Quando arrivò a Verona ci siamo chiesti tutti se il suo passaggio sarebbe stato incolore come quello di altri grandi a fine carriera (Rossi, Boninsegna, Domenghini, ma anche i vari Saviola, Rafa Marquez, Pazzini...) giunti con addosso il peso dell’età, degli acciacchi fisici, della mancanza di stimoli. Spremuti da una carriera troppo ricca di emozioni per aver ancora qualcosa da dare. Non ancora eccessivamente vecchi per lasciare il calcio, forse alla ricerca di un ultimo tramonto rosso intenso che però sfociava inevitabilmente in un grigio malinconico partita dopo partita. Dalle sfide internazionali, agli scudetti, alla lotta per non retrocedere o per fare un buon campionato di B. Per una neopromossa un giocatore del genere avrebbe potuto fare la differenza, ma non era affatto scontato. Qualche rischio c’era. Del resto, la Fiorentina lo aveva scaricato in fretta come finito. Verona però rappresentava una buona sistemazione: pubblico caloroso in cerca di riscatto, squadra caricata dalla promozione, qualche rivincita personale. Poi un allenatore che aveva avuto una spettacolare intuizione, che è stata per due volte la sua fortuna e per una la nostra rovina definitiva: unico schema > palla a Toni, qualcosa succederà. Insomma, grandi aspettative, grande speranze. Tutte realizzate.
Toni è stato semplicemente il più forte centravanti della storia gialloblu. Lo è stato per numero di reti realizzate in serie A, numero di assist, frequenza realizzativa, intensità agonistica. L’immagine che lascia è quella di un capitano circondato da due o tre difensori disperati, aggrovigliati a terra, mentre calcia in porta con il portiere proteso inutilmente. Sudato e ferito, immarcabile e immenso. L’ultimo a cadere, il primo a crederci fino alla fine.
Durante la settimana Toni ha spiegato le motivazioni del suo ritiro. Mi sono reso conto di aver concluso il mio percorso, soprattutto a livello mentale. L'unico modo per smettere era quello di avere una grande delusione e quest'anno per me la delusione è stata enorme. Gli infortuni autunnali, una squadra sconclusionata, un nuovo allenatore senza rispetto (almeno fosse valsa la pena), la retrocessione anticipata, un futuro incerto.
Non c’è molto da aggiungere. Il capitano che sente l’impossibilità di modificare gli eventi riconosce, prima di tutto a se stesso, il senso di frustrazione. Vedo i miei ex compagni che invecchiano cinque anni alla volta. Vedo l’ineluttabilità della vita che presenta il conto. Non si torna indietro.
Con la gara di oggi si è chiuso un ciclo. Definitivamente. Ce ne rendiamo conto. D’ora in avanti sarà tutto diverso. Inutile dire quanto ci mancherà. Il Verona si appresta a cambiare pelle, ricomincia piccolo piccolo alla ricerca di una nuova identità. Prova a scrivere nuove pagine, vedremo di quale spessore. Ma senza quel sorriso beffardo, quel giro di polso dopo ogni gol, quella simpatia innata e travolgente. Per questo e per molto altro che ciascuno di noi ha ricevuto in questi tre anni meravigliosi oggi abbiamo gli occhi lucidi. Grazie di tutto, grande Luca.
Massimo
Colonna sonora: As time goes by, nella versione un po’ dandy di Bryan Ferry. Molto Luca Toni in giacca e cravatta. Quello che lo aspetta a partire da domani.