Ottobre da incubo
La tentazione di parlare di angherie subite dal Verona nel presente e nel passato è piuttosto forte, ma terremo i racconti della telefonata di Garonzi e il caso “Ciceri” per la gara di ritorno, sperando che nel frattempo non succeda null'altro e che se ne possa parlare con tono più distaccato di quanto faremmo oggi.
Guardando ai precedenti di Napoli, il mese di ottobre è un mese “sciagurato”. Si è giocato 3 volte a ottobre in serie A, con il bilancio tutt'altro che lusinghiero di 3 sconfitte, 14 reti subite e 0 reti fatte. Praticamente un disastro.
La prima volta in assoluto del Verona in serie A a Napoli fu il 6 ottobre 1957, alla quinta giornata. Allo stadio del Vomero (il San Paolo, inizialmente Stadio del Sole, sarà difatti inaugurato solo nel 1959) si presentò un Verona carico di entusiasmo ed appena insediatosi al terzo posto in classifica, dietro la Juventus e il Napoli stesso, grazie alla vittoria casalinga per 3-0 sull'Alessandria. La partita si mise subito male e dopo soli 6' segnò Di Giacomo (autore poi di una tripletta); per i gialloblu fu un calvario concluso con una sconfitta pesantissima per 6-0, tuttora la sconfitta peggiore nella storia del Verona nella massima serie.
Si tornò a giocare in ottobre a Napoli nel 1976, per la precisione il giorno 10, seconda giornata di campionato, e andò leggermente “meglio”: solo 3-0, con le reti partenopee firmate da Giuseppe Savoldi (doppietta) e dal terzino Antonio La Palma. Savoldi sbloccò il risultato su calcio di rigore: ci si può scommettere, pressoché inesistente. Volendo essere diplomatici, si può dire generosamente concesso dall'arbitro Gussoni per un contatto di spalla fra lo stesso attaccante partenopeo e Busatta. Nel servizio di Antonio Ravel della Domenica Sportiva il rigore fu descritto come “un mezzo regalo perfino per i 70.000 tifosi napoletani che gremiscono il San Paolo per l'esordio casalingo degli azzurri” . Solo Savoldi riuscì nell'impresa di giustificare il penalty dicendo ai taccuini della stampa di essere stato spinto da dietro quando aveva già saltato Superchi: peccato che il portiere gialloblu avesse la palla in mano prima ancora che l'attaccante ruzzolasse a terra.
Infine, campionato 1985-86, il Verona campione d'Italia fece visita al Napoli di Maradona il 20 ottobre 1985. Finì 5-0 con le reti di Giordano, Bagni, Maradona, Bertoni e Pecci. La prima rete di Giordano scaturì da una punizione al solito molto generosa concessa al Napoli, ma sarebbe riduttivo cercare attenuanti in una sconfitta così larga. Di quella partita è rimasto famoso il gol segnato da Maradona da 40 metri, con un pallonetto che sorprese Giuliani un po' fuori dai pali e un po' distratto. Turchetta, che poteva rendere meno pesante la sconfitta, si fece parare un rigore dall'ex Garella (al secondo tentativo).
E quando i blu saranno in ciel: Giuliano Giuliani
Due stagioni dopo, il San Paolo è ancora amaro per il Verona, che esce sconfitto 4-1 da un Napoli lanciatissimo in vetta alla classifica. A maggio però la squadra di Bianchi arriverà con il fiatone e a vincere lo scudetto, dopo una lunga rimonta, sarà il Milan di Sacchi. Chiuderà in affanno anche la squadra di Bagnoli che, sesta in classifica alla 22ma giornata, raccoglierà solo 2 punti nelle restanti 8 gare chiudendo al decimo posto.
La gara di Napoli si gioca Il 20 dicembre 1987, prima della sosta natalizia; la stampa nazionale enfatizza il successo azzurro “macchiato” solo dal rigore fallito da Maradona. A pararglielo è ancora Giuliani, che già aveva fermato l'argentino dal dischetto in occasione di Verona Napoli 3-0 del 12 aprile 1986. Una storia dal finale tragico, quella di Giuliano Giuliani, portiere romano, classe 1958, che per anni seguirà le orme di Garella, sostituendolo fra i pali prima nel Verona, poi nel Napoli e infine a Udine. Giuliani si mette in mostra nel Como a inizio degli anni Ottanta: nel campionato dello scudetto gialloblu, lui e Terraneo del Milan sono gli unici portieri a non subire una rete dal Verona nei 180 minuti. L'anno dopo è proprio Giuliani il prescelto per sostituire Garella. Con la maglia gialloblu fece molti progressi, ma non riuscì ad ottenere gli stessi risultati del suo predecessore.
Lo ricordo come un portiere molto tecnico e plastico, bello da vedere anche se non sempre altrettanto efficace, e spesso battuto da tiri da lontano che si infilavano all'incrocio. Giuliani se ne andò a soli 38 anni, il 14 novembre 1996, stroncato dall'AIDS. La domenica successiva, a Verona, fu osservato un minuto di silenzio in suo onore prima del derby con il Vicenza, nella gara che fu l'ultima in maglia gialloblu di un altro grande portiere: Attilio Gregori.
Giovani meteore: Ugolini e Calamita
Il Verona sconfitto 4-1 a Napoli nel dicembre 1987 scese in campo in formazione molto rimaneggiata, a causa di squalifiche e infortuni. Mancavano in particolare Pacione, Elkjaer e Di Gennaro.
Bagnoli fu costretto a schierare titolare con la maglia n. 9 il diciottenne Walter Ugolini, che aveva esordito in prima squadra qualche mese prima a Como, subentrando a Bruni a una manciata di secondi dalla fine. Per il giovane veronese, classe 1969, quella di Napoli rimarrà l'unica gara intera in serie A. La sua “carriera” nel Verona si chiuderà con questa apparizione al San Paolo.
Nella ripresa, al posto di Sacchetti, entrò inoltre Francesco Calamita, classe 1968, anche lui destinato ad una breve carriera fra i professionisti. Calamita può portarsi dietro il ricordo di aver fatto un tunnel a Maradona; intervistato lo scorso anno dal Corriere del Veneto, ricordò così quel pomeriggio:
«Autunno 1987. Eravamo a Napoli, pieni di assenze. Tutta la panchina con noi ragazzi delle giovanili. Dopo pochi minuti nel secondo tempo, Osvaldo Bagnoli mi dice di entrare: debutto. Palla a centrocampo, Diego davanti, tocco la palla e gliela faccio passare sotto le gambe”.
Anche per lui, così come per Ugolini, si potrebbe ben applicare il titolo della biografia di Dino Zoff: dura solo un attimo, la gloria. Calamita scenderà in campo con la maglia gialloblu in un'altra occasione, in Coppa Italia con il Torino, poi sparirà nelle serie minori.
Solo panchina invece per altri due giovani gialloblu: Claudio Ferrari e Roberto Vivarelli che, a differenza dei compagni di giovanili, non avranno mai l'onore di disputare una partita ufficiale con la maglia della prima squadra.
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Questa settimana si è parlato – e si parlerà – poco di calcio giocato. Le decisioni del giudice sportivo hanno rubato la scena al pallone, ma c'è da augurarsi che Mandorlini sia riuscito a caricare a dovere i suoi giocatori. Non bastassero le difficoltà “intrinseche” della partita, contro un avversario di valore, c'è anche da vendicare sportivamente il pesante 5-1 dello scorso maggio.
Paolo
(la foto dello stadio del Vomero è tratta da antichecartolinedinapoli.blogspot.com)