Ce l'abbiamo fatta! ABBIAMO VINTO TUTTI. I tifosi che si sono ripresi subito la serie A dopo l'umiliazione dello scorso anno e un ridimensionamento durato solo pochi mesi, il minimo indispensabile; il Presidente che ha centrato la seconda promozione consecutiva azzeccando alla fine tutte le scelte fatte, gli va dato atto; Pecchia che ha concluso nel migliore dei modi il campionato più impegnativo che gli potesse capitare, obbligato a vincere in una piazza ambiziosa e depressa; Fusco che ha cancellato definitivamente i fantasmi di Bologna portando a Verona i giocatori giusti e facendo sentire il suo apporto nei momenti difficili; tutta la squadra che si è trascinata fuori dalle sabbie mobili di un successo dato all'inizio troppo scontato, come se esistesse qualcosa di veramente scontato nella vita. E' vero, non è stata la passeggiata «in savate» di valeriana memoria che ci aspettavamo a fine ottobre, ma alla fine anche questo è stato un bene. Perché ha tenuto accesa in noi, fino all'ultima giornata, la carica emotiva (c'è qualcosa di più fragile di un tifoso sazio e sicuro di vincere?) ma ci ha anche fatto apprezzare il profondo processo di maturazione della squadra delle ultime settimane. Non c'è vittoria senza sangue, e non c'è sangue senza prima lacrime, sofferenza, rabbia, sudore e orgoglio.
Questo è un punto essenziale, una lezione che servirà anche in futuro, quando ci sarà ancora bisogno di compattarci per conquistare nuovi obiettivi. Avevamo smesso di credere in questa squadra, ora la ritroviamo più forte di prima.
La grossa differenza tra Hellas e Frosinone, per gran parte della stagione, stava tutta nella grande affidabilità dei ciociari. Poche prestazioni eclatanti, poca brillantezza di gioco, ma tanta tenacia e regolarità. Ovviamente, una squadra del genere non avrebbe mai incassato 5 gol a Cittadella. In più, loro potevano contare su un ambiente compatto, la spinta psicologica dell'investimento di un nuovo stadio, un tecnico affidabile (4 promozioni alle spalle, la più prestigiosa con il Catania in A 2005/6) e sul blocco di giocatori della promozione di due anni fa. Insomma, visto da Verona, il Frosinone ha rappresentato l'avversario più ostico che potesse capitare. Anche perché entrambi ci siamo fatti sorprendere dalla spregiudicatezza della Spal che, senza niente da perdere, ha corso un campionato felice col vento a favore.
Il problema del Frosinone è emerso quando, nel momento cruciale del campionato, la squadra ha mostrato crepe inattese sbagliando partite non facili certo - a Terni, in casa con il Novara e a Benevento contro un avversario disperato ma decimato dalle assenze – ma dalle quali ci si doveva aspettare di più. Bastava 1 punto. Soprattutto dopo aver espugnato Ferrara. Qualcosa, evidentemente, si è rotto. È come se la regolarità su cui loro potevano contare si sia trasformata in un limite. Una specie di effetto scooterone: per correre in quel modo, senza troppi incidenti di percorso, hanno dovuto spingere sempre il motore al massimo dei giri. La continuità di risultati non era espressione di talento fine a se stesso, ma del massimo impegno e concentrazione possibili. Il loro potenziale era quindi già tirato al massimo livello. Non potevano chiedere di più, prima o poi dovevano finire fuori giri.
Cosa che non è accaduta al Verona che ha alternato alti e bassi, vincendo partite a occhi chiusi e non scendendo in campo in molte gare. Eppure, quando è servito, il Verona ha saputo recuperare se stesso. Ha ritrovato il talento, la concentrazione, la rabbia. A partire dallo scontro diretto di Frosinone ha sbagliato solo la gara interna con lo Spezia, recuperando partite in extremis (a Vercelli, a Novara e, in fondo anche in casa la scorsa settimana con il Carpi) o capovolgendo addirittura il risultato (Vicenza), abbattendo avversari in difficoltà (Ternana, a Trapani, a Bari e a Chiavari) e in salute (Cittadella), senza perdere la testa a Perugia, pur priva di diversi titolari. E' stato un continuo recupero di punti, posizioni di classifica, motivazione e consapevolezza. Alla fine, i 28 punti conquistati nelle ultime 15 partite hanno tracciato il percorso definitivo verso la serie A.
Qui il merito va a tutto il Verona, con i giocatori finalmente responsabilizzati, la società presente e l'allenatore in pieno controllo. Pecchia ha vinto la sua battaglia contro il mio pregiudizio verso un tecnico considerato troppo inesperto per una missione così delicata (in fondo, stiamo parlando della mia squadra del cuore). Eppure, col tempo ho saputo riconoscere ed apprezzare alcune caratteristiche che mi piacciono di un allenatore. La duttilità tattica: chi ha visto giocare l'Hellas ha potuto riconoscere cambi di modulo anche in corso gara e giocatori in grado di ricoprire più ruoli adattandosi alle situazioni. Poi, l'aver messo in discussione, quando necessario, chi era fuori condizione a prescindere dal nome (Pisano, Bianchetti, Fossati, Siligardi, Luppi) e a tutto vantaggio di ragazzi che in altre circostanze non avrebbero mai potuto emergere (Valoti, Zaccagni, Ferrari, Boldor). Infine, l'aver saputo compattare l'ambiente in estate, dopo le macerie della retrocessione, e nel finale di stagione.
Non è stato un campionato facile. A partire dal girone di ritorno ha ricordato il lungo testa a testa che ebbe Mandorlini con il Livorno. L'adattamento alla categoria è avvenuto in ritardo, dopo la splendida partenza, e questo ci ha portato un po' fuori strada. Tra gennaio e febbraio abbiamo raccolto la miseria di 5 punti in 6 partite dilapidando tutto il vantaggio accumulato. Ma la squadra alla fine si è ritrovata, ci ha creduto ed è stata premiata.
Non ci dimentichiamo che è mancato l'apporto fondamentale di gente come Cherubin, Franco Zuculini e Gomez, il cui contributo sarebbe stato decisivo nei momenti difficili, per esperienza e capacità tecnica. Ce l'abbiamo fatta anche senza di loro, vincendo anche per loro.
Certo, avere a disposizione capitan Pazzini, Romulo, Bessa e Bruno Zuculini rende tutto più facile. Ma il fallimento stagionale di squadre altrettanto piene di nomi altisonanti come il Bari, e la lotteria playoff che dovranno affrontare Carpi e Frosinone ci ricordano che niente è scontato.
Adesso mi fermo un attimo, mi gusto la promozione in pace. Voglio smettere per qualche giorno di fare calcoli, di interrogarmi sulle potenzialità di questo gruppo in serie A, cosa servirebbe, cosa manca, se Pecchia verrà confermato o no. Non è il momento di inquietarmi subito facendomi assalire da nuovi dubbi e preoccupazioni. Oggi si è fermato l'orologio. Oggi si è ricucito lo strappo. Torniamo esattamente dove ci siamo lasciati. Magari arricchiti dall'umiltà di una stagione di B e sollevati dalla gioia di veder nuovamente sorridere i nostri colori. Forza Verona! Grazie di esistere.
Massimo
Colonna sonora: Hellas Hellas, quando in campo scenderai, non vi lasceremo mai soli, insieme a voi!