Nell'Hellas ci sono due allenatori: il primo, quello che in questo momento ci sta inorgogliendo, ha costruito una squadra che, partendo dalla fase difensiva riesce a scatenare in avanti Fares e Cappelluzzo grazie alla partecipazione corale. Non è facile fare gol ai ragazzi della Primavera e, se anche succede a seguito di un errore individuale, c'è tanta forza d'animo dentro da ribaltare il punteggio e conquistare la finale del Torneo di Viareggio. Questa squadra è libera di cambiare continuamente modulo offensivo perché è piena di certezze dietro. Tutti sanno proteggere il pallone, tutti sanno raddoppiare in marcatura. L'altro allenatore, che in questo momento invece sta ridicolizzando il nostro Verona, non sa cosa significa lavorare sulla fase difensiva, pratica un calcio impersonale e prevedibile sperando che con l'ordine e la disciplina tattica qualche pallone decente arrivi a Toni. Peccato che alleni la prima squadra. Da una parte c'è un gruppo che reagisce e, a prescindere da come finirà la finale, non molla mai e non perde la testa. Dall'altra, un altro dove gli attaccanti (in pratica, uno solo, il capitano) settimanalmente devono recuperare i disastri individuali e collettivi dei difensori. Non può costruire niente, perché mezza squadra gliela smonta. Eppure doveva essere la partita della riscossa quella del Ferraris, invece l'autogol di Agostini (giocatore imbarazzante!) ha aperto i cancelli della disfatta. Non c'è dubbio, sono più maturi i nostri diciottenni dei fenomeni illustri della prima squadra. Anche perché, è triste ammetterlo, sono guidati meglio in panchina.
La partita è stata emblematica. Tre gialloblu reattivi e rabbiosi (Toni, Juanito e Hallfredsson), il resto imprigionato dalla propria mediocrità. Anche se siamo stati sfortunati con Gomez nell'occasione dell'incrocio dei pali che poteva portarci sul 3 a 3, è netta e disarmante l'impressione che ogni volta che i genoani avanzavano era gol. O sbagliavano loro, o il pallone entrava. Non c'era scampo. Persino a voler cambiare in blocco i nostri difensori (in tutte le realizzazioni hanno responsabilità dirette) non c'è stata alcuna protezione davanti.
Nella giornata in cui il Chievo vince (e ci raggiunge), e Empoli (anche lui a quota 24) e Cagliari conquistano punti pesanti in trasferta, la manita in faccia ai gialloblu fa ancora più male. Persino il pareggio all'Olimpico del Parma, strafallito e senza futuro, ci mortifica. Non solo sono la testimonianza che gli altri sono più vivi che mai, ma ahimè confermano anche che Mandorlini non ha più in mano il gruppo e che la società non ha altra scelta che esonerarlo. Subito. Poteva (doveva?) farlo a novembre dopo la brutta sconfitta di Sassuolo, oppure dopo la doppia umiliazione con la Juventus. Ora, in attesa di un ciclo terribile (Roma, Milan, Napoli, Lazio) e lo scontro diretto a Cagliari (a soli 4 punti), il rischio di un coinvolgimento nella lotta per non retrocedere si fa sempre più concreto. Occorre una scossa immediata. I continui confronti all'interno dello spogliatoio e le dichiarazioni di facciata del mister non servono più a nulla. Per il bene del Verona occorre cambiare in fretta e bene. perché altrimenti, proprio i limiti della rosa sconclusionata composta da giocatori presuntuosi ma oggi anche impauriti, ci espongono più degli altri ai rischi della retrocessione. Questa squadra non è nata per salvarsi, e quindi fa più fatica per uscirne fuori.
Anche Mandorlini non sa come si lotta per non retrocedere. Chi spera ancora in lui dimentica i 2 esoneri a fronte di un solo campionato portato a termine in serie A.
Pavanel ci ha insegnato che il calcio non guarda in faccia proprio nessuno, neppure i budget a disposizione (altrimenti non avrebbe fatto fuori Fiorentina, Napoli e Genoa al Viareggio e battuto l'Inter in Campionato). Vince chi ha testa e gambe. Il concetto dell'avversario più forte in assoluto è spesso un alibi dei perdenti. E ai nostri della prima squadra gli alibi sono finiti da tempo.
Massimo
Colonna sonora: The times you have come, Jackson Browne.