A noi la fusione con il Chievo fa paura perché sappiamo benissimo che è effettivamente realizzabile. Almeno dal punto di vista razionale. La rabbia, il fastidio, l'insofferenza che ne conseguono sono solo nostre personali armi di difesa. Non ci va di parlarne e la respingiamo alla stessa maniera in cui rifiutiamo l'idea che la nostra storia d'amore un giorno possa finire. Oppure che le persone care intorno a noi siano destinate a lasciarci. Oppure che possiamo perdere noi stessi in qualche modo, per un motivo qualunque. Il dolore preventivo anticipa spesso quello che potremo provare in futuro. Ci stessero proponendo una fusione con il Vicenza o il Mantova ci metteremo a ridere e ci sentiremmo tutti più sollevati: siamo realtà troppo lontane, disomogenee, imparagonabili. Qui no, qui ci impongono di mescolare due ceppi che da anni crescono paralleli, che non si sono mai realmente confrontati fra loro, che hanno persino gli stessi colori sociali e sono pieni di giocatori reciproci. Il nostro disagio non sta quindi solo nel non riuscire ad opporre un'opposizione logica all'obbrobrio che vogliono realizzare, perché di fatto non esiste. Quanto soprattutto nella paura che abbiamo di perdere una parte di noi stessi e di non ritrovarla mai più da nessun'altra parte. Una crepa all'interno di noi stessi.
Quando, in giro per l'Italia, una persona viene a sapere che tifo Hellas mi fa invariabilmente queste due domande:
- dove gioca adesso il Verona?
- quando vi fondete con il Chievo?
La prima umiliazione è la conferma che siamo veramente spariti dal calcio che conta: possiamo attribuire tutta l'enfasi che vogliamo a Verona - Reggiana, ma stiamo festeggiando un pranzo di nozze con fichi secchi e pane duro. La seconda invece testimonia che nessuno, fuori dalla nostra provincia, considera il Chievo come un reale antagonista dell'Hellas, un suo competitore. Anzi, per molti è l'unica soluzione possibile per tornare a farci contare qualcosa.
Ora, possiamo sicuramente fregarcene di quello che si dice in giro di noi. Il fatto è che queste stesse riflessioni le fanno anche in città e anzi sono motivo di ispirazione di un gruppo di persone - sempre più convinto e numeroso - che porta avanti la teoria della fusione inevitabile da 4 anni a questa parte. Allora, sarà bene che la ripassiamo attentamente e impariamo a contrapporgli motivazioni che mirino a sgretolare le loro certezze. Con tanto di imbroglio finale.
L'APPROCCIO RAZIONALE (IL LORO) Verona città, onestamente, non ha mai assimilato l'esistenza di un derby. Per lo meno nella maniera tradizionale che esiste altrove. Provate a fare un giro per Milano, oppure Roma, Genova e Torino: lì sentite esattamente cosa significa appartenere a una squadra o all'altra. Non è solo una faccenda che riguarda porzioni di territorio cittadino o estrazione sociale. Ci sono locali di una bandiera e locali dell'altra. Ci sono comitive di una parte e comitive dell'altra. E' impossibile non solo mescolarsi, ma è persino igienico evitarsi. Come dice l'amico Glezos, in queste città si impara a tifare contro con la stessa intensità con la quale si tifa a favore della propria squadra del cuore.
Tutto nasce dal fatto che lì, sin dall'inizio, si è chiamati a scegliere ed esiste una competizione viva e ricorrente. Qual è la squadra più bella della città? La nostra, ovviamente! Qual è la più forte? Vediamo quello che succede quest'anno! Per tutti insomma, il derby è la partita più importante: si può fallire la stagione, si può addirittura retrocedere o perdere lo scudetto, ma lo scontro diretto ricompensa ogni tipo di delusione.
Da noi non succede niente di tutto ciò. Al massimo opponiamo il passato al presente, che è francamente un po' patetico. Per questo, al di là di qualche reciproco sfottò non riusciamo ad andare. Il nostro Verona (non i suoi tifosi, sia ben chiaro) è realmente scomparso dal calcio che conta 8 anni fa. Giusto il tempo per consegnare il palcoscenico al Chievo. Quanti anni sono che non giochiamo più il derby? Neppure durante l'estate vengono organizzate amichevoli o tornei tra le due società che potrebbero tenere accesa la contesa. Hellas e Chievo sono figli della stessa terra che non riescono neppure ad odiarsi. Compatirsi sì, ma questo è un altro paio di maniche. Loro, nel frattempo, continuano a scambiarsi giocatori e a richiamare un mucchio di gente che va al Bentegodi indipendentemente da chi dei due sta giocando.
