Un sovrano che si circonda solo di cortigiani e cicisbei (oppure di consulenti e consiglieri) piuttosto che di ministri e ambasciatori lo fa essenzialmente per due ragioni: o crede di essere diventato Maria Antonietta che, dai saloni sfarzosi di Versailles, voleva sfamare i francesi distribuendo brioches; o sa che il proprio regno è destinato a finire molto presto. Lo so che, in linea di principio, non c'è alcuna differenza. Ma, per il re in questione la faccenda cambia eccome.
LE BRIOCHES DI MARTINELLI Le brioches che Martinelli ha propinato finora al popolo gialloblu sono le seguenti:
- ha sprecato la favorevole situazione di classifica ereditata da Arvedi
- non è stato in grado di organizzare, in ben 40 giorni, il Verona in maniera stabile e strutturata.
Sul primo punto mi sono soffermato a sufficienza la scorsa settimana. In merito al secondo, a mio avviso molto più preoccupante, occorre cercare di capire se la decisione è frutto di un nuovo modo di concepire il calcio, di un semplice capriccio, oppure se c'è dell'altro dietro.
E' possibile che il nuovo proprietario del Verona sia stato convinto (magari dai suoi stessi consulenti) che sia sufficiente la sua persona per riuscire a governare tutto. Cioè, sia l'aspetto tecnico che quello organizzativo, amministrativo e gestionale. Questo rappresenta un'eccezione assoluta nel panorama sportivo ed è forse per questo che siamo tutti un po' storditi e preoccupati. Ma siamo così certi che direttori generali, direttori sportivi e general manager siano diventati all'improvviso orpelli evitabili in quanto non hanno mai dato, né daranno mai, un contributo fattivo al raggiungimento dei risultati sportivi? Gente come Corvino, Marino, Foschi vale forse esattamente quanto Cannella, Sensibile e Prisciantelli e quindi sono tutti rimpiazzabili allo stesso modo dalla passione, dai soldi e dall'entusiasmo? Persino un egocentrico come Pastorello aveva bisogno di aiuto per condurre la società. Messa in questo modo, o Martinelli è un genio oppure non si sta rendendo conto di quello che sta combinando.
Preciso che, in questa circostanza, non mi sto occupando dell'aspetto qualitativo dei suoi consulenti perché, in quanto privi di ruoli stabili e di competenze specifiche, sono del tutto indifferenti ai fini del ragionamento.
Il problema è che se oggi lui decidesse di comperare mezzora del palinsesto televisivo delle 3 reti RAI e di quelle MEDIASET (come fa il Presidente della Repubblica a fine anno) e provasse a convincere tutta l'Italia che non ha alcuna intenzione di fondersi con il Chievo, nessuno gli crederebbe! Capirai quanto serve uno stringato comunicato stampa, organo di informazione delegittimato da Arvedi e addirittura controproducente perchè non spiega mai la necessità di fornire certi chiarimenti. Oltre alle parole, dovrebbe far seguito con i fatti e riempire i buchi aziendali che ha creato con personaggi di primissimo piano, la cui presenza possa essere certezza di impegno nei riguardi dei tifosi. Faccio qualche esempio: se scegliesse di mettere subito in panchina Ficcadenti (decisione che peraltro preferirei caldamente che evitasse...) fornirebbe un messaggio forte e significativo a tutti perché Ficcadenti è una garanzia che la prossima panchina gialloblu non verrà affidata a Di Carlo o a chi per lui. Viceversa, un Ficcadenti consulente di mercato che continua a girare a bordo campo o a suo fianco senza il riconoscimento di alcuna autorità e competenza non sta né in cielo, né in terra. In questo senso è una presenza utile solo in prospettiva Sartori.
Detto più chiaramente: questa struttura, così terribilmente snella, è fatta apposta per consegnarci più rapidamente a Campedelli? Oppure, vista al contrario, non ci sono in giro manager sportivi disponibili a prendersi in carico un Verona destinato a non esserci più tra non molto?
Perseverando nell'equivoco che ha creato, Martinelli si è bruciato - in soli 40 giorni - gran parte della fiducia che i tifosi gli hanno riservato. Persino Arvedi ha potuto contare su un fidanzamento più lungo e appassionato. Questo, tra l'altro, non fa che alimentare le voci che sono sempre circolate su di lui e che lo accompagnano sin dal suo insediamento, come di un proprietario solo di passaggio (vedi canone dello scorso 2 febbraio).
