Beh insomma, questo è un risultato importante per noi. Certo, se fossimo riusciti a tenere fino alla fine il gol di vantaggio di Stamilla avremmo condannato definitivamente la Paganese alla retrocessione diretta, però la classifica si è messa in modo tale da permetterci di guardare ai playout in maniera più convincente. Anche perché ci siamo confermati e siamo usciti bene dalla prima prova generale al duello estremo di fine maggio.
UN'OCCHIATA AGLI ULTIMI 180 MINUTI Adesso per la Paganese si è messa davvero male: ha solo 2 giornate di tempo per recuperare 2 punti a 3 avversari diversi, tra i quali il Verona, e non è più in grado di vincere una sfida decisiva. Mettetela come vi pare, ma dubito fortemente che i campani riescano ad azzerare questo svantaggio perché domenica prossima affronteranno il difficilissimo derby con la Cavese che, dopo la Ternana (15 punti nelle ultime 7 partite), è con il Verona la squadra più in forma del campionato (13 punti). Poi ospiterà il Cittadella, forse definitivamente fuori dalla promozione diretta e con la testa già proiettata ai playoff, ma a quel punto potrebbe essere troppo tardi. La grossa occasione l'ha sprecata domenica scorsa pareggiando contro di noi, adesso gli restano solo occasioni più teoriche che reali.
Più complicato il discorso che riguarda Manfredonia e Lecco, verso cui vantiamo rispettivamente il vantaggio della partita di andata e quello del duplice scontro diretto. Entrambe devono affrontare un avversario in lotta per la B (Sassuolo e Cremonese) e sono costrette a lottare tra di loro per evitare i gialloblu nei playout. Molto meglio, in ogni caso, la Pro Patria che si giocherà l'intera stagione ospitando la Ternana con poche chance di successo finale. I pugliesi, una volta sicuri del penultimo posto, potrebbero addirittura decidere di giocare a perdere contro di noi, consegnandoci in questo caso il Lecco. Il Verona, per come sta giocando e per l'organico che ha a sua disposizione, oggi è una mina vagante da scansare accuratamente.
A tal proposito, decisivo è stato scendere a Pagani con 2 punti di vantaggio in classifica. Questo ha obbligato i nostri avversari a giocare contro di noi solo per vincere, facendo in questo modo il nostro gioco e soffrendo l'eccessiva tensione che non aiuta mai in queste circostanze. L'esperienza di certi calciatori abituati a palcoscenici ben differenti e il lavoro di Pellegrini hanno fatto il resto. Anche i limiti offensivi sembrano superati: i gialloblu adesso segnano con regolarità, non offrono punti di riferimento davanti e si pregiano del fatto che ben hanno mandato in rete ben 13 giocatori diversi. Il centrocampo, finalmente schierato a 3, non è più sottoposto ad inferiorità numerica e la difesa regge anche se manca qualche titolare importante (contro la Paganese, Gonnella e Mancinelli). Persino le amnesie di gennaio e febbraio sono state superate.
A questo punto non ci rimane che battere l'innocuo Novara e scendere in Puglia con la consapevolezza di puntare al quart'ultimo posto di classifica. Un risultato che, un paio di mesi fa, ritenevamo davvero impossibile.
SIAMO PREDE O PREDATORI? C'è gente che, ancora oggi, ritiene la retrocessione in B conseguenza dell'errore tecnico di Cutolo davanti al portiere spezzino e dell'arbitro che ci ha negato un rigore sacrosanto all'ultimo minuto di gioco. Così facendo questi tifosi accaniscono la loro disperazione contro l'albero che vedono davanti a loro, senza rendersi conto che sono finiti all'interno di una foresta. La sfortunata trasferta di Spezia è stata in verità la punta estrema di un iceberg molto più profondo. E la foresta che non riusciamo ad accettare è data dal pessimo girone di andata dove si è perso un sacco di tempo a litigare, mettere giocatori fuori rosa, giocare contro il tecnico di allora; e poi dal pessimo finale di campionato nel quale non siamo riusciti a vincere alcun confronto diretto negli ultimi 2 mesi e mezzo, arrivando ai playout nuovamente divisi all'interno e senza la giusta mentalità. Quella squadra, a cui bastavano 2 pareggi per potersi salvare, si era dimenticata di come si fa a vincere una partita vera, troppo illusa dalla splendida prestazione di Mantova (un vero capolavoro di Ventura) e dai successivi incontri con Cesena e Bari. Ma mentre i virgiliani hanno letteralmente perso la testa e i loro playoff contro di noi - pensando di aver vinto in partenza la gara - le altre partite sono state facilitate dalla mancanza di stimoli dei nostri avversari e dalle buone relazioni tra le società, come hanno testimoniato le successive operazioni di mercato a loro favore. La triste realtà di allora è senz'altro un'altra: i gialloblu, che non hanno saputo battere lo Spezia in 4 partite, neppure giocando l'ultima davanti a 25.000 persone, sono retrocessi in C1 nel momento stesso in cui sono stati obbligati ad affrontare i playout. Questo, a prescindere dall'avversario che avremmo dovuto incontrare. Pensate forse che l'Arezzo di allora, 6 punti contro di noi, ci avrebbe concesso maggiori possibilità? Assolutamente no. E non è un caso se la Triestina, pari punti, ha evitato i playout proprio per merito dello scontro diretto. La foresta appunto, non il semplice albero.
