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HELLAS VERONA / Canone Inverso

ALLA DISPERATA RICERCA DI UN MAGO (DI OZ)


ALLA DISPERATA RICERCA DI UN MAGO (DI OZ)

Totò, ho l'impressione che non siamo più nel Kansas (Dorothy). Due anni fa, di questi tempi, il Verona navigava miseramente all'ultimo posto in classifica con 6 punti in compagnia del Carpi. Davanti a loro, 5 sopra, il Frosinone faceva da coda a un lungo filotto di possibili contendenti alla retrocessione. Solo possibili, visto l'esito finale del campionato. In pratica, tutto era già stato scritto e deciso quindi a partire dalla dodicesima giornata. Era una squadra strana quella, teoricamente attrezzata per disputare un buon campionato, sufficientemente ambiziosa al punto tale da dare filo da torcere a Roma e Inter e guidata da un tecnico che aveva la massima considerazione della piazza (due promozioni e due buone stagioni in A alle spalle) e della società. Il Verona aveva però sbagliato la preparazione, faticava a tenere i 90 minuti e mister Mandorlini, per porre rimedio a campionato in corso, era stato costretto a forzare i carichi atletici esponendo molti giocatori ad una serie incredibile di infortuni muscolari. Nessun successo fino a quel momento, 6 pareggi tra cui quello nel derby e a Carpi, un'avversaria diretta. Per la verità, i sintomi di un certo scollamento c'erano stati a Genova con la Sampdoria e nello scontro diretto interno con il Bologna che aveva frustrato la speranza di aggancio, ma tutti noi pensavamo che, in qualche modo, la partenza disastrosa poteva essere recuperata da un momento all'altro. Possibile che, oltre Mandorlini, gente come Rafa Marquez, Moras, Hallfredsson, Romulo, i giovani Viviani e Helander, Pazzini, capitan Toni e Juanito non contasse più nulla?

Oggi abbiamo esattamente gli stessi 6 punti di allora. Il terzetto di coda Benevento, Hellas e Genoa pare bello confezionato per la retrocessione finale, anche se il quart'ultimo posto è molto meno distante di allora (il Sassuolo è 2 punti sopra, contro i 6 di Udinese e Bologna di allora).

Il fatto è che ora noi stiamo vivendo una condizione molto più sconfortante di allora perché ci rendiamo conto di avere una squadra veramente modesta, senza esperienza e con poche alternative. Ogni partita è condizionata da errori individuali (alcuni veramente imbarazzanti). E se cerchi una soluzione, in panchina trovi solo ragazzini volenterosi ma destinati a bruciarsi perché mandati allo sbaraglio. E' risaputo (tranne che a Fusco, mi pare ovvio) che la valorizzazione di un giovane passa attraverso la mancanza di pressione e un ambiente sereno, nel quale anche un errore serve a far crescere. Invece il direttore sportivo ha cambiato la logica delle cose: nessun giovane ha tempo di maturare a Verona, deve entrare in campo e rendere come un giocatore navigato. Pazzesco.

In più, neppure Pecchia sembra in grado di riuscire a trovare soluzioni adeguate. Ma qui il discorso è più complesso.

A questo proposito, sono tra i pochi che non ritiene il mister il principale responsabile di questa situazione. Pecchia è al debutto assoluto in serie A (l'esperienza è la sola cosa che porta la conoscenza, e più tempo passi sulla terra, più esperienza ti fai sentenzia il Mago di Oz) e non è certamente un illuminato alla Simone Inzaghi, ma sconta anche colpe non sue. La principale, semmai, è quella di essere lui stesso vittima e non protagonista della situazione attuale. Il che, per una figura apicale, non è poco. Quando però assisti a certi errori così grossolani da parte dei tuoi giocatori che nemmeno in oratorio troverebbero giustificazione, fatichi a fartene una ragione. Credo inoltre che paghi la mancanza di feeling con i tifosi (un cuore non si giudica solo da quanto tu ami, ma da quanto riesci a farti amare dagli altri suggerisce furbescamente il professor Marvel), e una forma di aziendalismo incondizionato dal quale ogni tanto bisognerebbe prendere le distanze per non farsi trascinare giù, oltre che delle scelte scriteriate di Fusco in sede di mercato, più preoccupato di inseguire un personaggio come Cassano (magari lui invece ha capito al volo l'andazzo che si prospettava...) che di mettere un po' di qualità in rosa. In ogni reparto abbiamo scommesse: o di età, o di tenuta fisica, o semplicemente di esperienza. E la classifica è l'inevitabile conseguenza.

Per sperare in un miracolo abbiamo bisogno di un mago vero. Uno che individui in fretta il Sentiero Dorato. Un tipo straordinario, in grado di infondere fiducia ai giocatori prima e ai tifosi poi. Indipendentemente da quello che ha a disposizione.

