Dal "Guerin Sportivo" n. 1 del 5-11 gennaio 1983

IN COPERTINA / LO SCUDETTO D'INVERNO

Mentre la Juve si defila perdendo il primo punto in casa, il Verona risponde con un nuovo exploit esterno all'incalzante ritmo casalingo della Roma capolista e prepara per domenica prossima il sorprendente rush a due coi giallorossi.

LA SQUADRA DI FANNA MONTATA

di Mimmo Carratelli

URANO E GIOVE in parallelo, fortunata combinazione di pianeti nel cielo della Juve, hanno fallito la prima impresa dell'83' che era poi per niente difficile: battere il Cagliari senza tante storie (ma anche senza Rossi). Basterà il Sagittario, segno juventino, la squadra bianconera essendo nata in novembre, a regalare alla Juve uno scudetto in extremis, come vogliono molti maghi? Per il momento, come dire per il romantico scudetto d'inverno, che non vale niente ma fa titolo sui giornali e statistica negli almanacchi, si battono la Roma, gratificata di molta fortuna dai veggenti, e il Verona dei miracoli che, guarda un po', ha lo stesso segno della Roma, l'Ariete.

SQUADRA FORTE. Intanto, Roma-capoccia procede al ritmo dell'incalzante en-plein casalingo, sette vittorie su sette partite all'Olimpico, mettendo in passerella goleador occasionali mentre Pruzzo fa il gattino di marmo, sostenendosi con autogol (due) e rigori (tre), una vera squadra al completo di tutti i sostegni possibili, abile, macinona, speculona, vincente, camuffando giocatori in crisi, ritardi di forma, protagonisti in languore, vale a dire proprio un grosso collettivo che assorbe i deliqui passeggeri e mancanze sostenute tenendo ugualmente il passo. Ecco dunque il marchio della squadra matura, della formazione di vertice, protetta dal carisma di un allenatore d'annata, abboccato (con la stampa), tutto humour evidente e strategia nascosta, che si concede esperimenti che stroncherebbero la carriera di qualsiasi altro "mister": il rilancio di Prohaska, Di Bartolomei libero, la famigerata "zona".

GROSSA SOCIETÀ. Ma, forse, il segreto sta anche più su, non tanto nelle stelle che sembrano favorevoli, ma in una società che è uscita dalle avventure e dagli azzardi del passato, dai sogni di gloria mal sostenuti, dai presidenti-passerella, per diventare un club di grossa credibilità impersonato da un dirigente di notevole serietà ed efficienza, Dino Viola, ingegnere e industriale, che è da ritenersi verosimilmente il primo grosso acquisto giallorosso sulla strada dello scudetto, un presidente con un solo cruccio: che l'attivo di oggi della Roma è mangiato dal passivo di ieri. Ma fioccano gli incassi-record, soccorre l'avventura di coppa e tutto lascia pensare che la Roma, non solo sul campo, si avvii a diventare un club solido.

LA SORPRESA. La vera sorpresa è questo Verona che in trasferta (quattro vittorie e due pareggi su sette partite: una sola sconfitta, a Roma) ha un ruolino di marcia senza confronti: migliore di quello della Roma, decisamente superiore all'impacciata e tre volte sconfitta Juventus dal deludente beccheggio fuori casa. Il segreto del Verona è difficilmente penetrabile e perciò bisogna arrendersi di fronte al fenomeno ricorrente nel calcio di formazioni che trovano un loro equilibrio e un loro assetto al di fuori di ogni alchimia e trovata tattica collaudata. Scarti di altre squadre fanno grande il Verona secondo in classifica? Vuol dire che si trattava di scarti fino a un certo punto, probabilmente giocatori che si erano "usurati" nel loro ambiente e che la nuova boccata d'aria ha "ricaricato". Resta comunque misterioso il segreto di un cocktail cosi ben riuscito. Il Verona si è rinnovato per sei undicesimi: un rinnovamento che, in partenza, avrebbe escluso qualsiasi ottimistica previsione. Squadre che si rinnovano tanto sono una perfetta incognita. Ma, evidentemente, possono esserlo anche in senso positivo.

