Più o meno è andata come temevamo, anzi peggio: Verona
fermato dal calendario e inseguitori al sorpasso. La nostra situazione, con le
dovute differenze, ricorda molto quanto si è verificato 64/65 anni fa, durante
la seconda guerra mondiale. Nel 1942 i tedeschi perfezionarono un’arma
micidiale, si trattava di un sistema di comunicazione crittografato a vantaggio
soprattutto della marina (in particolare con i temibili U-Boot) e della Luftwaffe, noto con il nome di ENIGMA. Da una
posizione iniziale veniva spedito un messaggio alfanumerico ad un determinato
destinatario che, attraverso un codice di decodifica, riceveva istruzioni
operative. Anche catturando le macchine Enigma non si poteva tradurre il
messaggio se privi del codice stesso. L’impossibilità di prevenire l’attacco
dava un incredibile vantaggio ai tedeschi e numerose missioni di quel periodo,
soprattutto in campo marittimo, venivano concluse con successo. Ogni mese le
forze alleate dovevano registrare l’affondamento di una trentina/quarantina di
navi in mare aperto e i collegamenti erano diventati rischiosissimi. La loro
grande frustrazione era dettata dalla difficoltà di dare un significato a
quelle lettere appiccicate l’una all’altra. Eppure, alla fine Enigma non riuscì
a cambiare il corso della storia.
In un certo senso Ventura
ha crittografato il Verona. Questa squadra si sa nascondere abbastanza bene
contando sulla compattezza del proprio settore difensivo e sulla dinamicità a
centrocampo di Pulzetti, Guarente e Ferrarese. Evita puntualmente di prendere
in mano la gara e punta a colpire l’avversario quando abbassa le proprie
difese: nei momenti iniziali o in quelli finali della gara. La striscia
positiva di 11 gare ha giustificato pienamente il successo di questa strategia.
Come detto, i tedeschi non si erano molto preoccupati
della cattura dei loro apparecchi o sommergibili, perché possedere Enigma senza
la relativa chiave era pressoché inutile. Questo pensavano, perché così è stato
per molto tempo. Difatti, il codice cambiava frequentemente e - visto il numero
dei caratteri - le possibili combinazioni ammontavano a 150 milioni di
miliardi.
Ma l’apparenza inganna. Anzi illude. Il fatto stesso di
possedere macchine Enigma ha permesso agli alleati di studiarle da vicino,
convogliare i migliori matematici (Alan Turing basta e avanza) in una struttura
adibita allo scopo (la celeberrima Bletchley Park), verificare se ci fossero
punti deboli nella chiave di lettura. E il punto debole, alla fine, è stato
trovato: nessuna lettera dell’alfabeto ripeteva mai se stessa. Quindi, nessuna
lettera A corrispondeva ad una A, B a B e così via nel testo crittografato.
Questo, alla fine, ha ridotto enormemente il numero di combinazioni possibili.
E una volta scoperto l’inghippo, il codice è stato violato.
Per analogia, il Verona non è caduto a Bologna per colpa
di un avversario migliore di lui. E’ stato fermato prima.
- Come? Affrontandolo nello stesso modo.
- Quando? Spezia, Treviso e Modena, che non sono
certo avversari trascendentali, hanno portato via punti preziosi al Bentegodi;
la Triestina ha fatto lo stesso in casa sua.
La migliore arma
della squadra gialloblu, il suo non gioco, gli si è rivoltata contro come
capitò ai tedeschi che, certi dell’inviolabilità di Enigma, proponevano
attacchi sempre più arditi e con minori coperture strategiche e logistiche.
