1998-...: Il Verona di Pastorello - parte 2
di Francesco Tamellini
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Filippini
Aria di festa

Ed in effetti l’estate che precede il secondo campionato consecutivo in serie A regala ben poco alla fantasia dei tifosi. Pastorello dopo il colpo di teatro del “Verona in vendita” (un colpo al quale si affezionerà nel tempo) durato un mesetto, giusto il necessario per ritardare a dismisura la programmazione della nuova stagione, ritorna a testa bassa a gestire la società e a testimonianza del suo disinnamoramento da una piazza che a suo dire lo ha tradito smantella l’effervescente e poetico Verona di Prandelli trasformandolo nel più pratico e prosaico Verona di Perotti (preso senza convinzione su consiglio di Foschi).

Se ne vanno nell’ordine Frey, Falsini, Diana, Morfeo, Brocchi, Cammarata (al Cagliari in B!) e Marasco, insomma sette titolari su undici, mentre arrivano, oltre ad una vagonata di miliardi di lire, gli esperti Mazzola e Ferron (a parametro zero), l’incognita Cvitanovic, e poi una lunga lista di giovani promesse destinate ad un futuro dorato: Cassetti, Bonazzoli, Giuseppe Colucci, Mutu, Oddo, Gilardino e Camoranesi. Per loro Pastorello sborsa in tutto circa 25 miliardi mostrando ancora una volta l’ottimo fiuto di talent-scout. Di questi sette ragazzi infatti quattro diventeranno nazionali, uno si trasferirà al Chelsea di Abramovich per poi diventare una colonna della Juventus mentre i rimanenti andranno a fare la differenza in squadre di provincia. Per il bene loro, di Pastorello (che intasca le plusvalenze) ma non del Verona. Se infatti Garonzi negli anni 70’ con la vendita di un fuoriclasse riusciva a mantenere la squadra nella massima serie per due-tre anni, nel calcioItaliano mangia-soldi del 2000 all’avido Pastorello non ne basteranno tre-quattro a stagione per garantire tranquillità alla sua tifoseria.

Insomma gli acquisti non sarebbero niente male, almeno in termini di potenzialità, ma l’impressione è che molti di loro siano ancora acerbi per i grandi palcoscenici e paghino la mancanza di un tecnico di elevato spessore capace di valorizzarli al meglio. Dopo un discreto avvio la squadra comincia lentamente a precipitare chiudendo il girone d’andata al terz’ultimo posto. Esplodono Laursen e Oddo ma chiaramente non basta. I fantasiosi Camoranesi e Mutu giocano a corrente alternata tra pochi spunti di classe e tanti momenti di pausa mentre il duo d’attacco Gilardino-Bonazzoli dimostra di essere ancora troppo sterile in zona gol. Perotti Di certo non li facilita il gioco impostato da Perotti che lascia molto a desiderare e che poggia quasi esclusivamente sull’improvvisazione e sugli episodi. Le vittorie in questa maniera possono arrivare solo sporadicamente e contro avversari di modesta caratura in sfide dove a contare sono soprattutto i nervi e il carattere, doti che, almeno quelle, Perotti sembra riuscire a trasmettere alla squadra.




Lo spareggio a Reggio

Cossato La situazione però precipita in aprile quando il Verona infila cinque sconfitte consecutive, la più pesante delle quali in casa con la Reggina (0-3) e sembra così abdicare definitivamente le speranze di salvezza. E invece quando tutto sembra finito i gialloblu hanno uno scatto d’orgoglio. Grazie anche ad un calendario particolarmente fortunato l’Hellas chiude il campionato con tre vittorie consecutive che gli valgono la conquista dello spareggio-salvezza contro la Reggina. In città, dopo un anno da dimenticare sia per il gioco che per i risultati ottenuti dalla squadra, riesplode improvvisamente l’entusiasmo. In 5.000 vanno a Parma, in venticinquemila sospingono i propri beniamini nelle decisive sfide casalinghe contro Perugia e poi contro la Reggina, andata dello spareggio, che si conclude 1-0 con uno splendido gol di Laursen. Il ritorno a Reggio Calabria è un inferno. I tifosi locali infatti fanno di tutto per infastidire la squadra veronese (facendogli passare una notte insonne) e pure i dirigenti gialloblu sono costretti a circolare sotto scorta. Il match finisce come tutti sappiamo con uno splendido gol di Cossato a cinque minuti dalla fine quando ancora una volta tutto sembrava finito. Il derelitto Verona di Perotti dopo un finale di stagione entusiasmante è così incredibilmente salvo. I giocatori che fino ad un paio di settimane prima erano duramente contestati diventano di colpo dei beniamini. L’accoglienza all’aeroporto di Villafranca al ritorno da Reggio è trionfale, tra cori e bandiere al vento il più festeggiato è proprio Cossato diventato una sorta di eroe nazionale. Pure Pastorello mostra ampi sorrisi ed accoglie con sollievo lo scampato pericolo.

La realtà però è diversa dal trionfale epilogo. Il Verona di Perotti infatti non ha mai convinto né entusiasmato e la salvezza acciuffata per i capelli sembra più un gigantesco regalo del destino che non un risultato effettivamente meritato sul campo. Pastorello ha sbagliato molto nella stagione e solo la sua proverbiale fortuna gli ha permesso di mantenere momentaneamente la promessa del Verona mai più in serie B. Chiaro quindi che qualcosa debba essere cambiato perché se una volta il miracolo può avverarsi, difficilmente si potrà chiedere altrettanto per l’anno successivo.

La fuga dalla bolgia del Granilli Proprio per evitare di dover rivolgersi di nuovo alle grazie della buona sorte Pastorello ritiene innanzitutto necessario cacciare l’allenatore Perotti. E’ vero, l’obiettivo sportivo, seppur tra indicibili sofferenze, è stato raggiunto ma non quello (forse più importante) economico. L’imprenditore vicentino infatti aveva investito molto l’estate precedente e ora dopo un anno si ritrova con niente, o quasi, in mano. Da Oddo (disastroso nella seconda parte di stagione), Mutu, Camoranesi, Gilardino e Colucci il presidente si attendeva una stagione di grande spessore che permettesse di far lievitare il valore dei loro cartellini, con conseguente realizzo di laute plusvalenze. E invece tutti hanno deluso.

E’ questa una considerazione che influenza tutto il calciomercato. L’impossibilità di realizzare (se non con Laursen, l’unico vero gioiello del Verona di Perotti) costringe Pastorello a ridurre drasticamente gli acquisti che infatti si limitano ai prestiti di Montano e Paolo Cannavaro dall’amico Tanzi, di Zanchi dalla Juve e all’acquisizione della comproprietà di Frick, potente attaccante del Liechtestein esploso in C1 nell’Arezzo di Cabrini. In pratica la squadra è quella dell’anno precedente, forse addirittura più debole (con Laursen è partito anche Bonazzoli). Pastorello però non si preoccupa e anzi è convinto di fare una stagione sorprendente. Il vero investimento infatti è sull’allenatore, il veronesissimo Malesani che strappa al vicentino un contratto da favola con la promessa di riuscire nell’ambizioso intento di trasformare nel gioco, nei risultati e nel valore economico l’infruttuoso “brutto anatroccolo” di Perotti.
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