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HELLAS VERONA / Assolo

SCENARI GEOPOLITICI DEL NUOVO MILLENNIO: ASSISTEREMO ALLA FINE DEL MODELLO AMERICANO?

In questo periodo è in atto un dibattito molto interessante che coinvolge studiosi, giornalisti e osservatori di varie scuole di pensiero teso a valutare la stabilità del ruolo di leadership statunitense nel nuovo millennio, giudicato da molti traballante. Fonti autorevoli individuano concreti sintomi di un progressivo degrado che porterà, negli anni a venire, a cedere l'attuale peso politico, economico e militare ad altre culture e civiltà. Dal punto di vista politico, i germi di questo declino si sarebbero sviluppati a partire dal crollo del muro di Berlino; mentre quello economico è causato dall'eccessivo indebitamento internazionale.Oltretutto, anche dal punto di vista storico, nessuna potenza colonialista è riuscita ad imporsi per un periodo così lungo nei secoli precedenti. Né gli Olandesi, né gli Inglesi.

L'espansione delle multinazionali americane è stata finanziata dal dollaro. Così facendo, tutto il mondo ha concesso un credito praticamente illimitato agli Stati Uniti perché considerano il biglietto verde come la valuta di riferimento, espressione della solidità finanziaria e politica statunitense. Per questo motivo, molte nazioni hanno accumulato dollari nelle loro riserve e li hanno utilizzati come strumento di pagamento. Diversi Paesi in via di sviluppo hanno addirittura agganciato il proprio (debole) cambio a quello americano per trovare stabilità e attrarre capitali stranieri. Fintanto che rimarrà inalterato il rapporto di fiducia con questo sistema economico, si è anche disposti a sostenerne lo sviluppo. E' come se, vivendo a ridosso di una spiaggia, riesco a costruire impianti sportivi e centri balneari rimborsando i miei creditori con le conchiglie che raccolgo in riva al mare. Saddam Hussein fu tra i primi a capirlo e a farsi pagare il petrolio in euro: così facendo, si è reso molto più pericoloso degli eventuali appoggi che avrebbe offerto al terrorismo islamico e delle sue improbabili armi di distruzione di massa.

Proprio l'eccessivo indebitamento internazionale, i dubbi su una crescita economica sempre sostenibile, la disparità tra le classi sociali e la discutibile supremazia militare evidenziata nei traballanti sistemi di difesa interna e nell'impossibilità di concludere in breve tempo operazioni di democratizzazione forzosa in giro per il mondo, sono i segnali sui quali si appoggia quest'analisi. Il declino americano è un processo già in atto da tempo e non è più evitabile. A ciò si aggiunga anche che - nei prossimi 30 anni - Russia, Cina e India insieme produrranno più degli attuali Paesi del G7. Insomma, la crisi di questo modello partirebbe proprio dai suoi presunti punti di forza.

Io non ho tutte queste certezze.

Pur accettando le osservazioni proposte, ritengo che si sia fatto un grosso errore trascurando il motivo del successo americano nel corso degli anni. Una qualunque potenza (economica o militare) oltre ad avere grandi risorse, necessita anche di un altro elemento per poter durare a lungo ed essere riconosciuta tale: ha bisogno di una spiritualità aggregante.

Questa, la riscontro facilmente nel Mondo Arabo che abbina al potenziale militare (finanziato dal petrolio) anche quello motivazionale. L'Islam è un collante incredibile perché da una parte individua nemici comuni e obiettivi da combattere facendo leva sull'ispirazione religiosa, dall'altra l' Inshallah («se Dio Vuole!») risolve ogni ipotesi di conflitto di classe. Questi due fenomeni rendono l'agglomerato musulmano una potenza di tutto rispetto con la quale è difficile giungere a compromessi e destinata a proseguire anche in futuro con le sue minacce. Ne sono la conferma i recenti successi elettorali dei partiti integralisti in Iran e Palestina.

Anche perché, sopra la militanza fondamentalista che istiga il terrorismo e la tensione ci sono argomentazioni e ispirazioni moltopiù semplici e banali. I Paesi Arabi detengono da almeno 40 anni la forma di energia più importante del pianeta, il petrolio. Ciò nonostante, in tutto questo tempo non sono riusciti a creare al loro interno infrastrutture adeguate, né a migliorare il livello di vita e soprattutto a trovare forme alternative di autonomia economica. Si sa che il petrolio è un bene finito e che tra 25/30 anni sarà quasi completamente esaurito. Per questo motivo, si trovano in mano una bomba ad orologeria destinata ad esplodere loro addosso e cercano di trovare una soluzione strategica destabilizzando il mondo occidentale con la scusa dell'odio religioso-razziale. I profeti, i sacerdoti e i martiri (oppure i terroristi) altro non sono che l'espressione eccitata di chi muove idee molto più prosaiche: senza petrolio, non contano niente a livello internazionale e rimangono schiacciati nel loro medioevo ambientale.

