L'eclatante 5 a 0 realizzato a Legnano mi stordisce e lascia in me anche un po' di amaro in bocca. Mi sento come quello che, di ritorno da una vacanza fredda e piovosa, scopre a casa sua giornate splendide ed assolate; oppure quell'altro che, dopo lunga analisi, acquista un tipo particolare di pc e il fine settimana successivo se lo trova nello stesso negozio in sconto promozionale, al 30% in meno. Questo, inevitabilmente, mi porta a fare consuntivi e riflessioni sull'intero campionato gialloblu a 3 gare dal termine. Ecco perchè mi pongo oggi il solito interrogativo di sempre: il bicchiere di questa stagione è da considerarsi mezzo pieno oppure mezzo vuoto? La domanda, a questo punto, ha un senso logico e in genere è meno sciocca (e pretestuosa) di quanto si possa immaginare. Perché i tifosi, alla fine, sono molto più obiettivi di quanto si possa immaginare e, se è vero che pretendono sempre il massimo dalla propria squadra, si rendono conto se gli avversari che ci precedono hanno qualcosa in più in termini di qualità o motivazioni oppure se si sono verificati comportamenti tali da non consentire di raggiungere risultati migliori. Faccio un paio di esempi. All'inizio della stagione, Cesena e Ravenna giravano nei bassifondi della classifica perché stavano incontrando le tipiche difficoltà di adattamento alla categoria dopo la retrocessione. Esattamente come è capitato a noi l'anno scorso, nello stesso periodo. Però loro, con il passare del tempo, si sono compattati e hanno scalato in maniera impressionante la classifica ponendosi stabilmente in zona playoff. Non so se ce la faranno o meno a tornare immediatamente in B, ma ci stanno provando in tutti i modi e, in questo senso, il loro bicchiere è già ora mezzo pieno e può trasformarsi in pieno fino all'orlo se ci dovessero riuscire. Perché allora la stessa reazione non l'abbiamo avuta noi lo scorso campionato? Perché chi doveva compattare la nostra squadra erano Colomba, Cannella e Arvedi, si dirà. Secondo esempio. Nel proseguo di quel torneo siamo passati dal possibile fallimento assoluto all'euforia per la salvezza conquistata in extremis a Busto. Addirittura, in quella occasione sono nati tra i tifosi gli «eroi di Busto». Ma nessuno di noi riesce davvero a compensare quelle forti emozioni con un giudizio meno clemente verso una stagione veramente disastrosa. Sono due aspetti distinti e separati tra loro e il bicchiere dell'anno scorso è, e rimane, sempre maledettamente vuoto.
A mio avviso, non è altrettanto facile giudicare questo campionato.
Personalmente non sono rimasto particolarmente deluso perché - a monte - non mi sono mai illuso che potesse succedere qualcosa di diverso. Le arrabbiature vere le ho avute durante estate e sono durate fino alla fine di ottobre, quando mi sono reso conto che molte cose non giravano secondo le mie aspettative.
Nel preciso momento in cui ci si accorge che gli obiettivi dei tifosi (vincere sempre) e quelli della società non coincidono, noi andiamo in tilt. Ci può essere qualcuno che fa fatica ad accorgersene e va avanti diritto per la sua strada fino all'ultimo; oppure ci può essere qualcun altro che fa appelli che risultano col tempo sempre meno ascoltati. Ma, alla fine, il momento della verifica arriva inevitabilmente e lo scollamento con la realtà è sempre doloroso. Magari chi se ne accorge prima degli altri ha tutto il tempo per sbollentarsi e accettare l'inevitabile. Ma poi finisce per dare importanza ad altri aspetti (come il passaggio di proprietà e i ronzii intorno alla fusione) che con il campionato non hanno niente a che fare. Questo è, ad esempio, quello che è capitato a me.
