenza di lunedì scorso non offre nulla di trascendentale, ma basta soffermarsi un attimo sulle parole usate dal tecnico che ci accorgiamo dei dubbi che esprime sul presente e sul futuro. In queste circostanze è chiaro che uno usa le parole che sente e quasi mai quelle che servono. Il tutto in buona fede, ci mancherebbe.
Ventura, ancora amareggiato per la trasferta di Arezzo, si è lasciato andare a ciò che aveva dentro (e che era decisamente meglio tener celato) invece di rassicurare i tifosi e giocatori. La maschera del viso e la voce profonda e apparentemente sicura non sono riusciti a camuffare la realtà. Purtroppo, offrendo verità nascoste ha messo a nudo la povertà del gruppo. Del quale, ovviamente, lui stesso fa parte.
GAFFE NUMERO 1, SULLA SQUADRA. Il tecnico, parlando della successiva gara contro il Frosinone ha detto testualmente che «sarà determinante riuscire ad offrire una prestazione fatta di grande carattere e umiltà». Dal punto di vista comunicativo questo è un errore madornale, soprattutto dopo una brutta sconfitta subita contro un avversario «alla nostra portata».
Perché Ventura ha usato la forma verbale «riuscire ad offrire»?
Perché lui non era affatto sicuro di ottenere dai suoi giocatori il carattere e l'umiltà necessari. Un allenatore certo degli attributi dei propri uomini avrebbe usato un altro modo di esprimersi, come ad esempio «insistere o continuare ad offrire». Come ha fatto Jaconi reduce da 3 o 4 sconfitte consecutive. Non solo, in questo modo ha finito per ammettere candidamente che, nell'ultimo periodo, ai gialloblu sono mancati proprio quel «carattere» e quell'»umiltà» che sarebbe stato fondamentale ritrovare in questa occasione. Ecco perché diventava così «determinante riuscire ad offrirlo». Capito l'inghippo? Terribile!
Indubbiamente quest'affermazione deve aver scatenato il finimondo all'interno dello spogliatoio. In ordine temporale lo hanno contraddetto Ferrarese, Pegolo e Mazzola assicurando da parte loro «l'impegno di 5 finali», «l'esperienza necessaria» e la «volontà di farcela». Bella figura ha fatto!
La frattura interna allo spogliatoio è nota da tempo. Ventura si è sempre detto più preoccupato di non perdere anziché di vincere, creando in questi mesi un continuo turnover di giocatori, ruoli e disposizioni in campo. Se all'inizio ha negato in questo modo punti di riferimento agli avversari ottenendo qualche vittoria striminzita, alla fine ha creato insicurezze profonde e malumori in tutti i suoi giocatori. Al di là degli infortuni (e anche su questo ci sarebbe qualcosa da dire) qualcuno mi sa elencare la formazione tipo del Verona di Ventura? Forse i continui gesti di nervosismo nei suoi confronti si spiegano anche con la mancanza di chiarezza e di dialogo tra le parti. Da tempo il mister non ha più l'autorevolezza e la fiducia dei propri giocatori. D'altra parte, lui stesso considera decenti solo 5 elementi mentre tutti gli altri non valgono nulla. Insomma, se Ficcadenti giocava sempre con 14 titolari creando insoddisfazione tra gli esclusi, lui ha finito per metterli tutti in discussione ottenendo gli stessi risultati negativi. Tutti, tranne se stesso però.
Ecco perchè venerdì scorso, pur correggendo parzialmente il tiro e rassicurando i tifosi sull'impegno settimanale profuso e sul recupero degli infortunati, ha concluso la conferenza stampa con una nuova mazzata micidiale: «Vorrei vedere un Verona orgoglioso, che gioca per se stesso e per i tifosi». Anche noi, mister. Anche noi.
Certo che mettere in discussione carattere, umiltà e orgoglio nella settimana decisiva non poteva portare altro risultato che questo inutile pareggio casalingo. Ha generato troppa tensione intorno alla squadra e quindi ha esposto i giocatori a commettere errori banali. Chissà se Soda, Materazzi, Mutti o Conte usano questi modi per parlare dei loro giocatori? Poi ci si lamenta del fatto che subiamo «black out difficili da spiegare?» Ci si arrabbia perché non siamo in grado di far fronte agli errori, fragili e complessati come siamo? Ma non doveva essere una «partita fondamentale dal punto di vista psicologico»? Sì, nel senso che almeno oggi abbiamo raggiunto la certezza psicologica di retrocedere in C.
Che non è neppure un male, alle volte.
GAFFE NUMERO 2, SULLA SALVEZZA. Il mister ha concluso la conferenza di lunedì con un accorato appello: «i giocatori hanno dato l'anima per il Verona, meritano di essere ripagati con la salvezza». Questa affermazione fa cadere le braccia in quanto rappresenta il piagnisteo di un perdente.
Qualcuno mi dovrebbe spiegare perchè:
- solo i giocatori del Verona stanno dando l'anima per la propria squadra?
- dovrebbe esistere solo per il Verona il diritto alla compensazione tra l'impegno profuso e il risultato finale?
- si continuano a tirare in ballo le lontanissime prestazioni positive di febbraio e marzo? Che palle!
- soprattutto, non c'è alcuna presa di coscienza della situazione degenerata in essere, con eventuale ammissione di qualche responsabilità e riconoscimento del valore degli avversari? Abbassiamo la cresta, signori, che forse in questo modo le cose ci vengono meglio.
Nel suo messaggio mancano completamente ogni forma di modestia, disperazione e rabbia che invece dovrebbe infondere un tecnico abituato ad affrontare missioni impossibili, a lottare sempre per la vita o la morte. Qui traspare, al contrario, parecchia spocchia e rassegnazione: il poiché vi siete impegnati, meritate di salvarvi esclude ogni forma di lotta e allontana di fatto il traguardo. Con che testa va in campo un giocatore che riceve questo messaggio? Alzando gli occhi al cielo, aspetta che la Provvidenza lo ricompensi. Questo è grosso modo quanto accaduto sabato pomeriggio al Verona dopo il gol di Dal Silva.
Inoltre, in nessun momento di quella conferenza stampa Ventura ha toccato argomenti legati alla leva motivazionale. Al contrario, sono state accampate diverse scuse e giustificazioni. Solo il venerdì successivo ha aperto il tasto (sbagliato peraltro) della consapevolezza. Ma quale consapevolezza ci può essere dopo 4 sconfitte consecutive? E, prima ancora, dopo 2 mediocri pareggi casalinghi? Questa squadra ha perso da tempo lucidità, non ha più una sua identità e nemmeno punti fermi da cui partire. Per essere consapevoli, come intende lui, occorre avere delle certezze: ma le nostre si sono esaurite completamente dopo la partita con il Rimini. Avessimo perso con i romagnoli, come meritavamo, forse avremmo conquistato 6 punti nelle gare successive e non avremmo concesso tanto in seguito. Chissà!
In questa occasione il mister ha offerto un'immagine di sé davvero sbiadita, quella di un uomo privo di carattere e con poca umiltà. Che poi, sono esattamente le accuse che lui stesso rivolge alla sua squadra. Creandosi in questo modo un alibi perfetto e montando, nel dopopartita, la sceneggiata del papà arrabbiato.
Del resto, chi lo conosce da anni gli ha sempre riconosciuto sensibilità tattica, modi educati ed esperienza, ma anche difficoltà congenita a gestire piazze e situazioni calde. Insomma i fantasmi di Napoli, Messina e (in parte) Udine lo hanno seguito anche qui a Verona.
E oggi mi fermo qui.
Massimo