Poiché non sono capace di digerire questo genere di brioches gli chiedo una volta di più: Martinelli, che fine hanno fatto le promesse di un futuro migliore? Chi, di grazia, dovrebbe condurci a quel futuro?
LA TERZA BRIOCHE In questo contesto difficile, molto furbescamente, i media che maggiormente si sono esposti nei mesi precedenti con il sillogismo «Martinelli è il nostro Salvatore e Ficcadenti il suo profeta» cercano adesso di recuperare un minimo di autorevolezza offrendoci la terza brioche: il rischio playout. Ora, trovo estremamente scorretto veicolare l'ansia di tutti noi altrove, evitando appositamente di affrontare il nocciolo del problema. Con ciò, non voglio dire che sto sottovalutando i pericoli del campionato, infatti so esattamente cosa significa rischiare di retrocedere e persino retrocedere perché sono guai che ho già affrontato sulla mia pelle. Quello che mi preoccupa di più, in questo momento, è invece capire quali siano le reali intenzioni di Martinelli. E' l'incognito che mi angoscia di più.
Pertanto, ipotizzare che la gara con la Reggiana sia un'ultima spiaggia 10 giorni prima della partita stessa è molto tattico e anche molto poco credibile. Qui si vuole intenzionalmente diluire la questione fornendo (gratuitamente) un ulteriore motivo di preoccupazione. Pungendoci una mano, sentiamo di meno il nostro mal di denti.
Per questo, prima di affrontare concretamente l'argomento legato rischio retrocessione, aspetterei le prossime 4 partite, 3 delle quali verranno giocate al Bentegodi (Reggiana, Portogruaro e Pro Sesto) e la trasferta di Lecco. Certo, se la squadra non dovesse riuscire a fare 7/8 punti neppure con avversari del genere ci sarà da preoccuparsi. Ma adesso è inutile fasciarci la testa: per assurdo, preferisco cento volte retrocedere in C2 piuttosto che scomparire definitivamente ed essere poi costretto a ringraziare il Chievo perché non gioco più in C1.
Comunque, dato che è stato introdotto l'argomento di natura tecnica, non posso esimermi dall'affrontare l'ultima brioche presente nel vassoio.
L'ULTIMA BRIOCHE Martinelli ha dato piena fiducia a Remondina. I motivi li conosciamo benissimo. Questo significa quindi che è inutile contestare ulteriormente un tecnico del quale conosciamo perfettamente i limiti; semmai dovremmo avanzare maggiori richieste di chiarimento verso chi ha deciso di non esonerarlo ancora. Non è colpa di Remondina se è entrato in confusione, è colpa di chi non riesce a trovare soluzioni migliori per il Verona.
Parlare dunque di rischio retrocessione e scoprire che abbiamo in panchina un tecnico che ha perso la stima dei tifosi e di gran parte dei giocatori rinvia nuovamente alla confusa gestione di Martinelli. Il quale, se non si decide una volta per tutte di affrontare il presente e il futuro del Verona, finirà inevitabilmente per farci venire un'indigestione a base di brioches..
Sapete qual'è il colmo di tutta la faccenda? Che pur ingozzandoci di cattive notizie, non riusciamo a sfamarci. Al popolo gialloblu serve il pane, non certo le stravaganze di un sovrano.
Massimo
(*) Non tutti gli storici sono concordi nello stabilire che Maria Antonietta abbia realmente detto, rivolta al popolo francese, che «se non hanno il pane date loro le brioches». Ècerto invece che lei, moglie austriaca di Luigi XVI, abbia importato a Parigi il piacere di consumare brioches, tipico dolce viennese nato per celebrare la resistenza della città dall'assedio turco del 1683. Non a caso infatti i gustosi cornetti (o croissant) sono fatti a forma di mezzaluna.
COLONNA SONORA Pare che Le nozze di Figaro siano state commissionate (nel 1786) da Giuseppe II a Mozart per motivi politici, visti i venti rivoluzionari che agitavano la Francia e minacciavano l'intera Europa. Queste aiutarono moltissimo il sovrano a prendere le distanze dalla classe nobiliare, ma resero purtroppo impopolare dal «palazzo» il grande maestro che fu costretto a cercare lavoro altrove (Praga).
La differenza che c'è tra dunque Giuseppe II e Maria Antonietta sta, e non solo, nella scelta degli strumenti usati: l'arte di Mozart e Da Ponte da una parte, il nulla dall'altra.