Per questo motivo, ritengo oggi il Mondo Islamico molto più potente e accreditato delle già citate Russia, Cina e India che hanno sicuramente una crescita economica imponente, ma che sono totalmente prive di uno spirito guida. E quando una potenza non è governata da contenuti spirituali, si giustifica solo attraverso forme di controllo totalitario.

Al momento la Russia è in mano a pochi oligarchi e le pressioni nostalgiche nazionalistiche sono sempre dietro l'angolo; la Cina sfrutta il 90% della propria popolazione ai limiti della schiavitù ed è priva di fonti energetiche; l'India è divisa al suo interno da complicazioni religiose. Ecco perché pochi musulmani ceceni, oppure i pakistani del Kashmir e i cinesi di Taiwan riescono a tener testa a queste potenze da anni con straordinaria efficacia.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno il vantaggio di essere una grande potenza economica e di avere un loro spirito guida. Altrimenti non sarebbero durati tanto. Ce lo esplicita il primo emendamento del Bill of Rights della costituzione americana che garantisce «il diritto al perseguimento della felicità», recependo di fatto nel diritto positivo questo principio illuminista affermatosi dopo la rivoluzione francese. Il politologo Sartori (mio maestro di pensiero e educazione) ritiene che «la democrazia o è laica o non esiste». E l'America, nel perseguimento della sua felicità si ispira profondamente a questo laicismo illuminista.

Il diritto ha dato un forte impulso al pragmatismo dei bianchi americani, raccogliendo nella sua scialuppa anche popolazioni più emarginate come gli afroamericani e gli ispanici. Non è stato certo un processo facile, né immediato, è vero, ma oggi guida e unisce tutti gli abitanti del Paese. Indistintamente. Ad essere benevoli, il loro obiettivo di felicità si traduce in iniziativa privata, opportunità, progresso, ottimismo; a essere malevoli è spreco, arroganza e consumismo. Comunque la pensiamo però, l'America rappresenta sempre di più il momento di sintesidi tutto l'Occidente.

Tuttavia, come per i Paesi Musulmani, è utile distinguere ciò che comanda gli americani da ciò che li ispira. L'amministrazione Bush è l'espressione di un gruppo di potere salito al governo essenzialmente per opporsi all'Islam. Il suo successo politico - e contemporaneamente l'insuccesso militare - ha di fatto raddoppiato in questi 6 anni il prezzo del petrolio rendendo ancora più ricchi i sostenitori del Presidente. Ma dietro tutto ciò c'è qualcosa d'altro, molto più complesso e che prescinde da Bush.

Gli Stati Uniti d'America poggiano la loro identità sul principio della contrapposizione: loro, che perseguono a livello costituzionale la felicità, si contrappongono a tutte le forme di governo assolutiste e teocratiche che – di fatto - la negano. Ecco perché si sono opposti al nazismo di Hitler, poi al comunismo sovietico e oggi hanno trovato nell'islamismo integralista una nuova forma di antidemocrazia da combattere. Così facendo, si giustificano.

Il diritto alla felicità perseguito (ironicamente) con ogni mezzo rappresenta la loro forza. Fintanto che ci saranno forme di oppressione in giro per il mondo, ci saranno gli americani e i loro alleati a contrastarle.

Per questo, mi aspetto che a un Presidente repubblicano provocatore e difensore di questo principio, ne succeda tra 2 anni uno democratico, gestore dei rapporti con il Mondo Arabo. L'obiettivo motivazionale (esportare felicità, democrazia e benessere) è un processo di medio/lungo termine che va abbinando di volta in volta l'uso dei cannoni e le derrate alimentari, i dazi doganali e la musica,i jeans ei personal computer.