Ecco perché a Verona esiste un movimento economico, culturale e politico formato da imprenditori, ex sportivi ed autorità (di entrambi gli schieramenti) che porta avanti la teoria della fusione. Altrove sarebbe improponibile visto il divario etnico e culturale che esiste tra gli opposti schieramenti. Questi signori sono anni che ci stanno lavorando sopra e più le società sono in crisi, più riescono a diffondere le loro idee. Magari sfruttando anche proprietari poco sicuri come Martinelli.
Oltre all'approccio razionale, sono bravissimi a lusingare. In effetti, entrambe le società avranno dalla fusione reciproci vantaggi: Campedelli, in tutti questi anni, non è mai riuscito a trovare un pubblico da A ed è a corto di capitali; Martinelli in cambio riceverà un'insperata promozione in A o in B, la solida organizzazione societaria clivense, il suo parco giocatori ed il settore giovanile. Entrambi il business del nuovo stadio, il corredo commerciale e soprattutto l'ingresso di nuovi soci molto più ricchi di loro.
E i tifosi? Col tempo si abitueranno al mostro. Soprattutto se verrà ingaggiato un tecnico di spessore, se la squadra verrà rinforzata adeguatamente e cominceranno ad arrivare i risultati. Si dovrà gestire la contestazione iniziale, questo è ovvio. Ma se ci sono 15.000 persone disposte a soffrire per lo spareggio di Busto Arsizio, la certezza di un presente migliore metterà a tacere presto anche le frange più reticenti. L'incubo della C e la paludosa difficoltà di uscirne fuori sono un deterrente più che sufficiente. Amen.
L'APPROCCIO IRRAZIONALE (IL NOSTRO) Commetteremmo un errore gravissimo se decidessimo di opporre argomentazioni di natura economica. Ci sono tanti di quei soldi che ballano intorno alla fusione e al progetto del nuovo impianto sportivo (di proprietà del mostro, s'intende) che nessuno ci darà mai retta da questo punto di vista. Oltretutto, ciascuno è libero di fare quello che vuole con i propri soldi. Salvo poi piangere perché ha speso troppo e male. Ma questa può essere la nostra unica soddisfazione.
Dobbiamo concentrarci allora sugli aspetti di natura sportiva ed emotiva.
Il Chievo salvo in A è un colpo basso per noi perché 2 promozioni in 1 giorno solo non è riuscito a conquistarle neppure la Fiorentina «per meriti storici e sportivi». Viceversa, un Chievo in B, in piena crisi economica, senza giocatori da mercato e con stipendi piuttosto elevati da dover gestire mette parecchio in difficoltà chi ci vuole lusingare. Se Martinelli si mettesse in testa di fare le cose seriamente e volesse lottare l'anno prossimo per la promozione, il partito della fusione subirebbe un grave colpo. Quale ulteriore vantaggio automatico verrebbe offerto all'Hellas che non sta già conquistandosi sul campo? A tendere, Hellas e Chievo in B finirebbero per riproporsi come avversarie reali e quindi non è più possibile affrontare razionalmente l'argomento fusione. Certo, qualcuno potrebbe pensare malignamente che Martinelli possa appositamente non voler crescere, ma con tutti i sospetti che stanno attirando le sue indecisioni attuali si troverebbe presto l'intera piazza e anche Ficcadenti (in questo caso, un nostro valido alleato) contro. Quindi, certezze non ci sono dal punto di vista sportivo. Anzi, questa è l'occasione buona per noi per cominciare a tifare contro il Chievo, come accade dove si giocano i derby veri: forza Torino e Bologna dunque!
E veniamo all'aspetto emotivo. Quello che non hanno compreso questi signori è che il tifoso gialloblu se ne frega altamente dei risultati sportivi. Se avessimo voluto gloriarci di scudetti e partite in Champions League avremmo scelto l'Inter, il Milan, la Juve. Noi invece abbiamo scelto di essere tifosi dell'Hellas. In questo modo si spiega l'intensità emotiva di Busto Arsizio, subito dopo la delusione di La Spezia. Così si spiega la colonna di abbonamenti che non è affatto calata dalla B alla C. Così si spiega infine il nostro attuale disagio. Non ci interessa affatto assistere ad una partita di serie A se non ce la siamo preventivamente conquistata con 2 promozioni consecutive (e una cinquantina di vittorie sul campo). Il Verona non è un film di prima o di seconda visione.