Però, volendoci dare un pizzicotto sulla pancia, dobbiamo ammettere che l'obiettivo stagionale di Previdi - «questo Verona non farà più soffrire i tifosi e ci toglieremo qualche soddisfazione» - è stato pienamente raggiunto.
Il mio nervosismo, all'epoca, era dettato dal fatto che mi sembravano traguardi ridicoli per una società così importante e così trascurata. Il fatto è che la squadra di quest'anno è stata costruita prima di tutto per arrivare ripulita alla cessione societaria (in questo modo si giustificano le numerose cessioni di giocatori in estate e della sede pastorelliana in autunno, con il fine esclusivo di ridurre le esposizioni) e in secondo luogo per non far soffrire ulteriormente i tifosi che venivano da 1 retrocessione e mezza. La promozione in B, oppure i playoff, non sono mai stati messi in cantiere e ci sarebbero stati persino problemi se la squadra fosse apparsa subito troppo sbarazzina e impertinente in termini di classifica.
Solo così riusciamo a comprendere perché nel ritiro gialloblu c'era un'atmosfera fin troppo «rilassata e accademica», perché le amichevoli estive hanno nascosto la squadra (eccetto quella con la Fiorentina), perché ha fatto seguito una disastrosa Coppa Italia e ci sono volute 7/8 partite per chiarire a Remondina l'assetto definitivo. Quando poi abbiamo cominciato a girare, ci siamo fatti apprezzare più per il fatto che eravamo bravi a non farci battere, che per essere diventati vincenti (su 9 partite consecutive abbiamo conquistato solo 3 successi). E il girone di ritorno? Buttati via gennaio e febbraio per colpa della confusione generata dal passaggio di proprietà, abbiamo cominciato a girare solo dopo la sconfitta di Ravenna, collezionando però ancora una volta un numero eccessivo di pareggi. Soprattutto negli scontri diretti. Anche nel nostro migliore momento, la distanza dal 5° posto è stata di 3 punti. Che agli occhi del tifoso è un niente, basta solo che 1) chi sta davanti perda e 2) che il Verona vinca. Ma che rappresentano una combinazione di eventi impossibile a realizzarsi per chi non è stato preparato mentalmente a fare l'assalto e deve affidarsi contemporaneamente alle disgrazie altrui. Un abisso.
Certo, qui emerge il rammarico per non essere riusciti a sfruttare l'entusiasmo susseguente all'arrivo di Martinelli e neppure il miglioramento qualitativo della squadra dovuto agli innesti di Pugliese e Rantier. Ma il fatto di avere un gruppo assemblato per resistere e non per vincere alla lunga ci ha inibito la possibilità di fare il salto di qualità. Questo è il motivo principale per cui nessuno, in questo periodo di grande concentrazione ed impegno, riesce a batterci; ma anche perché noi facciamo terribilmente fatica a battere gli altri.
Anche in questa circostanza ci siamo resi conto che per vincere occorrono requisiti come la consapevolezza dei propri mezzi (che hanno dimostrato di avere Cesena e Ravenna), l'entusiasmo e la sfacciataggine (tipico delle neo promosse come Reggiana e Spal, oppure delle società che sono organizzate splendidamente come Cittadella e Sassuolo dello scorso anno), e la disperazione (Pro Patria). Tutte caratteristiche che mancano a questo Verona. Ci sarebbero voluti, insomma, un altro paio di selvaggi e scostumati 5 a 0. Poi possiamo discutere tutto il tempo che vogliamo (senza peraltro arrivare ad una soluzione comune) dei meriti e dei demeriti dei singoli e del tecnico gialloblu, ma rimane il fatto che nessuno di loro è arrivato lo scorso luglio per portarci in B.