Il punto debole delle formazioni di Ficcadenti è stato
quello di cercare di prendere in mano il pallino del gioco, ma in un unico
modo. Contrastato, il Verona pareggiava sempre perché il mister non è mai
riuscito a modificare l’assetto tattico e a dare maggiore autonomia ai propri
giocatori. E’ stato solo grazie agli «indisciplinati» Behrami, Adailton e
Munari che ha ottenuto qualche risultato positivo. Perduti giocatori in grado
di inventarsi qualcosa con la potenza o con la tecnica di cui erano dotati, le
sue squadre sono diventate noiose e metodiche macchine da pareggio. Adesso
Ventura sta finendo nella stessa gabbia. Vista l’incapacità cronica di dominare
gli avversari, ha deciso di aspettarli sperando in un loro errore. Errore che,
peraltro, stiamo verificando sempre di meno. Non è più sufficiente cambiare gli
esterni offensivi o le punte per ottenere maggiore pericolosità offensiva, come
non fu sufficiente ai tedeschi modificare i codici per salvaguardare la
sicurezza dei messaggi. Lui non ha ancora insegnato al Verona a giocare
all’attacco, cercando di prendere il sopravvento in campo; si fida così poco
della qualità dei propri giocatori (forse anche a ragione) che teme di mandarli
allo sbaraglio. Per questo motivo, considerato anche che è in possesso
dell’attacco più debole della categoria, ha pensato che sia sufficiente colpire
tramite qualche scorribanda e agguato e non con assalti della cavalleria. Il
problema è che, una volta scoperta la chiave di lettura, il Verona si è reso
totalmente disponibile ai suoi avversari.
A parte ieri pomeriggio, quando Nieto ha giocato un
pomeriggio per Preziosi dopo essersi negato per una stagione intera ad Arvedi,
era da tempo immemorabile che i gialloblu non riuscivano a fare gol su azione
manovrata. Anzi, le ultime reti erano avvenute per merito esclusivo di
conclusioni da fuori area: Guarente (Triestina), Da Silva (Rimini) e Babù (Modena). Questo la dice lunga sull’incapacità di
organizzare schemi offensivi, di trovare sbocchi sotto porta. Certo, quando
l’avversario è anche più forte, come è capitato nelle ultime 3 partite,
l’incapacità diventa ancora più esasperata e si trasforma in impotenza. Ma
pensare di andare avanti solo grazie a siluri dalla lunga distanza è sintomo di
inadeguatezza, mancanza di soluzioni e disperazione. Qualcosa deve cambiare, mister e in fretta anche, perché tutte le
nostre avversarie - differentemente da noi - sanno vincere le loro partite
anche dominando l’avversario.
Ventura, d’altra parte, non ha ancora risolto il problema
interno Akagunduz, che è l’unico giocatore che sa triangolare in area di rigore
e chiudere con sufficiente efficacia (il curriculum e 2 gol in 59 minuti mi
sembrano credenziali sufficienti, eppure…); e deve organizzare la squadra
giocando costantemente con 2 punte e mezzo. Insomma, il tecnico deve decidersi
quanto prima a cambiare mentalità alla squadra, anche correndo il rischio di
esporre la difesa. Siamo diventati troppo prevedibili, tutti ci conoscono ormai
e ci fanno sprecare preziose energie: così, mentre noi corriamo a vuoto
adattandoci agli avversari di turno, gli altri vanno diritti in porta. Non è un
caso se, nelle ultime 5 partite - quindi inglobando anche 2 scontri diretti
casalinghi - il Modena ci ha recuperato 9 punti,
lo Spezia 6, l’Arezzo ben 11. La politica dei
piccoli passi, ora non funziona più. E i gol di
Turati e Akagunduz, negli ultimi istanti di gioco, sono stati un’illusione di
forza più che una consapevolezza: cessata quella magia ci sono rimasti solo i
tiri da lontano.
C’è poi un altro elemento che non possiamo più trascurare:
la stanchezza psicofisica dei giocatori.
Più psicologica che fisica, a dire il vero. In passato paventavo che, quando il
Verona si fosse reso conto di potercela fare, sarebbe crollato. Non si spiega
altrimenti lo spreco di punti nelle 3 gare casalinghe (5 contro i 7
pronosticati, di cui 2 regalati da Pegolo). Ho sempre temuto molto lo scarico
primaverile, ma contavo sul turnover e sulla paura di retrocedere per riuscire
a compensarlo.
