Dal "Guerin Sportivo" del 22 dicembre 1982 - 4 gennaio 1983

IL CANNONIERE 82 / DOMENICO PENZO

Pescatore mancato, avrebbe voluto fare il falegname. E' finito invece nel calcio segnando più di cento gol in tutte le serie, ma il momento di gloria è giunto a Verona.

NICO BOMBER

di Valeria Benatti

VERONA. Domenico Penzo, detto Nico, incontra al nuovo "Bentegodi" Babbo Natale, che ha le sembianze dell'arbitro Ballerini, e ne riceve in regalo un calcio di rigore. Nico detto Bomber accende le lampadine e col calcio di rigore prima fa festa a se stesso, balzando in testa alla classifica dei cannonieri, e poi evita di rovinare le feste al Verona sul punto di inciampare nel Cesena. Bagnoli l'aveva detto: questo Cesena è più insidioso del Cavallo di Troia. Ma Domenico Penzo, detto Nico e diventato Bomber, freddamente dagli undici metri rimette le cose a posto. Il Verona rimane tra le grandi e lui, Nico Bomber, è il fromboliere 1982. Era il suo terzo rigore in serie A, e Nico Bomber non l'ha sbagliato. I precedenti erano incerti: due rigori battuti, uno dentro la rete di Castellini (Napoli) e uno sbagliato contro Tacconi (Avellino). Il rigorista veronese fifty-fifty si è però esaltato alla terza occasione dagli undici metri. La sua fama è destinata a crescere. Dopo quindici anni di calcio, il suo viale del tramonto è invece pieno di luci. In un campionato di grandi stranieri e vecchi pirati italiani del gol, arriva lui a far la festa a tutti: Domenico Penzo, capocannoniere-principe e zingaro del gol. Ne ha fatti più di cento, dappertutto. Ma è questo il suo momento di gloria, fenomeno a ventinove anni. Nico Bomber non si eccita più di tanto. Non si sente un fuoriclasse, si inchina riconoscente alla fortuna e dice senza falsa modestia: "Se si accorgono di me soltanto ora c'è un motivo: io non mi sento un fuoriclasse come Rossi o Bettega: mi ritengo piuttosto un lavoratore del pallone che vive un periodo fortunato, con una squadra eccezionalmente in forma alle spalle".

MODESTIA. In effetti, Nico Penzo è andato a scuola di modestia per molti anni, da quando sedicenne lascia Milano alla volta di Varese in cerca di fortuna. Già suo padre aveva fatto quel tentativo dieci anni prima, trasferendo l'intera famiglia (sono in sette fratelli!) nel capoluogo lombardo per offrire ai figli prospettive diverse dalla pesca che li faceva vivere a Chioggia. Ma la fortuna, bisogna guadagnarsela col sudore, e Penzo non è tipo che si tira indietro: con umiltà e insieme carattere ha iniziato il suo pellegrinaggio per le città italiane, giocando in tutte le serie e in molte squadre. Perciò questa fama clamorosa e improvvisa non lo scombussola eccessivamente. Dice: "La vita mi ha insegnato ad essere realista: nessuno mi ha mai regalato niente ed io so valutare esattamente i miei limiti e i miei pregi. Il successo mi aiuta moralmente, ma so che non potrà durare con tale ritmo, dunque vivo questa gioia momentaneamente, senza perdere la testa".

- Tu hai vissuto in molte città: sei stato a Varese, a Roma, a Piacenza, a Benevento, a Bari... A quale sei maggiormente legato?

"A Milano, dove ho anche preso la residenza. Là ho trascorso i dieci anni della mia crescita, della mia formazione: là ho trovato delle sicurezze e delle opportunità determinanti".

- E dove hai vissuto meglio?

"A Verona e a Bari ho trovato ambienti stupendi e ho potuto allacciare amicizie extra calcistiche, cosa alquanto difficile di solito".

- È un lamento o una critica?

"È una realtà: il calciatore è considerato soltanto tale anche al bar o al ristorante, e viene sfruttato, per quel po' di fama che può avere".

- Sei molto duro, eppure non sembri arrabbiato...

