Dal "Guerin Sportivo" n. 2 del 11 - 17 gennaio 1984 LA PARTITISSIMA / VERONA – ROMA Cadono ancora i campioni, il cui classico fraseggio risente di languori agonistici, messi impietosamente a nudo dal furente e lucido assalto del Verona. Fra infortuni e rinunce discutibili anche il mito di Liedholm si incrina? ROMA CHE DORMI Di Carlo F. Chiesa VERONA. La quiete contro la tempesta: il distacco compassato della Roma contro il sanguigno furore del Verona, l’olimpica e quasi eterea classe che ancora fiammeggia tra le sfilacciate lacerazioni del drappeggio tricolore di Liedholm di fronte agli smaglianti lucori gialloblu della rombante fuoriserie di Bagnoli. La squadra campione soffre ormai sempre più spesso l’inquietante impressione di una antica "divina" del muto: i suoi occhi brillano dei teneri languori e nostalgici sfinimenti dell'arte pura, i suoi gesti tattici armoniosi, tra la zona difensiva e la sagace ragnatela a centrocampo, dipanano leziose trame d'autore, ma, ahimè, dei dialoghi mima solo i movimenti delle labbra, dei gol offre soltanto teorici e simbolici assaggi sulla lavagna delle intenzionI, ma resta sIlenziosa, impietosamente e ostinatamente muta sotto porta. Così lo scontro tra titani del Bentegodi si risolve in un lungo e appassionante braccio di ferro che oppone l'assiduo e felino attaccare del Verona alle folate rade e pigre di una Roma da melina di lusso: e nel quale gli argomenti tattici e combattlvi contano fino all'ultimo minuto e all'estrema stilla di sudore. Il risultato, ineccepibile nella sua crudezza, finisce con lo sbriciolare definitivamente molte speranze e certezze giallorosse, frantumando in mille cocci i residui del mito di "inaffondabile" che il transatlantico di Liedholm aveva prima costruito e poi meticolosamente offuscato nei primi quattordici scali del torneo.
PROBLEMI. Che succede dunque a questa Roma, sempre più stordita da risultati avversi, che sta seriamente rischiando di diventare il "Titanic" della stagione, con Falcao e Cerezo inimitabili artisti a ballare imperterriti gran football mentre la nave e l’orchestra affondano lentamente con le suppellettili e la gloria? Le cifre parlano chiaro: sette punti in otto partite da quel 5-1 al Napoli del 6 novembre scorso ormai lontano anni luce, poi un susseguirsi di balbettii e discreti capitomboli, sempre di misura, come si conviene ai vecchi signori di stampo antico, che cadono ma stanno attenti a non strappare il frac. A nostro parere due grossi problemi angustiano oggi la squadra giallorossa, e il tonfo di Verona, ben più fragoroso di quanto non suggerisca il punteggio, li ha evidenziati in maniera tanto nitida da risultare emblematica: la mentalità e l’incertezza della formazione. Nella giornata in cui doveva produrre l’estremo sforzo per impedire alla Juve la conquista del titolo d’inverno ed un tentativo di fuga anticipata quantomai pericoloso, la Roma è scesa in campo con la presupponenza di chi si sente troppo più forte e con la pretesa di dettar calcio agli umili. Geometrie tattiche ineccepibili, scrupolosi fraseggi a centrocampo, studiate diversioni sulle fasce, ricchi triangoli nelle zone non nevralgiche del gioco: fumo, in altre parole, niente di più che fumo in faccia ad un Verona che andava invece, dal canto suo, cuocendo il suo arrosto dai sapori forti del calcio vero e genuino di chi è abituato a conquistare i punti col sudore e col gioco autentico. E più i flutti gialloblu, spumeggianti soprattutto negli inarrestabili Fanna e Galderisi, andavano ad infrangersi contro la diga di Tancredi, più i narcisismi degli uomini di Liedholm si appesantivano di meline barocche, di insistiti e compiuciuti inganni al tempo e al pallone.
ILLUSIONE. Che dopo tanti passi falsi la mentalità giallorossa non sia ancora riuscita ad emendarsi debitamente da simili colossali errori di prospettiva, sembra il dato attualmente più allarmante per il tecnico svedese: le illusioni della Coppa Italia e dei primi turni ormai dovrebbero essere svanite da un pezzo, di fronte ad una realtà che impone di cercare il massimo dei punti sempre e comunque. A ciò va aggiunto il rompicapo della formazione, creato a proprio uso e a consumo della squadra dallo stesso Liedholm e che ormai appare talmente complicato da avere mandato in frantumi persino la sfera di cristallo dell’ex-infallibile veggente svedese. Già, perché dalla scelta di rinunciare ad una formazione-base per non mortificare nessuno dei big della rosa che avrebbe dovuto altrimenti intristire in panchina, alla assoluta capacità di risolvere il rebus schieramento il passo è stato breve. Tanto che ora l’incertezza riguarda i canoni-chiave della struttura tattica della squadra: formula ad una o a due punte? Libero atipico (Di Bartolomei) o classico (Righetti). Due marcatori puri (Oddi e Bonetti) o uno solo o nessuno? In tanta confusione, non han contribuito a fare chiarezza nemmeno gli infortuni che hanno falcidiato la rosa in questi ultimi tempi: perché, se è vero che ad Ancelotti Liedholm è riuscito a trovare il sostituto ideale nella sorpresa Strukelj (attenzione a questo ragazzo: ha il senso tattico e la personalità per diventare un interno puro, un centrocampista completo di grande levatura), è anche vero che nella giornata in cui già doveva rinunciare a Nela, Conti e Graziani, il tecnico svedese a ritenuto di poter fare a meno volontariamente di un altro big, Di Bartolomei. In tanto baillame, in questo continuo saliscendi sulla giostra della prima squadra, i primi a rimetterci sono proprio i singoli che nelle intenzioni avrebbero dovuto beneficiare della rotazione: a Verona, tanto per fare un esempio, si è visto un Chierico irriconoscibile: lento ed impacciato, incapace di tentare il dribbling ed evidentemente fuori condizione, soprattutto sul piano psicologico.
STERZATA. A questo punto, a Liedholm non resta che la via d’uscita di una brusca e netta sterzata: agisca a fondo sulla mentalità dei suoi giocatori (soprattutto in trasferta) e vari uno schieramento-tipo che preveda due punte fisse e il contemporaneo impiego a centrocampo di Di Bartolomei, Falcao, Cerezo, Conti e Strukelj, secondo una formula che in sostanza non farebbe che ricalcare quella dello scudetto. Che la squadra abbia i mezzi tecnici per risollevarsi è un dato di fatto inconfutabile, vantando tuttora la rosa più tecnicamente dotata dell’intero lotto: che le resti poco tempo per farlo è altrettanto incontrovertibile.
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