Adesso la situazione sta sfuggendo di mano. Il modo di
negarsi caratteristico della nostra squadra avrebbe dovuto agevolarla in questi
ultimi turni nel mettere in difficoltà formazioni più forti di noi costrette a
batterci. Insomma, almeno 1 punto poteva scapparci giocando con l’intensità di
marzo contro un Bologna in crisi di identità, una Juventus svogliata e un Genoa
disposto a concedere spazi. Invece le abbiamo affrontare a peso morto, senza
opporre troppa resistenza, dietro l’alibi che avremmo perso comunque. Solo con
la Juve si è visto qualcosa ma più per demerito degli juventini che per merito
nostro. Difatti, di tiri nello specchio della porta non ne ricordo alcuno.
Quelli calciati alle stelle, sì. In queste gare, a mio avviso, non c’è stata la
cattiveria di una squadra che sta lottando per non retrocedere. E questo, non
solo per colpa della fatica o degli infortuni più o meno tattici.
Forse Cannella ha nuovamente sbagliato i tempi nella
gestione del gruppo: non era il caso di attendere ancora un po’ prima di
prendere accordi con i giocatori più rappresentativi per il rinnovo o il
prolungamento del loro contratto? Nessuno di loro ha la personalità di
Cristiano Ronaldo, pur avendone l’età, e nessuno di loro è in grado di rimanere
impermeabile davanti a certe insistenze e gratificazioni. Del resto, un conto è
lavorare a Manchester dove o piove o c’è la nebbia, e un conto è stare a
Verona, città notoriamente godereccia, vicina alle bellezze del lago, alle
discoteche milanesi e agli chalet dell’Alto Adige. Fatto sta che, ogni volta
che in casa gialloblu si parla del futuro, qualcosa dal punto di vista della
concentrazione viene sempre a mancare. Chissà perché?
Forse Ventura non riesce più a tenere in mano la squadra
come prima, chiedendo ogni volta qualcosa di diverso ai giocatori. A parte 4 o
5, nessuno ha capito chiaramente se ha la stima del mister, se deve essere
considerato titolare o meno. C’è una strana paura di mettersi a disposizione
del gruppo, a forza di allargare responsabilità e coinvolgimento lo si sta
disperdendo. Ma questo è Ventura, signori miei, un tecnico troppo intelligente
per un gruppo di ragazzini cresciuti con la frusta (e liberati troppo presto)
da Ficcadenti: lui parla un linguaggio motivazionale che in pochi riescono a
tradurre. Il vero Enigma è all’interno dell’U-Boot gialloblu, in fondo
all’oceano.
Purtroppo la classifica del Verona era drogata da un
calendario generoso e montata da vittorie anomale. Non importa, adesso è arrivato il momento di tirare fuori gli
attributi e dimostrare che valiamo la salvezza. Nulla è ancora compromesso,
ma siamo proprio in bilico: basta un soffio – contro Arezzo e Frosinone – che
scendiamo direttamente in C. Ma basta uno strattone e possiamo cacciarne giù
altre 2. Dipende solo da noi.
Il fatto è che temo molto questa squadra decrittata e
priva di soluzioni offensive. Non so che sviluppi prevedere per il futuro. Il
Verona deve assolutamente snaturarsi, abbandonare ogni strategia attendista e
recuperare in fretta se stesso. Arezzo,
che fu il simbolo della caduta di Ficcadenti nel girone d’Andata con la squadra
che gli giocò contro, rappresenta un appuntamento della medesima importanza per
Ventura. In Toscana occorre invertire la rotta e conquistare prepotentemente 3
punti pesanti sia per fermare il recupero minaccioso dei toscani, che per
ritrovare la convinzione nei nostri mezzi.
Non ci rimane più molto tempo, mister, la guerra sta per
finire. Ma questo lo sa anche il nemico.
Massimo