Una nota e suggestiva pubblicità rappresenta, in bianco e nero, una grande piazza di una città americana degli anni ’20 o ’30, con almeno 100.000 persone raccolte intorno ai loro ombrelli voltate verso un gigantesco schermo dove appare, in tutta la sua magnetica presenza, il Mahatma Gahndi. Sotto i pubblicitari hanno scritto: «Se avesse potuto comunicare così, oggi che mondo sarebbe?» Io, da parte mia, rispondo: sicuramente peggiore di questo!
Il vero problema, infatti, non è tanto quello di riprendere e celebrare in eterno le gesta del grande statista indiano, ideatore della resistenza ferma ma pacifica, quanto quello di riconoscere in maniera differente il ruolo opposto: quello del bastardo, del cattivo. Senza la deprecabile occupazione britannica, ci sarebbe mai stato questo Gahndi? E ancora, potrebbe mai esistere un mondo di soli uomini buoni? Se sì, che razza di mondo sarebbe?
Il cattivo infatti ha un ruolo fondamentale, indispensabile direi. Basta comprenderlo.Il cattivo serve essenzialmente per eliminare lo stato attuale delle cose e per migliorare l’uomo (buono), chiamato in causa per sconfiggerlo e ricostruirne un altro, diverso.
A parte il fatto che talvolta i cattivi sono personaggi fantastici, eccezionali. Nei vari livelli della letteratura ad esempio. Tutti noi amiamo i contorcimenti danteschi dell’Infermo, tolleriamo a stento la pena del Purgatorio, ci annoiamo di fronte alla pace e all’estasi del Paradiso. Diabolik è un personaggio più simpatico di Ginko, eppure uccide e ruba. Il più grande scrittore che sia mai esistito, William Shakespeare, ha creato incredibili figure di malvagi. Ne cito tre per tutte: Riccardo III, Iago (in Otello), Macbeth. Sentendoli parlare, nelle loro opere, rappresentano il massimo della immoralità umana. Riccardo III, dice a se stesso: «Che? Avrei paura di me stesso, io? Qui non c’è nessun altro: Riccardo ama Riccardo, io sono io. C’è un assassino qui? No, sì. Uno, io». Iago riconosce: «Io non sono quello che sembro». Infine Macbeth confessa: «Ogni ragione dovrà cedere dinanzi al mio proprio interesse. Io mi sono inoltrato nel sangue fino a tal punto, che se non dovessi spingermi oltre al guado, il tornare indietro mi sarebbe pericoloso quanto l’andare innanzi. Ho in testa strani progetti, ai quali metterò mano, che devono essere eseguiti prima di poter essere ben ponderati». Tutti cattivi patentati, bastardi al 100%. Eppure affascinanti e utilissimi per generare delle opere indimenticabili.
In genere il cattivo è molto intelligente, furbo, pieno di iniziativa e terribilmente sofferente. Ogni cattivo di questo mondo soffre: non tanto per quello che fa agli altri quanto per quello che è, lui soffre se stesso. Il cattivo è geloso, invidioso, arido e sterile. E sa di essere destinato a perdere. Il buono, al contrario, è tonto, non riesce mai a prevenire le cattive azioni del cattivo, agisce solo di conformità, alla fine si motiva a tal punto da scoprire in sé qualità insperate e finisce così per sconfiggere l’avversario. Il cattivo è per sua natura un perdente, il buono riesce a essere tale solo se migliora se stesso.
Parliamoci chiaro, nessuno qui vuole esaltare il male, il peccato e il dolore. Però non può esistere un miglioramento in assoluto senza una negazione precedente, un travaglio, uno sforzo per cambiare. Chi apprezza il significato della salute? Chi ha sofferto. Chi riconosce il vero significato delle cose? Chi ne ha patito la mancanza. E’ inevitabile.
Ci poteva mai essere l’Umanesimo e il Rinascimento senza il cupo Medioevo? La ricerca scientifica da dove parte? Perché parte? Il rispetto e il valore delle cose, nasce dalla sofferenza e dalla loro privazione. Il cattivo, inteso come male, è necessario come fase di un processo evolutivo e di trasformazione.
Naturalmente se ci si trova in mezzo sono dolori e nessuno accetterebbe in quel momento queste mie riflessioni. Questo è chiaro. I cattivi uccidono, violentano e distruggono. Fanno piangere e soffrire. Ma dal punto di vista ideologico e filosofico sono indispensabili. E così, persino dal punto di vista religioso: a fianco di Dio occorre il Diavolo inteso come Sua opposizione, espressione di imperfezione e di peccato. Ma il Diavolo, serve soprattutto ad esaltare e a riconoscere il grande ruolo di Dio liberatore, ricostruttore e conciliatore.
Bene, visto che abbiamo chiamato in causa grandi scrittori e grandi pensieri, consentitemi di sdrammatizzare tutto con due famosissime citazioni. La prima, di Alexandre Dumas padre, è un capolavoro di ironia e di acume: «Preferisco i mascalzoni agli imbecilli, perché ogni tanto si concedono una pausa». Stupendo!
La seconda, di Oscar Wilde, mette la parola fine a tutte queste riflessioni, e lo fa in maniera eccezionale, come solo lui poteva: «E’ assurdo dividere le persone in buoni o cattivi. Le persone o sono affascinanti o sono noiose». E così riqualifichiamo al loro fondamentale ruolo anche i buoni, i Gahndi, gli Amleto e i supereroi di cui tutti noi abbiamo bisogno ogni giorno. L’importante è che abbiano qualcosa da insegnarci e da ricomporre. I noiosi sono le 100.000 persone senza volto di quella pubblicità, protetti sotto l’ombrello da una pioggia che non si vede e incapaci di comprendere effettivamente il valore di quell’uomo intenso e magnifico. E il significato vero delle sue incommensurabili parole.
Massimo
NOTA: ho scritto queste righe ascoltando il Primo movimento della Sinfonia Concertante per violino, viola e orchestra K364 di W.A.Mozart, e voi sapete gli effetti collaterali che lascia la musica del grande salisburghese. Una buona alternativa è In the darkest place di Elvis Costello e Burt Bacharach, tratto dal bellissimo CD Paited from Memory: ovvero la voce più ruvida del rock (Elvis) che trascende la partitura più elegante del pop (Burt). L’ennesimo esempio di lotta tra il buono e il cattivo, e l’ennesimo miracolo per le nostre orecchie.