Quest'anno le cose si stanno mettendo in maniera completamente diversa. È vero che il Verona è stato ultimo per tre quarti della stagione e penultimo nell'ultimo quarto, però qualcosa è cambiato ultimamente. Perlomeno negli ultimi 40 giorni. E 40 giorni sono tanti, segnano un trend, danno convinzione.
Il merito, a mio avviso, va condiviso tra Galli e Pellegrini. Inutile negare che l'arrivo di gente importante come Stamilla, Bellavista, Gonnella, Garzon e (perché no? perfino) Di Bari sta facendo la differenza. E' mancato il centravanti che tutti auspicavamo, ma alla fine la qualità collettiva paga. Anche perché questa è gente di categoria superiore, sono tutti ragazzi di esperienza che non accettano di mollare senza combattere. Certo, c'è voluto un po' di tempo per quadrare il cerchio: è stato necessario prima di tutto togliersi di torno la presenza ingombrante di Sarri e la sua metafisica, poi qualche elemento di disturbo come Da Silva, Morante e Morabito, e infine affidarsi alla semplicità di certi automatismi. Dopo il successo esterno di Monza, un dirigente gialloblu mi ha confidato che il merito più grande di Pellegrini è stato quello di aver tolto i fronzoli alla squadra, aver scelto solo i giocatori che lo seguivano e aver chiesto a chiunque concretezza e determinazione. Poco alla volta ognuno si è ritrovato e ha compreso quanto può dare a questa stagione. Il tecnico gialloblu, che non sarà mai uno stratega di spessore, ha restituito serenità e dignità all'ambiente. Agevolato anche dalla consapevolezza che – qualunque cosa sarebbe successo – avrebbe guidato la squadra fino alla fine del campionato. E in questo contesto, anche l'arrivo di un uomo importante per lo spogliatoio come Caverzan ha dato il suo contributo. E Caverzan è un uomo di Pellegrini.
Con questo non voglio assolutamente dire che il Verona è destinato a conquistare i playout e a vincerli. Magari! Questo significa semplicemente che la squadra si è unita, è diventata identificabile nei ruoli e nei giocatori, capace di rimediare immediatamente ai cali di tensione avuti con il Padova battendo in casa sua il Monza, di approfittare delle debolezze altrui (Foggia e Pro Patria), di vincere uno scontro diretto con chi è venuto al Bentegodi solo per non perdere (Lecco) e di non perdere mai la testa nella trasferta più difficile della stagione (Pagani).
E' chiaro che devono succedere tante altre cose prima di chiudere questo terribile campionato con la salvezza che tutti auspichiamo, però dobbiamo prendere atto che ci prepariamo ad affrontare il finale nella migliore condizione possibile. Poi, succeda quello che deve succedere: nel frattempo i gialloblu stanno diventando consapevoli di sé e tocca ai nostri avversari cominciare a temerci. Tempo fa, in questa stessa rubrica, evidenziavo il fatto che arrivare a disputare i playout non significa automaticamente salvarsi. Confermo tutto, solo che adesso sono in grado di aggiungere che non partiamo mentalmente battuti. Sono gli altri, a questo punto, che devono dimostrare di essere più forti di noi. E la Paganese è stata la prima ad arrendersi all'evidenza.
Massimo