Dal Guerin Sportivo del 10 – 16 novembre 1982

INTERVISTA CONTENUTA NEL "DOSSIER TRIVENETO – ASSI DI FUORI"

JOSE' GUIMARAES DIRCEU

VERONA - José Guimaraes Dirceu è già un personaggio, a Verona. AI termine di ogni allenamento lo aspettano in molti, chi per l'autografo, chi per la stretta di mano, chi soltanto per apprezzare il suo simpatico modo di parlare: un misto di brasiliano, spagnolo e italiano. E Dirceu dà retta a tutti, fa il compagnone, distribuisce pacche sulle spalle e sorrisi, è capace di cambiare i suoi programmi cento volte, lasciandosi trascinare a destra e a sinistra per le vie del centro. Insomma un personaggio, che nonostante le iniziali polemiche e le fredde critiche, è riuscito a mantenere una serenità e una sicurezza rare.

- Come ti devo chiamare: José, Guimaraes o Dirceu?

"Dirceu, solo Dirceu. Anche mia moglie Vania mi chiama così. E mio figlio ha il mio stesso identico nome, perché è nato il 15 giugno come me. Quell'anno, nel '78, io ero impegnato coi mondiali e così ho saputo della sua nascita dalla televisione. Ho fatto due gol al Perù quel giorno, tanto ero contento!"

- E tu che tipo eri da bambino?

"Avevo sempre in mente il pallone. Mio padre era il mio maggiore estimatore, e mi accompagnava dappertutto. Pensa che non fumava né beveva per potermi comprare le scarpe da calcio. Mia madre era meno entusiasta di questa passione, perché le rompevo continuamente i vetri delle finestre. Non smettevo di palleggiare nemmeno a casa".

I primi calci li ha dunque dati a Curitiba, nel sud del Brasile; poi ha trascorso otto anni a Rio de Janeiro ed infine è espatriato, prima in Messico, poi in Spagna, ora in Italia.

- Una carriera, la tua, ricca di soddisfazioni, di successi: la consiglieresti anche a tuo figlio?

"No, per lui è diverso: non ha bisogno di uscire dalla povertà, dall'anonimato, dunque non sentirà le spinte che ho sentito io che mi hanno fatto accettare un modo di vita così duro e regolato. E poi è una carriera difficile, solo il dieci per cento dei calciatori vivono bene e sono famosi. Gli altri o per sfortuna, o per incidenti non riescono a emergere".

- Vuoi dire che tu giochi solo per i soldi?

"No, a me piace tantissimo il calcio. Anzi, avrei potuto smettere già da un po', perché ho comprato degli appartamenti e una grande azienda agricola. Se continuo è perché mi diverto ancora".

- E perché ti pagano fior di milioni. È giusto secondo te che gli stranieri guadagnino più dei nostri campioni italiani?

"È normale, perché noi dobbiamo lasciare il paese, gli amici, Ia casa, dunque è logico che otteniamo una compensazione. Del resto anche gli italiani che vanno all'estero lo fanno per avere più soldi".

- Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai già trent'anni quanto pensi di giocare ancora?

"Spero quattro, cinque anni. Mi piacerebbe partecipare al mio quarto mondiale: sarebbe bello no? Comunque ho intenzione di restare in Italia per tre anni magari sempre a Verona, perché questa città mi piace, ho già tanti amici, col Club mi trovo benissimo. Poi conto di andare un paio d'anni in Arabia..."

- In Arabia? Perché proprio là?

"Perché ho molti amici anche lì. Potrei giocare nel Dubay e insegnare il calcio ai bambini".

- Ci sono squadre forti in Arabia?

"No, è forte il "dinero"!".

Insomma, si ride e si scherza, ma intanto lui i suoi bei conti se li è già fatti tutti a puntino. Tanto che sa già cosa farà una volta tornato in Brasile: l'impresario di football...

"Perché conosco tutti ormai, e poi so tenere la contabilità: lo sai che sono ragioniere?".

- In effetti cominciavo a sospettarlo. Ma oltre al calcio ci sarà pure qualcosa che ti interessa, no?

"Il mio bambino. Gioco sempre con lui, tutto il tempo che posso. Pensa che quando torno a casa

dopo una partita andata male io non parlerei con nessuno, ma poi Dirceuzinho viene da me, mi coccola e io ricomincio a sorridere. È un grande conforto".

- Da come parli si direbbe che desideri altri figli...

"Ne vorrei almeno tre, e almeno una bambina".

- Ma tua voglie è d'accordo? Lo chiedo perché sembra cosi schiva, timida... proprio non vuole farsi fotografare?

"Vania non conosce la tua lingua, e non ama la pubblicità. Comunque è d'accordo, certo! Chissà che non nasca la bimba in Italia".

- Come sei con Vania: geloso, possessivo, premuroso?

"Sì, sono geloso, diciamo all'ottanta per cento. Sono contento che lei stia in casa perché in fondo io appena posso la raggiungo, dunque perché dovrebbe uscire?".

- Parliamo dei tuoi hobby, cosa ti piace fare nel tempo libero?

"Correre in macchina con la mia Mercedes."

- E al cinema ci vai? Conosci qualche attore italiano?

"Ho visto Ornella Muti che non è male - e strizza l'occhio azzurro, furbissimo - e Giuliano Gemma".

- Ti interessi di politica?

"In realtà non ci capisco niente, davvero!".

- Allora forse la musica ti interessa di più...

"Roberto Carlos è mio amico e le sue canzoni mi piacciono molto"

- Leggi libri o giornali italiani?

"Proprio no. Compro qualche giornale dopo le partite in cui gioco molto bene, altrimenti niente, perché non mi piace leggere critiche rivolte a me".

- Infine: cosa pensi della cucina italiana? Sei goloso o no?

"Da quando sono qui ho assaggiato molti piatti nuovi. Adoro gli spaghetti al burro o al ragù. E sono contento perché finora nonostante le innumerevoli occasioni, mi ero ostinato a mangiare solo ed esclusivamente riso, filetto e patate fritte!".

JOSE GUIMARAES DIRCEU è nato il 15 giugno 1952 a Curitiba. La sua prima squadra brasiliana fu il Vasco da Gama, da dove si trasferì all'America di Città del Messico. Di qui passò all'Atletico di Madrid che, per assicurarselo, dovette garantire la sua utilizzazione in prima squadra a fini televisivi. Ha fatto parte della nazionale del suo Paese in ben tre Mondiali: nel '74 in Germania, nel' 78 in Argentina e nell'82 in Spagna.