Se dovessero imporci il loro mostro userebbero contro di noi una violenza terribile. Quello che eravamo prima (in A, come in C; con Pastorello, come con Martinelli) era un conto. Quello che vogliono che diventiamo, un altro. Ma la frattura non verrà mai ricomposta attraverso ipotetici risultati sportivi perché noi apparteniamo a un passato che non esiste più e che cercheremmo sempre di recuperare in ogni possibile occasione. Proprio come ripensiamo tristemente ai momenti felici trascorsi con la compagna della nostra vita che ora non sta più con noi, o con i nostri cari che morte ci ha strappato via. La frattura (come la crepa della figura) non è rimarginabile con un compenso. Anzi, non è proprio compensabile. E sapete perché? Perché non l'abbiamo decisa noi.
Questo comporta che dovrebbero affrontare un'infinità di problemi dettati proprio dalla frustrazione: a cominciare da quelli di ordine pubblico, a finire con la freddezza collettiva verso il mostro. Visto che i tifosi li porta l'Hellas e i giocatori (in grandissima parte) il Chievo, chi si sente tra noi di applaudire nuovamente gente come Italiano, Colucci e Iunco? Come verrebbe accolto un giocatore come Luciano che ha cambiato nome ed età pur di giocare a pallone ad un certo livello? Un gol di Pellissier verrebbe festeggiato allo stesso modo di uno di Scapini? Se anche dovessero far arrivare a Verona giocatori importanti e un tecnico di valore noi ci accorgeremmo con fastidio che è stato solo merito di Sartori e non di Mascetti, Previdi o Foschi. E se i risultati poi non dovessero arrivare? Oggi noi sopportiamo con pazienza, al massimo critichiamo gli errori di Martinelli e Remondina, ma speriamo sempre che da un momento all'altro le cose possano cambiare. Ma domani con chi ce la dovremmo prendere? Non solo coni tecnici, i dirigenti e i giocatori che hanno sbagliato, ma anche con gli imprenditori e i politici che - per soddisfare la loro ingordigia - hanno creato questa situazione assurda.
E' possibile che una parte di Verona si adegui supinamente, ma ce ne sarà un'altra altrettanto numerosa, proveniente da entrambi gli schieramenti, che avrebbe i nervi a fior di pelle e che non vedrebbe l'occasione di fargliela pagare. E' il caso dunque che questi signori affrontino con attenzione le possibili conseguenze perché è scontato che nessun tifoso al mondo vuole perdere la propria identità. Altrimenti lo farebbe in piena autonomia e senza il bisogno della loro autorizzazione. Amen.
LA FREGATURA FINALE Diversi amici mi chiedono se si farà o meno questa maledetta fusione. La mia risposta, ogni volta, è sempre la stessa: sì, se si mettono d'accordo. Perché non gliene importa assolutamente niente di noi.
Abbiamo visto però che esistono argomentazioni serie che possono opporsi alle giustificazioni di natura razionale e alle lusinghe che mettono in giro. Direi quasi che siamo in grado di neutralizzarle.
La fregatura sta nel fatto che, non riuscendo a convincere a sufficienza l'opinione pubblica veronese e la maggior parte dei tifosi, facciano passare la fusione come una necessità per la sopravvivenza dell'intero calcio gialloblu. La scusa da addurre è la crisi economica e l'opportunità è data dall'arrivo di benefattori con soldi che vogliono ovviamente sfruttare la categoria migliore. In questo caso, non riuscendo a veicolare la fusione come un'opportunità per tutti la presentano come un'odiosa necessità.
Naturalmente ci prepareremo a contrapporre ragionamenti validi anche in questo caso. Nel frattempo, consiglio caldamente i vari Campedelli, Martinelli e politici locali di far bene i loro calcoli perché l'avidità, oppure i falsi bisogni, hanno le gambe corte e loro ci stanno mettendo la faccia. Poiché la condizione in essere sta bene ad entrambe le tifoserie, non vorrei che si giocasse un derby al contrario nel quale i nostri veri antagonisti diventano proprio le persone che vogliono cambiare il nostro destino.
Massimo
COLONNA SONORA All'inizio dell'ennesimo giorno di pioggia, un tale chiese a Mark Twain: «Smetterà mai di piovere?». «Ha sempre smesso» è stata la sua laconica risposta.
Questa è forse anche la soluzione filosofica alla base della strepitosa Who'll stop the rain? dei mitici Creedence Clearwater Revival. Una canzone che ascolterei almeno quattro volte al giorno (come gran parte di ciò che hanno prodotto). Non vedendo l'ora che inizi la quinta.