Dal "Guerin Sportivo" n. 48 del 30 novembre – 6 dicembre 1983

L’ESEMPIO DEL VERONA

Significativo primato per un club modello

Di Gualtiero Zanetti

AL PUNTO in cui siamo, molte squadre sentono quasi la necessità di una sospensione del campionato. In tante debbono riordinare le idee: Juventus e Roma perché ormai non le rispetta più nessuno, il Verona e il Torino per abituarsi al clima della classifica alta e via via le altre, passando attraverso le milanesi, che si sono scambiate le posizioni in pochi giorni. I meriti del Verona sono due: primo ha saputo scegliere bene gli uomini che le altre società consideravano in soprannumero e se poi la stampa li ha chiamati "scarti" non c'è da offendersi: lo si è fatto per brevità di linguaggio, per rendere un'idea precisa con una parola sola. L'importante è che questi cosiddetti scarti, oggi riguardati con rammarico da parte di chi li ha ceduti rendano davvero. Ad esempio Fanna e lorio farebbero comodo alla Juventus e alla Roma, mentre obiettivamente si deve ammettere che Galderisi poteva essere considerato soltanto la riserva di Rossi, cioè un lusso eccessivo da tenersi in panchina e mai davvero disponibile al meglio perché, senza un autentico campionato riserve, finisce che quando un giocatore deve riampiazzare un titolare di grande nome, non è mai al massimo della forma e quando sta per entrarvi, ecco che torna il padrone del ruolo. Garella a Roma era un sopportato, oggi è insostituibile, ma i portieri dal rendimento elevato non possono mai essere due in una squadra: per anni non abbiamo conosciuto nemmeno il nome del sostituto di Zoff, o di Castellini o di Terraneo. Poi vi sono i giocatori che si portano dietro per l'intera carriera la qualifica di eccezionali dodicesimi titolari: lachini è il classico esempio, mentre il Veroha ne ha almeno tre o quattro, a cominciare da Tricella e Sacchetti. Secondo: il gioco. Questo sorprendente Bagnoli ha allestito una squadra che gioca bene, cioè tenta di vincere attraverso la manovra studiata, lo schema ben concepito (e magari mal realizzato) anche quando perde, e ci riesce senza ricorrere alle grandi invenzioni, ma avvalendosi di tutto quanto il calcio e i suoi ipotetici "maestri" hanno realizzato negli ultimi trent'anni. L'occupazione integrale del campo, ad esempio, per fare in modo che la difesa avversaria tema l'attacco da ogni parte, il ripiegamento difensivo generale, lo sfruttamento delle qualità individuali di ognuno. Di qui anche l'apparire di taluni difetti, come la convinzione serpeggiante un po' in tutti di essere già degli arrivati, o la presunzione di poter arrischiare "giocate" pericolose, che poi subito la difesa deve scontare. Nel quadro generale organizzativo del nostro calcio, squadre come il Verona, o il Torino o la Fiorentina, o la Sampdoria o un'Udinese meno percorsa da velleità di vivere alla grande sulla scia di Zico, che però un trascinatore non è, consentono di allontanare nel tempo taluni isterismi dirigenziali che la fragilità delle strutture non riusciranno mai a sopportare. Perché sarebbe giusto ammettere che alla grande professionalità di taluni dirigenti di club o di tesserati di valore (dà Bearzot a Bagnoli, tanto per fare dei nomi) si accompagna un disarmante dilettantismo da parte di chi dovrebbe offrire a gettito continuo decisioni giuste per mantenere sempre in linea di volo un meccanismo fra i più delicati e fra i più funzionanti più per forza propria, che per saggezza dei governanti. E Sordillo tutto questo lo sa.

TOTOCALCIO. Domenica scorsa è stato superato il primato degli introiti del Totocalcio: daranno maggiori contributi sia alle Federazioni sportive, sia al movimento calcistico. Il discorso sulle Federazioni interessa il Coni che si trova alle prese con una massa enorme di denaro che non può fare a meno di distribuire a sport sempre più ingordi e che oggi incassano molto oltre le loro necessità. La logica dei contributi al calcio professionistico dovrebbe annullare tutte quelle pretese che periodicamente vengono avanzate solo per compiere più pazzie al mercato estivo e per donare ai giocatori e agli allenatori compensi certamente immorali. Secondo noi, è proprio questo il momento per ridare credibilità a un mondo che fa di tutto per perderla. Lo stesso intervento della Finanza sollecitato da un grosso dirigente sportivo nel controllo della gestione delle società, è un'occasione che non si può smarrire. Se il controllo è davvero serio come si crede, risulterà di grande aiuto proprio per quelle società, che verranno inevitabilmente colpite da dure sanzioni. Come prima conseguenza, si potrebbero gettare le basi per la scomparsa dei pagamenti sottobanco dei compensi ai tesserati: che non sono soltanto un male amministrativo e fiscale, ma una odiosa forma di ricatto degli stessi giocatori alle società, ora che lo svincolo consente al giocatore di andarsene dove più crede opportuno, attirato non da quanto potrà strappare con un contratto redatto secondo legge, ma solo in base a quanto gli verrà corrisposto in nero, cioè esentasse. Pare impossibile che nei controlli dei bilanci tutto questo non traspaia. Se a un giocatore viene garantito un guadagno di oltre sei-settecento milioni attraverso più contratti pubblicitari, si cerchi, con controlli incrociati, quanto viene versato al fisco anche dalle industrie che li sponsorizzano. Il giorno in cui un presidente potrà dire ad un calciatore: questo ti posso dare, ma al lordo, perché non voglio andare in galera e non di più, tutto si potrà gradualmente sistemare. E allora anche i contributi federali, gli introiti della TV e della pubblicità eccetera, saranno sufficienti per una conduzione dignitosa.

 

ARBITRI. Si affronti poi il discorso sull'organizzazione arbitrale, oggi ridotta a una commissione a disposizione delle società, dimenticando che dovrebbe essere per regolamento alle sole dipendenze della Federazione. I designatori arbitrali, che quest'anno operano con sufficiente bravura, non debbono più vivere nei locali della Lega, esposti alle suggestioni e alle minacce di tutti, perché alla fine della stagione saranno proprio i rappresentanti delle società a cacciarli, o a riconfermarli. Togliete dalla testa a un presidente di società che non frequenta la Lega, che agli altri vengano riconosciuti piccoli privilegi che poi si tramutano in punti. È adesso che va tutto bene, che la Federazione, operando accortamente in quello che non si vede, deve imporre il rigore necessario in vista di un finale di stagione che potrebbe anche diventare esplosivo. A perdere, le grandi non ci stanno.