Nei giorni scorsi chiacchieravo con Davide sulle capacità di Remondina e su un giudizio definitivo nei suoi confronti. Al di là delle singole posizioni che abbiamo, è chiaro che se lo dobbiamo valutare per quello che è stato chiamato a fare in un solo anno di contratto, cioè dare dignità al gruppo e valorizzare qualche giovane (come è accaduto per Bergamelli, Campisi e Tiboni), lui ha centrato perfettamente i propri obiettivi. Se invece ci si aspettava di più da un tecnico che conosce bene la categoria, che ha conquistato 2 promozioni e 1 accesso ai playoff siamo piuttosto delusi da lui. Ecco perché, al di là di tutto, il nocciolo della questione rimane sempre quello degli obiettivi societari e del conseguente lavoro di preparazione (mentale e tecnico) fatto per raggiungerli.
E' tutto da buttare allora quello che abbiamo visto finora?
Direi proprio di no. Innanzitutto, dopo 2 campionati consecutivi, quest'anno non abbiamo mai lottato per non retrocedere; poi abbiamo cominciato a capire cosa significa realmente giocare in serie C ed è stato fatto un profondo repulisti di giocatori viziati, costosi e poco attaccati ai nostri colori. Infine è arrivato Martinelli, e non è poco visto che con Arvedi non avevamo né un presente né un futuro.
Ora però, superata anche la faccenda relativa alla fusione con il Chievo, credo che sia ben chiaro alla società l'obiettivo del prossimo campionato: la serie B.
Se ci rendiamo conto che è dal lontanissimo 1998/99 che il Verona non lotta per vincere un campionato, capiamo però quanto sia difficile realizzarlo e che non bastano né le buone intenzioni della proprietà e neppure la bramosia dei tifosi per riuscirci. Da allora abbiamo subito invece 2 retrocessioni (dalla A alla C) e ci siamo salvati 2 volte in extremis vincendo i playout (con Reggina e Pro Patria). Altrimenti oggi saremmo combinati ancora peggio. C'è un'intera generazione di tifosi gialloblu che non ha mai visto il Verona vincere qualcosa! Ma vi rendete conto?
Chiarito dunque che l'anno prossimo dobbiamo assolutamente puntare alla promozione, dobbiamo farlo con umiltà e cattiveria. Oramai non basta più spendere un mucchio di soldi per assicurarsi l'accesso alla serie B, come ripetutamente confermano Cremonese e Padova. E neppure avere un nome famoso, come ribadiscono Perugia, Venezia, Foggia, Ternana, Pescara, Catanzaro. L'anno prossimo dovremo confrontarci nuovamente con le eterne sprecone della categoria, con le sconfitte ai prossimi playoff, con Modena e Treviso (o chi per loro) che retrocederanno in C e con qualche sorpresa che non manca mai. Ci saranno insomma una decina di avversari in lotta per soli 2 posti. Ma questa è la storia di sempre: non possiamo mica spaventarci, dobbiamo crederci e basta!
Anche perché, se oggi riusciamo ancora a contenere la frustrazione di essere rimasti fuori dai posti che contano, il bicchiere dei tifosi finirà sicuramente per infrangersi nelle nostre mani se non saremo in grado di diventare finalmente protagonisti. Per questo, archiviata in anticipo la tensione nervosa di questo campionato di transizione, non voglio farmi mancare proprio niente a partire dal 1 luglio. Meglio dunque che la società si prepari al meglio per la sfida che l'aspetta. Noi, da parte nostra, siamo sempre stati pronti.
Massimo
COLONNA SONORA E' il blues il genere musicale che meglio si addice all'Hellas e ai suoi tifosi. Perché viene dalla campagna (country blues) o dalle fabbriche della città (city blues) e scandisce i tempi e il sound che parlano di fatica, amore, dolore.
Every Day I Have The Blues, è un classico del grande (in tutti i sensi) B.B.King, una cavalcata da seguire fino alla fine. E da ripetere all'infinito, con tutti i doppi sensi che alla nostra fantasia vengono in mente. Basta che ci sia ancora il ritmo. Basta che ci siamo ancora noi.