Dal "Guerin Sportivo" n. 49 del 07 – 13 dicembre 1983 LE NUOVE "GRANDI" / IL VERONA In tre anni, la società scaligera è passata dalla serie B alla vetta della serie A. Vediamo di conoscere i protagonisti di questa impresa che ha fatto di Verona la città leader di un’intera regione. VIA COL VENETO Di Vladimiro Caminiti
VERONA. Nessuno si meravigli se convoco il "Don" della leggenda per avvicinarmi al Verona di Guidotti presidente e Bagnoli allenatore, cercando di spiegarne, fuori da ogni suggestione del momento, la vicenda. E prego il "Don" in questione, cioè l'eccentrico ottimo sportivo Saverio Garonzi, benemerito della istoria scaligera, di seguirmi senza paraocchi, tanto più che in un incontro non lontano egli ha avuto modo di conoscere più profondamente il mio stile di lavoro e le mie idee. lo penso innanzitutto che al Verona c'è una sostanziale aria di rinnovamento, espressa in tutto e naturalmente dalla classifica, proprio azzurra cerulea com'è l'occhiata di un Pietro Pietrino Fanna che si può considerare il "Romeo" della situazione, nel senso del suo gioco di tornante araldico, costruttivo nel segno della classe. Don Saverio mi soccorre per arrivare al resto, per motivarlo da lontano. Dunque, Garonzi. Voi credete che con lui si sarebbe potuto verificare questo piccolo miracolo di una squadra del tutto originale nella geografia del nostro calcio? Mi rifaccio al Verona di Garonzi, che discuteva ogni tipo di allenatore, in quanto aveva in Garonzi la sua figura accentratrice, egli contava più di tutto, organizzava ogni cosa e dava all'allenatore l'importanza di una pedina accessoria. Ci fu perfino Liedholm in minoranza con Garonzi, non l'ha mai ammesso ma la verità è che l'ottimo lavoro di Niels non fu capito dall'esclusivistico padrone. Quanto alla piazza giornalistica, la mia sensazione, nelle molte visite sul posto, è di una qualità sicura, colleghi pieni di passione. Con qualcuno ho litigato a caldo, ma occorreva la svolta industriale, il calcio come azienda più che come affare, doveva arrivare nell'80 Tino Guidotti, galantuomo ispirato da amore per la società gialloblù che intitola lo stadio a Sant' Antonio Bentegodi perché le cose cominciassero a mutare. E io penso che la libertà di cui gode Osvaldo Bagnoli, detto "Os" perché è un osso duro per tutti con la sua bonomia che nasconde un carattere di ferro, una natura poco volubile, una competenza di pallone nutrita di fatti, mai l'avrebbe goduta con Don Saverio e che fuori da ogni suggestione il miracolo Verona si spiega anche con il mutamento del costume calcistico, al vertice delle società persone illuminate, come il Guidotti appunto (le dimissioni di Di Lupo e D'Agostino hanno fatto bene).
ARMONIA. Ormai ottuagenario, il Verona, nato nel 1903 è oggi una squadra segnalata da dirigenti appacificati (tra i nuovi mossi da ottimi propositi bisogna considerare il dottor Ferdinando Chiampan), non più in polemica, non divergenti. Si deve considerare la cosa in primis e poi in secundis passare alla squadra e alla gestione Bagnoli. In A, Verona ha una storia recente, direi anche moderna, che ora diventa modernissima, perché mi sembra faccia il paio con la Roma. Ne segue l'esempio, sia come azione manageriale di chi la dirige, sia come conduzione tecnica illuminata e sapiente sotto il profilo psicologico. Una cosa è dirigere un'Inter o anche una Juventus o lo stesso Torino, un'altra dirigere il Verona, nella temperie provinciale e tuttavia sfumata, estrosa di questa città capitale dell'eleganza e del bel gusto. Verona è tra le città senza meno più belle d'Europa, più incantevoli, oggi ha trovato una spavalda dimensione calcistica. Prendi Bagnoli, in piccolo è un maestro come Liedholm, Senza il suo carisma - che è un'arma a favore di Niels - ha ottenuto negli ultimi anni risultati quasi pari a quelli dell'impareggiabile maestro svedese-partenopeo, nessuno dimentichi infatti, per partito preso o per miopia, che Osvaldo Bagnoli è nel calcio da circa trent'anni e ne ha quarantotto. Nel calcio vivo, da professionista della pedata prima, subito dopo da allenatore-giocatore alla Solbiatese nel 73-74 in C, quindi al Como in B. Tre promozioni guidando il Fano in C1, il Cesena in A e il Verona in A sono state le premesse della sua affermazione direi definitiva, meglio ancora espressione in questi costumi cambiati di cui vado discorrendo: Siamo un Paese mitomane, abbiamo creduto nei maghi fino all'altro ieri, Anzalone alla Roma piangeva e rimpiangeva Herrera, con Dino Viola la Roma ha subito richiamato Liedholm per iniziare la sua escalation. Direi che il cammino del Verona è similare: la maniera di allenare di Bagnoli, il contrario di ogni esasperazione. La dolcezza e la persuasione alla base di tutto, hanno ottenuto identici risultati. Ecco cosi tutto un gruppo legarsi a un tecnico in nome della stima e non per il semplice e solo comando; ecco Bagnoli profilarsi come l'erede di Liedholm su base provinciale e di più nazionale, essendo un milanese purosangue. Naturalmente c'erano anche le ottime scelte tecniche e qui entra in ballo l'ex cavallino interno di fatica, rivale dell'indimenticabile Ferrini, l'austero, lindo, direttore sportivo Emiliano Mascetti. Il gruppo non nasce da un giorno all'altro, occorre una semina. Mascetti ha lavorato da far suo e la squadra che ha conosciuto l'incantevole felicità del primato in classifica potrà durare nel tempo.
