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E' sconcertante il Verona. E' l'espressione mortificante di una squadra che non trasmette niente né dal punto di vista tecnico né da quello caratteriale, ingabbiata nella confusione di chi la sta guidando in panchina, senza il minimo contributo da parte del direttore sportivo, e con una proprietà da sempre incapace di dare un indirizzo. Un'identità.
Tu puoi prendere nel mercato Faraoni, Vitale, Di Gaudio e Munari, il meglio che c'è in giro; avere già a tua disposizione gente come Pazzini, Zaccagni, Silvestri, Matos e Laribi ma se non riesci a comprendere il valore reale che hai a disposizione, se continui ad affidarti a collaboratori scadenti, non costruirai mai niente di duraturo. Il Verona di Setti, che non è riuscito a difendere la serie A per due stagioni consecutive, che non sa imporsi, che non riesce ad inorgoglire i tifosi viaggia anonimo per la sua strada. Sempre più da solo, sempre più lontano.
Il distacco reale tra la società e i tifosi è perfettamente espressa da questa squadra abulica, noiosa, sconclusionata, fragile. Nessuno di noi riesce più ad identificarsi. Non ci rappresentano.
In tutta questa desolazione Grosso ha il merito straordinario di non essere riuscito a costruire un gruppo e nemmeno a caratterizzarne un'anima, non ha un'idea di gioco. La sua inespressività si replica nel calcio che non riesce a costruire. L'apogeo dei passaggi laterali. Ma Grosso è soprattutto espressione di Setti.
Che tristezza.
Massimo
Colonna sonora: il battito del cuore, ritmato, costante, profondo. Tutto quello che il Verona non ha più.
Hellastory, 03/02/2019