"Infatti non lo sono. Una volta imparata la lezione, ci si adegua. lo conto molto sulla mia famiglia e i miei pochi veri amici".

- Ti sei sposato giovanissimo, a diciannove anni: non ti sei presa una grossa responsabilità troppo presto?

"È stata una scelta felice di cui ho sempre gioito. E, poi, è stato bellissimo girovagare per l'Italia in due, in tre, in quattro, in cinque... ".

- Pensate di darvi uno stop o continuerete a... moltiplicarvi'?

"No: tre figli sono più che sufficienti. Peccato solo che non abbiamo nemmeno una femmina".

- Di cosa ti interessi nel tempo libero?

"Leggo quotidiani e settimanali, correggo i compiti dei bambini, seguo con passione la pallacanestro e il mio "eroe" Moses".

- Cosa avresti fatto se non fossi diventato calciatore?

"Sicuramente il falegname, e forse avrei trovato maggior fortuna, con quel che rende oggi l'artigianato! "

- Il calcio non ti ha appagato?

"Il calcio mi ha dato tutto, ma mi ha anche tolto gli anni migliori. Nell'età dei divertimenti non potevo permettermeli. Non essendo un campione, dovevo badare sempre alla condizione atletica perfetta, al peso forma... ".

- Sono comunque molti i giovani che lavorano, no?

"Ma il mio è un impegno anche psicologico: sei sottoposto ad uno stress incessante, fai un esame settimanale, sei in una posizione in cui non puoi sbagliare e basta una distrazione a vanificare il lavoro di mesi e mesi. Il calcio dei pesci piccoli, insomma, è soprattutto sofferenza".

- Hai dei rimpianti?

"Soltanto quello di non essermi goduto un po' di spensieratezza, uscire il sabato sera e andare sulla spiaggia a suonare la chitarra intorno a un fuoco".

- Cosa ti fa inorgoglire?

"La consapevolezza di essermi fatto da solo, di aver raggiunto mete che nessuno mi può togliere, da condividere con i miei. Ora mi godo quanto ho ottenuto, perché, essendo abituato a soffrire, so apprezzare la gioia, la tranquillità".

- Credi che l'ambiente del calcio sia particolarmente crudele?

"E come gli altri, identico. Anche qui si possono o no accettare dei compromessi. lo, per scelta e per carattere, non voglio vendermi: non voglio svilire la mia figura di uomo, non voglio vendermi al miglior offerente".

- Dicono che sei scontroso, che, anche se hai segnato più gol di Zigoni, a Verona non sei celebre quanto lui...

"C'è chi nasce personaggio e chi no. Se mi limito a firmare gli autografi senza trattenermi con i tifosi è perché ritengo il calcio una professione vera e propria, dove sei stipendiato apposta per fare gol, dunque è normale che io li faccia come è normale che tu scriva un buon articolo e che il fotografo faccia dei bei ritratti".

- Sei ambizioso?

"No, non credo. Ed è un peccato, in questo mondo" .

- Hai già pensato al tuo futuro dopo il calcio?

"Investirò dei soldi per non trovarmi con un pugno di mosche in mano. Vorrei... Mah, questo verbo non esiste nel mio vocabolario; in fondo la vita presenta tante situazioni diverse, che è assurdo ipotizzare il futuro".

- Sei decisamente ancorato a terra. Ma non ti capita mai di sognare?

"Talvolta immagino come avrei voluto essere: ricchissimo, attorniato da grandi palazzi dorati. Ma poi ci ripenso e decido che è stato meglio cosi".

- Hai una religione, un dio?

"Credo in Dio quanto basta"

- E cioè?

"A modo mio, tralasciando le dottrine dei preti, andando in chiesa quando lo desidero per raccogliermi, per guardarmi dentro"

- Esistono il bene e il male?

"Esistono dei principi che ognuno si crea. E complicato dividere nettamente il bianco dal nero, perché non sempre bianco e nero sono ben distinti, più spesso ci sono grigi chiari o scuri; perciò è troppo relativo giudicare".

- Come vorresti essere soprannominato, come ameresti essere ricordato?

"Così come sono, semplicemente, Nico".

Sotto una bella foto d'epoca di Nico Penzo