I PROTAGONISTI. Esaminiamola perciò freddamente. Diamo un'occhiata a questi ragazzi, Garella e Spuri i portieri, Marangon, Fontolan, Storgato, Tricella, Volpati, Zmuda, Di Gennaro, Guidetti, Jordan, Sacchetti, Fanna, Galderisi, Bruni, scelgo dal mazzo, pardon dal gruppo, non mi faccio condizionare, quelli che hanno prodotto l'escalation, cioè Fontolan, Storgato, Tricella, Volpati, Di Gennaro, Sacchetti, Fanna, Galderisi, Iorio. Il lettore non si meravigli se scarto Marangon, terzino si agile, di bella fattura nel cross dal fondo, con piedi discreti, ma non proprio quel giocatore rampante che dà l'impressione di essere. Vale molto più nella storia di questo Verona uno come Fontolan, dal baffo greve come lui, dal cuore dolce come martorana. Questo stopper vigoroso, che ha conosciuto buoni momenti al Como e pessimi all'Inter, sta dando conferma con Bagnoli che aspettava soltanto il tecnico in cui credere. E la cosa ha riguardato anche il novarese Domenico Volpati, ragazzo modernissimo, cursore intrepido anche accanito e non privo di ideuzze geniali. Fu Rabitti ricordate?, a lanciarlo come ala di spinta, idoneo anche alla marcatura. Applicandosi molto, Volpati è al suo secondo superbo campionato. lo dico che Tricella deve maturare in tante cose e intanto lo segnalo come un libero che di Cernusco sul Naviglio ha preso lo spirito tecnico e l'eclettismo per interpretare il ruolo al massimo. Sono tre i liberi di Cernusco: il primo è Gaetano Scirea, giocatore inimitabile nel suo repertorio, libero che sa fare in ogni zona di campo il mediano, la mezzala, l'attaccante; il secondo è Galbiati del Torino, un po' fragile forse, ma certamente grande; il terzo è questo Tricella, bel giovane spavaldo, maturando per molti aspetti, sul piano tattico capace di sferzate in verticale davvero prestigiose. E stato un ottimo acquisto quello dell'adone torinese Storgato, che la Juventus ha dovuto scartare dopo l'ingaggio di Caricola - non possono tutti giocare alla Juve - che è difensore moderno fortissimo sulle parabole. Anche spregiudicato, aggressivo. Mi piace lo stile di Antonio Di Gennaro, fiorentino spirito bizzarro, la sua vivacità costruttiva è importante per la squadra. Ma è il regista di complemento, Sacchetti, altrettanto prezioso seppure penso che senza Pietrino Fanna la squadra tutta non avrebbe le sue movenze illuminate. Questo ceruleo giovanotto, che a Praga non ha potuto esserci, rappresenta il futuro del ruolo di tornante e come io ben sapevo un capitale di giocate in velocità prestigiose, un attaccante che sa fare tutto, non soltanto sulla fascia, anche arretrando, scavallando e rifinendo. Naturale che accanto a lui Giuseppe Galderisi sia rifiorito e lorio, milanese girovago, abbia recuperato gli estri migliori per un rendimento da goleador di fantasia inafferrabile. Sì, il Verona deve molto alla triade Fanna-Galderisi-lorio. In sostanza solo Jordan si è rivelato inadatto, Zmuda è stato recuperato e se ne sentirà parlare come di un monumento atletico. Mi pare squadra con un gruppo così eclettico, di giocatori che, pur avendo dovuto lasciare squadroni come Roma o Juventus, testimoniano quel mutamento di costumi, quell'evoluzione positiva del sistema di cui parlavo prima. Non più presidenti padroni, non più pregiudizi e miti, ma lavoro, serietà, umiltà, una piattaforma di lancio del calcio come azienda, che lo stesso svincolo non sembra per il momento ferire. Verona, che ha sempre amato il calcio, diventa così città guida di un rinnovamento pedatorio molto più significativo dei passi avanti di questo sport sul piano culturale. I giocatori che ho citato sono professionisti per molti versi esemplari; e rincuora il cronista di non dovere più occuparsi di miti e di poter registrare il fatto tecnico come preminente, da questa città dove la poesia è di casa e dove una squadra dai cari colori compie ungarettinamente quattro volte vent'anni all'insegna del progresso. Verona, città guida del Veneto e del calcio nostro. |