Parliamoci chiaro, Fusco difende Pecchia perché sa che il primo a dover essere esonerato è lui stesso e non c'è nessun altro in giro in grado di metterci la faccia. Dove lo trova un altro Pecchia? Vorrei piuttosto sapere cosa pensa realmente il presidente Setti. Sa quanto sta rischiando?

Scordiamoci a Verona imprese come quelle del Crotone dell'anno scorso. Loro, sulla carta, non avevano alcuna chance di salvarsi, e proprio il loro disincanto ha reso possibile il prodigioso recupero. Nicola non è mai stato messo in discussione dalla piazza, qualunque cosa fosse venuta fuori era meglio di niente. Non avevano giocatori da recuperare alla Cerci (e quindi nemmeno da aspettare ...), solo tenaci combattenti desiderosi di mettersi in mostra nella speranza di trovare un Empoli qualunque in crisi di identità. Anche perché al contrario dei toscani, dall'inizio alla fine, il Crotone ha sempre mantenuto intatta la propria identità.

Non è stato così neppure per il Verona di Mandorlini, destinato di lì a 15 giorni a perdere la testa a Frosinone e a mollare armi e bagagli anche all'Empoli in casa con Delneri appena approdato; due scontri diretti decisivi a incanalare il campionato verso una via di non ritorno. Nonostante il cambio di panchina (che non ha portato alcun miglioramento concreto) e la girandola di giocatori scadenti presi in prestito a gennaio. Novembre aveva già decretato il destino gialloblu.

Oggi abbiamo a disposizione 4 partite decisive: Bologna e Genoa in casa, Sassuolo e Spal in trasferta. Non sarà decisivo novembre, metà dicembre sicuramente sì. Certo che se giochiamo con lo spirito confuso di Cagliari, faremo ben poca strada. In questo Pecchia ha però responsabilità precise: quanti passaggi siamo riusciti a fare? Quanti tiri in porta? Se sei certo che dietro, prima o poi, qualche errore ci scappa sempre devi assolutamente essere più sfrontato davanti. Invece noi siamo fragili tecnicamente e senza consistenza caratteriale. E' facile giocare bene con l'Inter, ma è quando devi confermarti che il Verona tradisce se stesso. Come il secondo tempo di Bergamo e qui in Sardegna contro un avversario diretto. Il problema è che questo gruppo non è in grado di trovare quel posto dove non si possa avere delle noie. Non ce la fa proprio. E qui la colpa è collettiva, da Setti al terzo portiere nessuno può tirarsi fuori.

Tu pensi che esista un posto simile, Totò? Deve esserci. Ma non credo che ci si possa arrivare con un piroscafo o un treno. Deve essere molto lontano: oltre la luna, oltre le nuvole... Da qualche parte, oltre l'arcobaleno, lassù in alto...(Dorothy)

Massimo

Colonna sonora: Over the Rainbow, ovviamente. Che tristezza.

Hellastory, 06/11/2017
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IL VERONA E' UN ASSET


Ogni passaggio di proprietà rappresenta per il tifoso la chiusura di un'epoca. Si perdono i riferimenti emotivi, si aprono nuove speranze, si teme sempre un po' anche per la competenza dei nuovi arrivati. Poi c'è il giudizio storico della (lunga) parentesi settiana definito dai suoi risultati sportivi, dalla permanenza in serie A, dallo spettacolo calcistico offerto (in termini di giocatori che lo hanno espresso e dei tecnici che lo hanno preparato), dall'immagine complessiva che ha ritratto il Verona sotto il suo comando. In tutto questo c'è soprattutto una stagione aperta e una salvezza da conquistare. Insomma, all'assalto del tifoso convergono tutta una marea di sensazioni nuove che eccitano ancora di più lo stato d'animo. Più una, alla quale non eravamo abituati: il passaggio da una proprietà individuale ad un fondo di investimento americano (private equity). Mettiamo subito in chiaro un punto: ogni passaggio di proprietà, a prescindere da quello che accadrà in seguito, è sempre un'ottima notizia. È sufficiente realizzare da una parte che il vecchio ha alzato bandiera bianca di fronte alla gestione del quotidiano, sempre più difficile da sostenere, e alla difficoltà di assicurare un futuro in linea con gli anni passati, soprattutto in un periodo economico caratterizzato dall'aumento dei costi e stressato dal Covid prima e dagli alti tassi di interesse poi. Dall'altra, il nuovo arriva con la certezza di fare bene portando con sé nuove risorse, entusiasmo e voglia di fare. Uscire al momento giusto poi aiuta tutti, tifosi compresi.

[continua]

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