SALTO DI QUALITÀ. Il salto di qualità del Verona è dato da tanti fattori concomitanti: dal portiere Garella che non fa più "garellate" a Penzo centravanti d'annata che, dopo cento anonimi gol in tante squadre e in tutte le categorie, oggi segna sotto le luci della ribalta, le sue reti brillano come stelle lassù nel firmamento dei cannonieri, il suo esaltante soprannome è quello di Penzo l'apache del gol; da Spinosi rigettato dalla "zona" romanista ma ancora valido difensore "sull'uomo", a Fanna, lo scarto della Juve, che ritrova a Verona le sue giuste dimensioni di giocatore di talento; per finire con José Guimaraes Dirceu che è giunto autodefinendosi "cinque volte meglio di Zico", ma che poi ha giocato in piena umiltà, che è sempre un'umiltà brasiliana, dando al Verona il tocco di classe in più. Da cinque anni il Verona si stava costruendo, passando attraverso esperienze belle e brutte, cambiando allenatori e presidenti e alla fine, imbroccando quella che appare la coppia vincente: Tino Guidotti, il cinquantanovenne presidente mantovano, una laurea mancata per sei esami, concessionario d'auto, uno che due anni fa ha allestito un quartetto d'archi (con Di Lupo, D'Agostino e Vicentini) per suonare la nuova musica del Verona, e Osvaldo Bagnoli, milanese, quarantasette anni, ex mezz'ala, alla sua seconda stagione veronese, un allenatore che predicava un Verona guardingo e oggi passa su tutti i campi italiani con un Verona-spettacolo concedendosi anche il lusso di aspettare un recupero importante come quello del polacco Zmuda. Paragonato al Vicenza di Paolo Rossi, al Perugia che contese lo scudetto al Milan, il Verona sembra piuttosto una squadra nata dal nulla, autentica sorpresa. L'udinese Ferrari l'ha definita la squadra più bella del campionato; Mazzone addirittura "più forte di Roma e Inter" almeno nelle partite contro il suo Ascoli; altri tecnici hanno identificato nel centrocampo gialloblù la forza della squadra e nella tranquillità con cui gioca il segreto della sua classifica.

PIETRO FANNA. Sette reti Penzo, in testa alla classifica del cannonieri, ma cinque gol Fanna con la doppietta che ha fatto piangere mezza Napoli. Cannonieri a sorpresa. Hanno segnato più della metà dei gol che reggono il Verona così in alto. Pietro Fanna, molta tecnica e pochi capelli, è nato in un paesino di montagna al confine con la Jugoslavia, fra cento o poco più abitanti che parlavano lo sloveno, unico maschio fra tre sorelle. Una lunga permanenza alla Juve non gli ha dato la fortuna che meritava, tredici gol in cinque campionati bianconeri non lo fecero diventare un astro. Rinasce calciatore di classe in questo torneo. Friulano di poche parole, diffidente, si è realizzato piuttosto fuori campo, in casa con la bellissima moglie bergamasca, ma sta ora ritrovando lo scintillio del suo gioco ricco di estro e di botte a rete. Idolo a Bergamo, dove giocava ala tattica, fece due stagioni di B prima di finire alla Juve. Fu reclamizzato come l'erede di Causio, ma perse mordente per strada in una Juve forse troppo difficile per lui. In realtà, ebbe poco spazio per le sue prodezze prima di arrivare a giocare un bel mucchio di partite negli ultimi due campionati. Ma, poi, ecco l'arrivo degli stranieri d'oro alla Juve e il viaggio di Fanna a Verona. Ma, a Verona, Pietro Fanna, che cominciò a giocare tra le galline sulla piazza parrocchiale del suo paese in Friuli, Clodig, ha ritrovato fiducia e slancio. Ora è uno dei protagonisti del Verona dei miracoli, e un miracolo è lui stesso. A Napoli si è esaltato con una grossa doppietta, dribblando persino Krol.

SPRINT D'INVERNO. Dunque, fra Roma e Verona, ormai, sbotta lo sprint d'inverno, il rush del titolo di metà torneo. La Roma è avanti di un punto. Fortissima in casa, conclude il girone di andata in trasferta (contro il Torino). Il Verona, dai grossi exploit esterni, chiude l’andata sul suo terreno (contro la Sampdoria). Un rinascente Torino potrebbe intralciare la corsa della Roma. Il Verona continuando in umiltà non si lascerà abbagliare dal romantico titolo di campione d'inverno rischiando contro la Samp. Ma se questo Verona non s'accontenta di... metà scudetto dove vuole arrivare?