Ecco perché, a mio avviso, gli StatiUniti oggi sono ancora più forti e non più deboli di prima. Forse più esposti, sicuramente traballanti in alcuni aspetti, ma fortemente motivati al loro interno. Per il cittadino americano non conta tanto riconoscere se la Guerra in Iraq sia stata giusta o sbagliata (concetti che servono solo alla prossima campagna elettorale) quanto aver trovato una nuova identità nazionale e una grande coesione davanti a un rischio teorico. Del resto, ora che stanno emergendo nuove prove secondo le quali la NASA non riuscì mai a portare l'uomo sulla Luna (tecnologia tuttora insufficiente e prove create in laboratorio…), tra 30 anni potremmo avere nuovi indizi che ci faranno rileggere in chiave diversa sia Osama Bin Laden che l'11 settembre. Anche perchè, il mondo rappresentato è una cosa, quello reale un'altra. A essere cinici, quel giorno ciascuno ha raggiunto il proprio obiettivo spirituale: gli americani hanno trovato finalmente un nemico vero e sono riusciti a ritrovare loro stessi, spaventandosi; i terroristi islamici hanno concesso uno show dall'alto contenuto mediatico tale da giustificare loro e le loro potenzialità. Non importa se in mezzo a questi valori ritrovati, ci siano state 2.800 vittime. Purtroppo per loro, e per noi tutti.

In tutto questo, l'Europa è la vera scommessa sulla quale non mi sento ancora di puntare. Potente economicamente ma solo a macchia di leopardo, è divisa al suo interno sia dal punto di vista politico che da quello culturale. Manca di un suo spirito che unisca tutti gli europei e che sia trainante nei momenti importanti: troppo clericale, scettica e squilibrata a livello regionale, non è in grado di stabilire una linea comune.

Ecco, se dovessi scommettere contro qualcuno, prima di ipotizzare come prossima la fine degli Stati Uniti, vedo altre attuali potenze in fase di declino. E, anche per me, la loro debolezza parte proprio dai loro attuali punti di forza. Molto apparenti, ma molto poco concreti.

Massimo

NOTA. Come al solito il corredo musicale. Parlando di politica, potere e giustificazione di sé, ne raccolgo l'immagine più viziata. Per questo vengo ispirato da un grande come G. F. Handel che ha rappresentato nei suoi Concerti Grossi le corti europee nella loro alterigia scostumata. Nel 1700, le sorti di migliaia di persone erano quotidianamente alla mercé degli umori di sovrani capricciosi e irresponsabili. Perché regnare (o comandare) vuol dire soprattutto assumersi delle responsabilità verso la gente. Ma lui fu così bravo da essere l'unico musicista al mondo ad avere due cittadinanze (sassone e inglese), due nomi (Georg Friedrich e George Frideric), parlare e scrivere musica in 4 lingue diverse, ricevere accoglienza stabile e monumenti intitolati. In un'epoca, come la sua, che doveva ancora trovare il proprio spirito guida, la musica che fece fu più che una semplice compensazione.

E poi, è così gradevole da sentire…

Hellastory, 20/02/2006
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IL VERONA E' UN ASSET


Ogni passaggio di proprietà rappresenta per il tifoso la chiusura di un'epoca. Si perdono i riferimenti emotivi, si aprono nuove speranze, si teme sempre un po' anche per la competenza dei nuovi arrivati. Poi c'è il giudizio storico della (lunga) parentesi settiana definito dai suoi risultati sportivi, dalla permanenza in serie A, dallo spettacolo calcistico offerto (in termini di giocatori che lo hanno espresso e dei tecnici che lo hanno preparato), dall'immagine complessiva che ha ritratto il Verona sotto il suo comando. In tutto questo c'è soprattutto una stagione aperta e una salvezza da conquistare. Insomma, all'assalto del tifoso convergono tutta una marea di sensazioni nuove che eccitano ancora di più lo stato d'animo. Più una, alla quale non eravamo abituati: il passaggio da una proprietà individuale ad un fondo di investimento americano (private equity). Mettiamo subito in chiaro un punto: ogni passaggio di proprietà, a prescindere da quello che accadrà in seguito, è sempre un'ottima notizia. È sufficiente realizzare da una parte che il vecchio ha alzato bandiera bianca di fronte alla gestione del quotidiano, sempre più difficile da sostenere, e alla difficoltà di assicurare un futuro in linea con gli anni passati, soprattutto in un periodo economico caratterizzato dall'aumento dei costi e stressato dal Covid prima e dagli alti tassi di interesse poi. Dall'altra, il nuovo arriva con la certezza di fare bene portando con sé nuove risorse, entusiasmo e voglia di fare. Uscire al momento giusto poi aiuta tutti, tifosi compresi.

[continua]

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